Centocinquanta anni fa. Jules Gabriel Verne, nella sua vita irrequieta e straordinariamente fantasiosa, non ha mai badato troppo ai confini dell’Universo. Ha percorso il globo in lungo e in largo, da «Ventimila leghe sotto i mari» al «Viaggio al centro della terra». Non si è mai disperato degli appellativi più irriverenti che i suoi primi romanzi scatenavano nell’invidia di chi non godeva di altrettanto sguardo lungo e profetico. Lo tacciarono di tutto e di più, da scrittore d’infanzia a "padre della fantascienza". Non se ne dolse, traguardando ogni volta di più orizzonti inesplorati, sia dalla scienza che dalla fantasia.

L’Isola misteriosa

Figuriamoci quando, alle soglie del 1874, editò il primo viaggio de «L’Isola Misteriosa». Non solo un romanzo, non esclusivamente l’irrequieta fantasia di un errante scrittore d’Oltralpe, ma una lungimirante profezia attagliata su quel lembo di terra immaginario, circoscritto da acque agitate, con i coloni del tempo protesi alla difesa della propria terra dalle forestiere invasioni d’oltremare. Non parlava di Sardegna il “Jules di Francia”.

Quasi la Sardegna

La sua visionaria immaginazione, però, si plasmava come esatta riproduzione geografica della terra dei Nuraghi: Isola, attaccata da invasori attratti dalle sue ricchezze, ricerca dissennata di autonomia e indipendenza economica ed energetica. È in quel racconto tanto avvincente quanto visionario che il “profeta” scolpisce la sua predizione più illuminata: «Credo che l’acqua sarà un giorno impiegata come combustibile, che l’idrogeno e l’ossigeno di cui è costituita, utilizzati isolatamente o simultaneamente, offriranno una sorgente di calore e di luce inesauribili e di un’intensità che il carbon fossile non può dare. L’acqua è il carbone dell’avvenire». Centocinquanta anni fa, appunto.

Gigante della Fisica

In un’Isola altrettanto misteriosa, quella di Sardegna, anch’essa da sempre aggredita e invasa da profittatori e speculatori d’ogni genere, di anni ne sono passati venti, quasi un’eternità al cospetto dell’incedere dell’intelligenza artificiale. Nel calendario gregoriano era maggio, l’anno del Signore 2002. L’energia, allora, era ancora solo turbanti e barili, Opec e arabi, petroldollari e raffinerie, compreso il pugno nell’occhio piazzato nel cuore del Golfo degli Angeli. La profezia del “benzinaio” che ti fa il pieno con un’ideale pompa d’acqua annaspava ancora nell’alveo della fantascienza quando il nome più altisonante della ricerca mondiale sbarca nell’Isola del sole e del vento. Carlo Rubbia, Nobel per la Fisica nel 1984, visionario e scienziato, irriverente e illuminato, quando sbarca nella terra occupata dai Moratti, dall’Eni, dalla petrolchimica e dal carbone non sa ancora la missione che gli verrà affidata. Lo sguardo è lungo, traguarda il primato dell’energia fatta in casa, prodotta con quelle risorse inesauribili che, come scrisse Verne, un giorno saranno il carbone dell’avvenire. Accetta, senza riserve, il gigante della “Fisica”, sguardo sempre lungo e determinato: dovrà progettare l’Isola dell’Idrogeno, una svolta epocale per costruire l’indipendenza energetica per il futuro della Sardegna e dei sardi.

La sfida sarda

Su quel progetto Rubbia si butta a capofitto. Vent’anni fa ad oggi, era il 2003, sotto la sua guida scientifica quella visione prese forma. L’ambizione del primato avveniristico si tradusse nel «Progetto Trinomio: Sardegna-Solare-Idrogeno». L’obiettivo fu scandito nero su bianco: «Giungere alla produzione diretta da parte della Regione di idrogeno da fonte rinnovabile, partendo dal solare termodinamico a concentrazione, limitando al massimo il consumo di territorio».

Indipendenza energetica

La strategia più globale prevedeva un piano “Energia Mediterraneo” che la Regione Sarda avrebbe dovuto presentare alla Commissione Europea: «Proposta per uno studio innovativo per la fattibilità dell'auto-sostentamento energetico e idrico della Sardegna consistente nella progettazione di sistemi di accumulo per l'energia termica e di impianti a torre per lo studio del solare termodinamico a concentrazione». Qualche anno dopo sul proscenio irruppero boicottaggi e freni del sistema. I potentati petroliferi e non solo si fecero sentire. Le condizioni iniziali erano saltate per aria, Rubbia decise di lasciare. Il progetto che avrebbe rivoluzionato la storia, non solo energetica, della Sardegna si fermò. Da apripista nel mondo, ora l’Isola si trova nuovamente ad inseguire. I progetti sull’idrogeno presentati nel confuso mare magnum del Pnrr hanno la rilevanza di un forno a microonde, niente di lungimirante, tutti micro-interventi incapaci di aggredire l’emergenza e il futuro. Oggi, più che mai, invece, la Sardegna, sia sul piano legislativo che costituzionale, innovativo e strategico, è nelle condizioni di imporre e riproporre quel ruolo decisivo nell’autoproduzione di energia, respingendo al mittente gli assalti speculativi di chi vuol venire nell’Isola a “far sole e vento”, proprio come un tempo si faceva legna dai boschi sardi. L’Enel ha deciso di spegnere la centrale del Sulcis. La scusa è che va a carbone. Nel resto d’Italia le identiche centrali le stanno riconvertendo a gas. Con buona pace di Eni & company che continueranno a vendere, comprare e bucare in giro per il mondo, alla faccia della Conferenza di Dubai.

Il carbone del futuro

Lo diceva persino Jules Verne, centocinquanta anni fa: l’idrogeno sarà il carbone del futuro. Nel mondo, dall’Australia alla Germania, dalla Scozia all’Isola di Jeju nella Corea del Sud, si stanno progettando e realizzando centrali elettriche a idrogeno verde. Se l’Enel chiude la centrale di Portovesme, la Regione sarda ha dalla sua un decreto del Presidente della Repubblica, mai revocato, per realizzare, con gara internazionale, in piena autonomia una centrale innovativa capace di sostituire il carbone con l’idrogeno. Del resto in base allo Statuto sardo, norma di rango costituzionale, la Regione può produrre e distribuire energia. Il “combinato disposto” di Statuto, norme vigenti e strategicità dell’«Isola dell’Idrogeno» possono ancora segnare il futuro. Insomma, i sardi potrebbero prodursi l’energia dal sole e dal vento, generando e distribuendo energia elettrica attraverso centrali elettriche di ultima generazione a idrogeno, fermando una volta per tutte il piano speculativo dei signorotti delle pale e dei pannelli.

Sonno & francesi

Certo, bisogna dismettere il sonno e la complicità con certi potentati, dai petrolieri agli affettatori d’aria in terra di Sardegna. Bisogna fare in fretta, però. In Francia, Jules Verne lo hanno letto. E non è un caso che una multinazionale francese, l’HDF Energy, abbia già puntato gli occhi sulla Sardegna. Si definiscono «pionieri nell'energia da idrogeno». Il progetto lo hanno già dichiarato con tanto di sito: «HDF è determinata a lottare per la decarbonizzazione della produzione di elettricità e l'indipendenza energetica in tutto il mondo, con la Sardegna come nuova sfida». Sono spudorati come pochi: «I progetti Renewstable utilizzano al massimo l'abbondanza delle risorse naturali della Sardegna per il raggiungimento dell'indipendenza energetica dell'isola». Dopo che nei secoli hanno divelto le foreste sarde, ora i francesi si candidano pure a fare l’idrogeno in terra sarda. Benvenuti nell’Isola del vento e del sonno.

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