Gli incendi in Sardegna sono, verosimilmente, «una manifestazione di appetiti e interessi criminali, come dimostra il fatto che sono tutti, o per la maggior parte, localizzati in settori di elevato valore ambientale e paesaggistico come le zone umide e stagnali di Posada, parte anche del Parco regionale di Tepilora, aree boscate del Parco regionale dei Sette Fratelli e del Parco del Molentargius».

Questa l’idea di Laura Cadeddu, geologa e presidente della sezione sarda della Società italiana di geologia ambientale, secondo la quale i roghi «risultano come un approccio comodo degli esseri umani per il raggiungimento di finalità varie senza alcuno sguardo concreto e reale sul futuro, sul danno che si apporta. Anche la tecnica preventiva del taglio delle piante, degli sfalci, del fuoco controllato in funzione di controfuoco preventivo risponde alla logica del modo più comodo e meno impegnativo per realizzare, appunto, la prevenzione, a prezzo però di un depauperamento ambientale: certo sempre meglio delle conseguenze di un incendio incontrollato, ma forse meglio ancora sarebbe un controllo capillare del territorio e una legislazione di contrasto agli interessi economici ed edilizi in tali aree molto più efficace dell'attuale».

A seguito del passaggio delle fiamme, chiarisce Cadeddu, le conseguenze «si estendono alle dinamiche fisiche del territorio, generando e/o incrementando fenomeni di dissesto idrogeologico come gli eventi di natura alluvionale e franosi e le diverse tipologie di erosione del suolo, i cui effetti si riverbereranno in un ambito ben più ampio».

(Unioneonline/s.s.)

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