Annullati, senza se e senza ma. Gli atti del Governo Draghi,che avevano autorizzato manu militari un devastante parco eolico sull'orizzonte della Basilica di Saccargia, tra Nulvi e Ploaghe, sono franati come birilli all'incedere di una sentenza del Tar Sardegna destinata a diventare esemplare nel diritto ambientale e paesaggistico. Draghi e Cingolani bocciati senza appello, accolto il ricorso della Regione sarda con il quale l'Avvocatura Regionale guidata da Mattia Pani, con gli avvocati Andrea Secchi e Giovanni Parisi, ha smontato pezzo per pezzo gli atti "commissariali" del Governo finito in soffitta due mesi fa. Per la Regione Sarda non si tratta solo di una vittoria giudiziaria.

Agguato alla "Specialità"

Nello scontro con le azioni del governo più centralista di sempre sul piano energetico emerge con forza una palese violazione del dettato costituzionale e delle "speciali" competenze statutarie della Sardegna in materia di energia e tutela del paesaggio. I Giudici del Tribunale Amministrativo Regionale, Marco Lensi, Presidente, Antonio Plaisant, Giudice consigliere e Gabriele Serra Giudice estensore, hanno mostrato, nella sentenza pubblicata ieri a fine mattinata, un'autorevolezza non comune vista l'imponenza della controparte della Regione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una decisione che, come fanno rilevare gli stessi Giudici, affronta una questione inedita nel rapporto Stato-Regione, stabilendo un limite agli sconfinati poteri del Consiglio dei Ministri.

Giudici

È proprio questa autorevolezza dei Giudici amministrativi sardi a fare la differenza proprio perché il giudizio finale entra nel merito delle procedure, definendone in maniera puntuale i confini, e della stessa sostanza del provvedimento. Una sentenza di oltre 30 pagine, tutte scandite da un'analisi chirurgica con argomentazioni che mirano palesemente a stabilire per la prima volta sul piano del diritto paesaggistico in Sardegna dei punti fermi, indicando i ristretti limiti di manovra del Governo sul territorio regionale dell'Isola.

I confini del Governo

I Giudici riconoscono e riaffermano il potere del Consiglio dei Ministri di poter dirimere le divergenze tra ministeri in materia di eolico, ma vanno oltre. Un potere di sintesi e unitarietà decisionale del Governo che, secondo i togati di piazza del Carmine, sede del Tar Sardegna, Draghi e company potevano esercitare anche in presenza di due sentenze contrarie a quel progetto, la prima dello stesso Tar Sardegna e la seconda confermativa del Consiglio di Stato. Detto questo, però, è nel merito che Palazzo Chigi riceve la più severa bocciatura giudiziaria.

Lo schianto di Cingolani

I Ministri potevano decidere, ma non avevano alcun titolo per farlo senza presupposti, senza analisi, ignorando totalmente i contenuti delle due sentenze che avevano definitivamente archiviata l'invasione eolica della Erg nei promontori di Ploaghe e Nulvi, devastando proscenio ambientale, archeologico e paesaggistico. È proprio quella violazione senza pudore dei deliberati dei giudici di primo e secondo grado che costituisce l'architrave della sentenza. L'antefatto che ha portato alla decisione della Regione di impugnare quel decreto governativo aveva visto protagonista il più acerrimo sostenitore dell'invasione eolica della Sardegna, quel Roberto Cingolani, Ministro della Transizione Ecologica nel governo Draghi. Incurante delle decisioni tranchant dei due gradi di giudizio amministrativo, aveva avuto l'ardire di chiedere e ottenere dal Presidente del Consiglio, l'approvazione in Consiglio dei Ministri del progetto dei petrolieri della Erg, trasformatisi nel tempo in assidui "percettori" a piene mani del vento sardo. In pratica, secondo il "ministro del vento", bisognava superare con i poteri del capo del governo la contrarietà espressa, con un parere articolato, dal Ministero dei Beni Culturali. In ballo c'era un progetto ciclopico, per impatto e potenza.

"Piccolo" dettaglio

I signori della Erg, con l'intento di convincere il Governo e non solo della bontà del loro intento, avevano sintetizzato il loro progetto davanti alla Basilica di Saccargia con una parola anglossassone: «revamping». L'obiettivo scandito da carte infinite era quello di sostituire i 51 aerogeneratori in esercizio in quella stessa area con 27 aerogeneratori. C'era un "piccolo" dettaglio che gli ex petrolieri hanno cercato di mimetizzare: le pale esistenti avevano un'altezza già di per sé invasiva di 76 metri, per una potenza per ogni singolo aerogeneratore di 0,85 megawatt, le nuove 27, invece, si sarebbero dovute inerpicare ad un'altezza quasi tripla di 180 metri e una potenza di ben 4,5 megawatt l'una. Avevano un obiettivo i signori della Erg: far passare il fantasioso concetto che con meno pale, ma più alte, l'impatto sul paesaggio sarebbe stato sostenibile. In realtà, secondo tutti i pareri il risultato sarebbe stato l'esatto contrario. Cingolani sposa la tesi, ma prima il Tar e poi il Consiglio di Stato gli spiegano, con tanto di sentenze, oggi riaffermate, che «l'impatto risultante dalla presenza dei generatori eolici sul patrimonio archeologico e sul relativo paesaggio non sarebbe ridotto dal nuovo impianto, ma risulterebbe incrementato».

Sardegna intoccabile

C'è un passaggio, poi, nella decisione dei Giudici che riafferma un principio inviolabile: «La Regione Autonoma della Sardegna, in base al proprio Statuto, ha competenza legislativa primaria nel disciplinare gli aspetti paesistico-ambientali del proprio territorio, in ciò differenziandosi dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita, ben potendo quindi la suddetta Regione individuare, con maggiore autonomia rispetto alle Regioni ordinarie, le aree non idonee all'insediamento di impianti eolici (sentenza n. 224 del 2012), considerato che la puntuale applicazione delle linee guida statali, nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, incontra il limite di competenza inerente ai profili di tutela del paesaggio (sentenza n. 199 del 2014)». Come dire, i poteri statutari della Sardegna non sono uguali a quelli delle altre Regioni e vanno rispettati sino in fondo.

Tutto annullato

Il dispositivo finale del Tar Sardegna non ha precedenti nella storia autonomistica: «Le superiori argomentazioni e considerazioni conducono il Collegio a ritenere illegittima la deliberazione del Consiglio dei Ministri impugnata, per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e conseguente difetto di motivazione, in ragione dell'insufficienza e assenza di riscontro fattuale degli elementi istruttori sulla cui base la deliberazione è stata adottata, anche in considerazione degli accertamenti definitivi contenuti nella sentenza del Consiglio di Stato e del T.A.R. Sardegna». La conclusione è un passaggio campale: «In conclusione, il ricorso deve essere accolto, nei sensi e limiti ora esposti e, per l'effetto, deve essere annullata la deliberazione del Consiglio dei Ministri e il conseguente decreto del Ministero dell'Ambiente». Ultima annotazione riportata nel ricorso della Regione: il Governo con quegli atti ha tutelato gli interessi privati o quelli pubblici?

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