Il primario Tomaso Cocco è stato trasferito in Sicilia, da Uta all’Alta Sicurezza del “Pagliarelli”, tra i detenuti più pericolosi di Cosa Nostra.

Il medico, coinvolto nell’inchiesta Monte Nuovo – arrestato dalla Dda con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso – è stato allontanato dall’Isola nonostante il Tribunale del Riesame di Cagliari abbia decretato l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sull’ipotesi di mafia. Insieme a Cocco sono state spostate altre persone, i cui nomi figurano nell’inchiesta dei pm Rossana Allieri ed Emanuele Secci: Giuseppe Mesina a Civitavecchia, Nicolò Cossu a Voghera, Giovanni Mercurio a Livorno. L’unico ancora in Sardegna è Tonino Crissantu (altro nipote di Grazianeddu) che da Sassari è stato spostato al carcere nuorese di Badu ‘e Carros.

Cocco dunque ora si trova nel penitenziario specializzato in “Alta Sicurezza 3”, ovvero detenuti a cui vengono contestati reati di associazione di stampo mafioso o commessi con metodi mafiosi, vertici del narcotraffico, sequestratori di persona. La notizia è stata pubblicata su L’Unione Sarda oggi in edicola, nell’articolo di Francesco Pinna. Sul caso interviene Maria Grazia Caligaris, dell’Associazione Socialismo Diritti e Riforme. «Il trasferimento dei detenuti in attesa di giudizio della cosiddetta inchiesta "Monte Nuovo", da una parte all'altra della Penisola, si configura come un atto di arroganza da parte del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria che non rispetta il principio della territorialità della pena, essendoci in Sardegna Istituti Penitenziari destinati agli AS3 come Tempio e Massama». «Nel caso del medico Tomaso Cocco – continua Caligaris – il trasferimento in Sicilia, appare come un accanimento, visto che il riesame aveva escluso la sussistenza dell'ipotesi di reato di associazione mafiosa. Il DAP non può agire nei riguardi delle persone, specialmente se sono incensurate e in attesa di giudizio, come se fossero pacchi postali da collocare in un deposito, ignorando i familiari che per andare oltre Tirreno devono affrontare un viaggio lungo e dispendioso».

«C'è poi una questione che il Capo del DAP deve affrontare con urgenza – conclude l’esponente dell’associazione –. I detenuti che vengono trasferiti non possono informare i familiari prima che il Direttore dell'istituto Penitenziario di destinazione abbia effettuato i controlli sul recapiti telefonici. Una circostanza paradossale. Come se non fosse già stato appurato e approvato dal carcere di provenienza. Ciò significa lasciare i familiari in stato di angoscia per la "sparizione" improvvisa del congiunto senza nessun altro vantaggio per il sistema. Un atto di barbarie inaccettabile».

(Unioneonline/v.f.)

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