Giusto il valore di una patacca di Stato. Cancellata con la rapidità di parole scritte sulla battigia di un mare già scippato. Sono passati nemmeno quattro mesi da quella conferenza stampa in pompa magna nei palazzi di ceramica variopinta dei dirimpettai del Maghreb che tutto si è già volatilizzato. La magnificenza era quella delle grandi occasioni, i vertici dello Stato italiano al cospetto di quelli d’Algeri. La regia degli Affari Esteri da tempo, però, non abita più alla Farnesina, sede solo di facciata della diplomazia italica nel mondo. A governare relazioni e business c’è Palazzo Mattei, quello dell’Eur, nella periferia del Ventennio di Roma, sede e quartier generale dell’Eni. È qui che gestiscono ogni uscita straniera dei governi di Roma, dai ministri ai Premier, da Conte a Draghi, da Meloni ai Presidenti della Repubblica.

Eni non voglia

Non c’è foglia che si muova che l’Eni non voglia. Lo dicono sommessamente gli sherpa di Palazzo. L’impeto dell’Ente petrolifero si palesa quando la stretta di mano che segue quella istituzionale è del numero uno del “cane a sei zampe”. Non c’è foto opportunity dove non si intravveda il vessillo del dominus di Stato, giusto per marchiare “energicamente” il peso della società che fu di Enrico Mattei. In Algeria, il 23 gennaio scorso, non c’è stata alcuna eccezione. Il cliché è sempre lo stesso: il Presidente del Consiglio dei Ministri, per l’occasione Giorgia Meloni, un passo più indietro, ma con lo sguardo rivolto avanti, l’amministratore dell’Eni Claudio De Scalzi e il Presidente della Repubblica democratica e petrolifera dell’Algeria, Abdelmadjid Tebboune. Le dichiarazioni sono altisonanti, come se l’amore fosse rifiorito in terre desertiche e prodighe di oro nero e gas.

Partner affidabili

Giorgia Meloni non sfugge al consolidato della storia recente e passata: «L’Algeria è un partner affidabile e di assoluto rilievo strategico». Si guardano in faccia la Premier e il numero uno della Repubblica algerina: «Ringrazio il presidente, il primo ministro, e l’intero governo per questa accoglienza straordinaria in questa visita che, non è caso, è la prima missione bilaterale nel Nord Africa che il governo ha voluto fare». Gli impegni reciproci sembrano destinati a traguardare strategie e concrete prospettive: «L’Italia – dice la Meloni - intende realizzare un partenariato con l’Algeria che consenta ad entrambi di alimentare le prospettive di crescita e sviluppo, nell’ottica di costruire ponti fra la sponda nord e sud del Mediterraneo e contribuire alla stabilizzazione di una Regione strategica per l’Italia e l’Europa». A rendere tutto più esplicito è il Presidente della Repubblica algerina Tebboune: «Algeria e Italia hanno firmato un accordo per lo studio e la realizzazione del gasdotto Galsi, che non trasporterà solo gas, ma anche idrogeno verde ed elettricità. Un’infrastruttura che servirà a trasportare il gas verso l’Italia e poi in Europa».

Giro del mondo

Le agenzie di stampa di mezzo mondo battono la notizia con tre croci, simbolo non di sepoltura plurima, ma di rilievo assoluto della news. Nello scenario di guerra tra Russia e Ucraina, combattuta a colpi di missili e petrolio negato, la rivelazione era destinata a stravolgere la storia di oggi e domani. In pratica, i governi algerino e italiano, rompendo gli indugi, si candidavano a governare un processo non di precarietà, ma di visione strategica del futuro energetico. Non più solo tappabuchi, ma progetti in grado di traguardare obiettivi capaci di andare oltre il contingente della crisi energetica. Il progetto su cui annunciarono a sirene spiegate la firma dell’accordo aveva, dunque, una duplice valenza: consentire nel giro di due, tre anni, di approvvigionare la Sardegna, l’Italia e l’Europa con gas proveniente dal nord Africa attraverso un nuovo metanodotto in grado, però, di trasportare, nel prossimo futuro, anche idrogeno verde, quello che l’Algeria si candida a produrre in grande quantità sfruttando deserti e sole in abbondanza.

Galsi d’idrogeno

Un progetto avveniristico, antesignano di una strategia energetica moderna e innovativa. Il piano era quello di utilizzare i tracciati del Galsi originario, quello sottoscritto e progettato nei primi anni duemila, con la Sardegna protagonista e azionista di un’infrastruttura decisiva, capace di far uscire l’Isola dall’isolamento energetico, considerato che, per l’assenza del gas, i sardi, unici in Europa in tale condizione, erano, e sono, costretti a pagare l’energia il 50% in più di qualsiasi altro cittadino italiano ed europeo.

Naufragio plurimo

Dopo il naufragio del primo progetto, per contrarietà dell’Eni, deciso a governare in regime di monopolio l’approvvigionamento del gas in italia e non solo, il nuovo e moderno progetto annunciato dalla Premier Meloni e dal Presidente algerino sembrava cosa fatta. Così, però, non è stato. Appena cento giorni dopo quell’annuncio in terra d’Algeria, il piano per approvvigionare l’Europa di nuovo gas e soprattutto di nuovo idrogeno si infrange nei palazzi di Berlino e Vienna.

Tradimento d’Algeri

Con l’avallo proprio del governo Meloni, con la firma dei tre ministeri dell’Energia, italiano, tedesco e austriaco, è stato sottoscritto un atto che cancella, di fatto, senza colpo ferire, e con il silenzio di tutti, gli impegni che avevano, per la seconda volta, messo la Sardegna al centro di un progetto energetico nel cuore del Mediterraneo. Firme pesanti visto che Italia, Germania e Austria hanno firmano una lettera per dare il via libera al corridoio dell'idrogeno denominato «SoutH2». Una missiva che non lascia speranze alla centralità della Sardegna: la cartina allegata al piano sottoscritto non permette divagazioni, il nuovo “idrogendotto”, che collegherà l’Algeria con Berlino, passerà dalla Sicilia. Le cartine divulgate il giorno del vertice di Algeri tra il governo Meloni e il governo Tebboune, con la Sardegna centrale nel progetto, sono carta straccia già prima dell’estate.

Firme coatte

Le firme in calce trasmesse a Bruxelles hanno un obiettivo dichiarato, ottenere lo status di Progetto di Interesse Comune (PCI). A gestire l’operazione ci saranno tre società specializzate: Snam, l'operatore italiano delle infrastrutture del gas, Trans Austria Gasleitung (TAG) e Gas Connect Austria (GCA) in Austria e Bayernets in Germania. Una partnership blindata per sviluppare il «Corridoio SoutH 2», un corridoio di gasdotti pronto per l'idrogeno per collegare il Nord Africa all'Europa centrale, con il compito di consentire all'idrogeno verde, quello rinnovabile, prodotto nel Mediterraneo meridionale di raggiungere i consumatori europei.

Cappello sull’idrogeno

Il sito internet dell’operazione è ancora campato per aria, le pagine interne sono ancora in fase di elaborazione, ma le società hanno blindato il dominio, come dire: siamo arrivati prima di altri. Le poche notizie sul progetto sono racchiuse nelle mappe che pubblichiamo: l’Italia è il corridoio-hub per la connessione con la Tunisia, cosa che non sarebbe comunque gradita all’Algeria, mentre lo stivale sarebbe l’adduzione principale per poi distribuire l’idrogeno al centro, ad est e ad ovest dell’Europa. Il dato emblematico del progetto è che, dopo un secolo, la Sardegna è ancora una volta esclusa, totalmente, da qualsiasi piano energetico in grado di mettere i sardi alla pari di qualsiasi altro cittadino europeo.

Sardegna fuori da tutto

Il corridoio meridionale dell'idrogeno (chiamato anche "Corridoio SudH 2 "), alla base dell’accordo tra i tre governi si prevede una rete di gasdotti pronti per l'idrogeno lunga ben 3.300 km che costituiranno la dorsale europea dell'idrogeno. Il contenuto del piano è uno schiaffo in faccia ai divari energetici che la Sardegna si porta dietro da decenni: la dorsale e la rete dell’idrogeno garantirà la sicurezza dell'approvvigionamento fornendo energia interconnessa e diversificata. Non lo mandano a dire: «il metanodotto per l’idrogeno avrà una capacità di importazione di idrogeno pari al 40% dell'obiettivo di importazione della strategia energetica europea». L’Isola dei Nuraghi, nel silenzio assordante delle istituzioni sarde, ancora una volta è stata fatta fuori da tutto, da Roma e Bruxelles.

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