Come se fossero padroni della Sardegna e del suo mare. Padroni del vento e dell’energia che può generare. Impavidi come i peggiori colonizzatori che occupano terre e distese infinite di costa senza chiedere nemmeno permesso. Signori del vento che non bussano, ma sfondano a colpi di pale eoliche offshore le porte delle Capitanerie di Porto, da nord a sud dell’Isola, timbrando il protocollo dei Comuni come se dovessero trasmettere una mera cartolina di benvenuto nel “loro” mare promesso.

La nave rossa

Lo avevamo scritto sei mesi fa, quando pubblicammo la rotta satellitare della “nave rossa”, la Kobi Ruegg, bandiera del paradiso fiscale delle Bahamas. La nave dei signori del vento di mare. Tracciati tanto sospetti quanto espliciti. Un “piroscafo” dedito ad inseguire le rotte del vento nel cuore della Costa Smeralda. Uno zig zag insolente, proprio a ridosso del porto “Isola Bianca” di Olbia. Quella rivelazione di allora si era concretizzata poche settimane dopo con l’annuncio dei forestieri del vento pronti all’assalto del mare della Gallura. Da allora non si sono risparmiati con proclami d’altri tempi. Il mantra di chi aveva già deciso tutto era scandito da un’agitata disponibilità a parlare con tutti, per spiegare vantaggi mirabolanti, occupazione a gogò per disoccupati e imprese, sviluppo economico, ricchi premi e cotillions.

La zarina del vento

Sostenevano che dovevano ascoltare per, poi, presentare progetti condivisi. Ci hanno creduto in pochi, quelli interessati a qualche ritorno diretto e pochi altri. E avevano ragione a non crederci. Una gentile signorina, ingegnere russa, da tempo si aggira in Sardegna con i modi eleganti di chi si infastidisce se qualcuno storce il naso davanti a quella lezioncina imparata a memoria sulle ricadute da mille e una notte in terra sarda. La zarina del vento, però, non è una qualunque. È la portavoce della Falck Renewables, la società passata nelle mani della JP Morgan che insieme agli spagnoli della Bluefloat Energy, sta pianificando uno dei più imponenti assalti al mare della Sardegna.

Progetto presentato

Da direttore generale del settore eolico della società, Ksenia Balanda, si è sperticata a tranquillizzare tutti: prima di metà del 2023 non presenteremo nessuna domanda autorizzativa. Non era vero. Non solo hanno presentato il progetto, ma hanno iniziato a farlo dalla procedura più invasiva. Nel silenzio più assoluto, senza alcun sussulto comunicazionale, senza un minino comunicato stampa, i signori di “Tibula Energia” hanno, infatti, depositato la più invasiva delle domande, quella per occupare il mare della Gallura. La richiesta di concessione di spazi acquei è nascosta nei meandri del sito della Capitaneria di Porto di Olbia. Il contenuto è da sballo.

Ultimatum di 11 giorni

I signori di Tibula Energia, 50% della Falck, ovvero della JP Morgan e il restante degli spagnoli, hanno chiesto di occupare la bellezza di 3 milioni 182 mila metri quadri di mare nella costa da Olbia a Siniscola. Una richiesta che straborda anche nella durata: ben 40 anni. Il protocollo della Capitaneria è implacabile nelle date: tra undici giorni, il 30 giugno, scade il termine per presentare le opposizioni al progetto.

Golpe del mare

Una sorta di “golpe” del mare, con la richiesta di concessione silenziata e a ridosso dell’estate. Tutto funzionale ad impedire i tempi necessari per presentare le opposizioni al progetto. Del resto la Capitaneria di Porto, ligia alle disposizioni ministeriali, è perentoria: «Si invitano tutti coloro che ritenessero di avervi interesse, a presentare per iscritto alla Capitaneria di porto di Olbia, entro il termine perentorio di 30 (trenta) giorni consecutivi alla data di pubblicazione dell’avviso le osservazioni/opposizioni che ritenessero opportune a tutela di loro eventuali diritti, avvertendo che, trascorso il termine stabilito, non sarà accettato alcun reclamo e/o istanza e si darà ulteriore corso alle pratiche inerenti la concessione demaniale marittima richiesta».

Blitz ad excludendum

Tutto questo con una procedura che confligge totalmente con quanto affermato dalla stessa società quando ha ammesso di non avere uno studio ambientale dell’intervento. Un elemento che lo Stato evidentemente considera marginale visto che nella disposizione della Capitaneria si pone come vincolante una formula da “Conventio ad excludendum”: «Eventuali domande concorrenti con quella pubblicata dovranno essere presentate per iscritto alla Capitaneria di porto di Olbia, a pena di inammissibilità, entro il medesimo termine previsto per la proposizione di osservazioni/opposizioni e pubblicate ai soli fini della eventuale presentazione delle osservazioni/opposizioni conseguenti e correlate, ma non comporteranno la riapertura dei termini per la presentazione di ulteriori istanze in concorrenza». Sembra tutto funzionale a precorrere i tempi, a favorire la logica del “chi prima si sveglia, prima occupa il mare”. Roba che nemmeno nel diritto tribale era ipotizzabile.

Buffet e smemorati

Quell’impegno profuso con sorrisi e buffet ad un confronto sul progetto aveva il valore di un rublo bucato. Agli atti della Capitaneria, infatti, ci sono relazioni e planimetrie, con la precisa ubicazione di quei 65 grattacieli eolici, alti 280 metri, piazzati come se niente fosse davanti al Castello della Fava di Posada, alla Caletta di Siniscola, a Porto Ottiolu a Budoni, sino al collegamento elettrico da conficcare nel cuore del porto di Olbia. L’ingegnere venuta da Mosca appena una settimana fa aveva annunciato che la società stava avviando lo studio su avifauna e popolazione marina. Peccato che si fosse dimenticata di dire che avevano già deciso tutto, ovviamente a prescindere dall’impatto ambientale. Ultime annotazioni: quelle 65 pale avrebbero una potenza elettrica di 975 megawatt, quanto ne serve per un milione di persone. Di quella produzione elettrica potenziale in Sardegna non resterà niente, tutta spedita in Sicilia a fare cassa. Dettaglio finale: tra i consiglieri di amministrazione di Tibula energia c’è anche Nailia Dindarova di Leningrad. La seconda zarina del gruppo eolico.

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