Costretta a bere. «Non avevo la forza di reagire, mi hanno costretta a bere una bottiglia di vodka, da lì in poi il blackout».

Lo ha detto la ragazza italo-norvegese nell’aula del tribunale di Tempio, chiamata a testimoniare come presunta vittima dello stupro di gruppo avvenuto la notte tra il 16 e il 17 luglio 2019 nella villa di Beppe Grillo a Porto Cervo.

Circostanza che inguaia ulteriormente i quattro imputati: secondo quanto riferito in aula, la ragazza, all’epoca 19enne, quella sera non era capace di intendere e volere, né tantomeno di dare il suo consenso a un rapporto sessuale. E, cosa ancora peggiore se provata, sarebbe stata indotta in quella condizione dagli stessi imputati che poi avrebbero abusato di lei.

Una testimonianza drammatica quella della giovane: ha avuto un crollo emotivo quando ha iniziato a parlare di quanto avvenuto quella sera. Poi si è ripresa e ha iniziato a rispondere alle domande del pm Gregorio Capasso.

Una notte che ha segnato per sempre la sua vita «Ho tentato il suicidio, ho praticato atti di autolesionismo, correvo sui binari per farmi investire dai treni», ha detto.

«Una ragazza distrutta, devastata che ha fatto una deposizione tra i singhiozzi. Vedere una persona che ha parlato di suicidio, di atti di autolesionismo, di corse verso i binari per farsi mettere sotto il treno non è facile», ha commentato l'avvocatessa di parte civile Giulia Bongiorno.

In aula erano assenti i quattro ragazzi sotto accusa: Ciro Grillo, Francesco Corsiglia, Vittorio Lauria e Edoardo Capitta.

Le difese nei giorni scorsi avevano dato la disponibilità a utilizzare i verbali delle dichiarazioni, evitando così la deposizione della ragazza, ma i pm e i legali di parte civile hanno chiesto che venisse comunque ascoltata.

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