Cpr di Macomer, il report: «Rimpatriato solo il 24% degli irregolari. E la metà esce per decorrenza dei termini»
Action Aid fa il punto sul centro per migranti sardo: «Quasi un terzo di chi arriva è un ex detenuto. Di fatto è una propaggine delle carceri, con costi esorbitanti»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Tra il 2020 e il 2023 solo il 24% dei migranti ospitati nel Cpr di Macomer è stato rimpatriato, un dato significativamente più basso rispetto alla media nazionale.
È uno dei dati che emerge dal rapporto “Trattenuti 2024” di Action Aid Italia.
Il dossier restituisce la fotografia del centro sardo di permanenza per i rimpatri e snocciola diversi dati.
I NUMERI – Nel periodo 2020-2023, ad esempio, il Cpr di Macomer ha registrato una media di 43 presenze giornaliere e di 222 ingressi annuali, 273 nel 2023. Vi fanno ingresso molti detenuti: la percentuale di ingressi dal carcere (29% nel periodo e 28% nel 2023) è significativamente più alta rispetto alla media nazionale.
Il tempo di permanenza medio è stato di 68 giorni (quasi il doppio rispetto alla media nazionale), 52 giorni nel 2023, e l’incidenza dei rimpatri pari al 24% (un dato più basso della metà rispetto alla media nazionale del periodo), 36% nel 2023. Molto più alta rispetto alla media nazionale anche la percentuale media di uscite per decorrenza termini del trattenimento, che raggiunge il 48% degli ingressi (il 29% nel 2023).
EX DETENUTI – «Il Cpr di Macomer – si legge nel report di Action Aid – di fatto funziona come una propaggine del carcere. Il dato si spiega forse con la configurazione materiale del centro, che è ospitato da un ex carcere di massima sicurezza e che potrebbe renderlo agli occhi del Ministero dell’Interno una struttura idonea ad ospitare ex detenuti».
«Il dato sulle persone tradotte dal carcere unito al tempo di permanenza medio e all’alta percentuale di uscite per decorrenza termini mostrano come le persone in uscita dalle carceri sono tuttavia più difficili da espellere e, di conseguenza, restano trattenuti più a lungo», commenta Giuseppe Campesi dell’Università di Bari, tra i massimi esperti in Italia di detenzione amministrativa e rimpatri. Che aggiunge: «L’ulteriore periodo di trattenimento è dunque doppiamente afflittivo, poiché in gran parte ingiustificato alla luce della scarsa probabilità di eseguire un rimpatrio».
I COSTI – Il report analizza anche i costi per la gestione del centro, ritenuti «esorbitanti». Nel periodo 2020-2023, il Cpr di Macomer ha avuto un pro-capite pro-die medio di euro 37,94 (40,18€ nel 2023), largamente al di sopra della media nazionale. Nello stesso periodo il costo complessivo della struttura è stato di oltre 5 milioni di euro, di cui il 41% spesi per costi di manutenzione straordinaria. Ancora, nel 2023 il Cpr di Macomer è costato complessivamente poco più di un milione di euro, per un costo medio di un singolo posto di quasi 21mila euro».
«Costi esorbitanti – prosegue il dossier - ma sottostimati, poiché non includono “spese accessorie” come quelle connesse alla presenza delle forze dell’ordine impegnate a presidio della struttura. A Macomer, ad esempio, costa di più garantire loro il solo vitto e alloggio che gestire il Cpr: 5 milioni e 800 mila euro tra 2020 e 2023 che, sommati a quanto speso per la sola struttura, portano il costo medio di un posto a superare i 52mila euro nel 2023».
« Nel contesto sardo – conclude la nota dell’associazione – queste politiche sembra stiano di fatto determinando un preoccupante mutamento della vocazione lavorativa del territorio, al punto di basare l’occupazione locale proprio sull’indotto generato dall’ex carcere di massima sicurezza».
(Unioneonline)