Nella fabbrica dei bollettini di allerta non si dorme mai. D'estate si lavora giorno e notte per prevenire gli incendi e intervenire rapidamente e nel modo più corretto per limitarne i danni, d'inverno occorre lavorare sulle piogge, sul rischio frane o mareggiate e coordinare gli interventi nel caso di eventi importanti.

Il cuore del sistema della Protezione civile regionale è a Cagliari, in una palazzina che guarda la laguna di Santa Gilla, ma un pezzo importante, il settore meteo, ha sede a Sassari nel Dipartimento specialistico meteoclimatico dell'Arpas.

Ci lavorano 110 persone suddivise in tre servizi: quello amministrativo, quello d'emergenza, che gestisce la sala operativa regionale e il mondo del volontariato, e il centro funzionale decentrato, che svolge la parte previsionale.

Nella sala operativa ogni mattina, 365 giorni all'anno, si fa un briefing, si incrociano i dati e si elabora un bollettino di criticità, codificate con quattro colori: verde, gialla, arancione o rossa a seconda della gravità dei fenomeni. A ogni colore corrisponde un livello di mobilitazione nei 377 Comuni sardi e da parte delle forze che concorrono alla gestione delle emergenze: dal Corpo forestale e di vigilanza ambientale a Forestas, dai barracelli alle forze di polizia con il coordinamento della prefettura.

Per ridurre al minimo il margine di errore nella previsione e nella gestione degli eventi e per fungere da "ponte" tra territori e sistema-Regione ci si serve di otto uffici territoriali che operano a Cagliari, Iglesias, Villacidro, Lanusei, Nuoro, Oristano, Olbia e Sassari. Hanno il compito di organizzare e gestire i volontari, predisporre un programma di prevenzione e previsione dei rischi, supportare i Comuni nella predisposizione dei piani comunali di protezione civile, pianificare e coordinare le esercitazioni.

Una parte importante, soprattutto nel corso degli eventi, è svolta dalle 117 stazioni della cosiddetta "Rete fiduciaria in telemisura". Ne fanno parte 117 pluviometri che misurano la quantità di pioggia caduta, 35 idrometri che monitorano il livello dei fiumi e delle dighe e altri sensori come 107 termometri, 29 anemometri, 11 igrometri (misurano l'umidità dell'aria) e 22 radiometri (calcolano l'irraggiamento solare).

Ma un ruolo chiave lo rivestono i sindaci dei 377 Comuni sardi, chiamati a calibrare gli interventi sulla base delle specificità del loro territorio. C'è chi vorrebbe un sistema simile a quello Toscano con una divisione dell'Isola in molti ambiti (lì ne hanno 35) per garantire una maggiore precisione delle previsioni ma la scelta fatta dalla Sardegna è ancora migliore: 337 ambiti. Se tutto funziona è il top, sulla carta. Il fatto è che se è vero che 330 Comuni su 377 hanno un piano di protezione civile è altrettanto vero che pochi hanno il Coc, il Centro operativo comunale.

Mancano attrezzature informatiche e soprattutto personale, o i soldi per pagare gli straordinari a chi lavora oltre il normale orario di lavoro durante le fasi emergenziali.

Antonio Pasquale Belloi, ingegnere nuorese da tre mesi direttore generale della protezione civile, confida in un finanziamento regionale che dovrebbe assegnare ai Comuni un fondo complessivo di circa quattro milioni per attrezzare i Coc e dovrebbe finanziare gli straordinari con una media di 5mila euro a Comune.

"Il sindaco è parte integrante del sistema di protezione civile, come lo è il cittadino", spiega Belloi. "Per questo dobbiamo uniformare il sistema perché funzioni meglio, formando i sindaci nei territori, divulgando le buone pratiche di protezione civile per insegnare ai sindaci quali decisioni prendere".

C'è ancora da lavorare se è vero che alcuni sindaci nei casi di emergenza si sentono soli davanti a decisioni importanti da prendere. Ad esempio in caso di allerta meteo arancione per rischio idraulico ed idrogeologico devono decidere se chiudere scuole, strade, parchi. E spesso le loro decisioni vengono prese sulla base di un bollettino diramato molte ore prima. Così accade che si chiuda un istituto perché è previsto un nubifragio e poi, magari, non scende una goccia perché la perturbazione è passata più rapidamente del previsto. Per questo c'è da lavorare sulla formazione ma anche sulla frequenza delle informazioni inviate dalla Protezione civile ai Comuni.

"È nostro interesse mettere il sindaco nelle condizioni migliori per prendere le decisioni migliori perché solo così il sistema può funzionare", evidenzia Belloi, che ha chiaro che cosa occorre fare e ha chiesto alla Giunta gli strumenti per farlo. "Il nostro sistema è incentrato sulle peculiarità di ogni territorio. Stiamo lavorando per dare la possibilità ai sindaci di avere tutto ciò che serve per interagire con la sala operativa regionale in tempo reale e riuscire ad avere informazioni più dettagliate in ogni territorio in funzione dell'evolversi dei fenomeni".

Nel corso degli eventi è la Sori, la sala operativa regionale integrata della protezione civile, ad avere la regia delle operazioni mentre il coordinamento spetta alle prefetture. Lo scambio di informazioni in tempo reale avviene attraverso una piattaforma unica che mette in contatto tutte le forze in campo e consente di spostare mezzi dove è necessario e quando è necessario, soprattutto attraverso il supporto dei sindaci. "Stiamo predisponendo un software specifico nel quale saranno convogliate tutte le informazioni", aggiunge Belloi.

Un tassello in più in un sistema apprezzato da molti ma non da molti sindaci. "Il sistema funziona, c'è un solo problema: se ci arriva il bollettino una volta al giorno e la situazione evolve col passare delle ore non può essere il sindaco a decidere che cosa fare ma deve farlo il sistema della protezione civile regionale", è la tesi del sindaco di Olbia Settimo Nizzi. "Tanto più che gran parte dei Comuni sardi non ha i mezzi finanziari né personale per attivare una macchina. La Regione ha gli strumenti per decidere ma occorre cambiare le regole e cambiarle subito". È quello che si è annunciato.
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