E’ notizia dei giorni scorsi quella secondo cui, il primo ministro ungherese Viktor Orban, all’indomani del conferimento di quei “pieni poteri” che gli consentiranno di governare per decreto, sine die, e senza controllo alcuno da parte del Parlamento, abbia pensato bene di rincrudire il suo già noto orientamento trans fobico depositando, quale misura insolita e singolare di contenimento dell’emergenza sanitaria, si fa chiaramente per dire, quasi fosse misura limitativa necessaria e proporzionata all’esigenza di salvaguardia della salute pubblica, un rigido disegno di legge volto, in buona sostanza, e sorprendentemente, a privare i trans della possibilità di ottenere la registrazione del cambiamento di sesso presso l’Ufficio di Registro dello Stato Civile magiaro, siccome cambiare il proprio sesso biologico sarebbe impossibile. A prescindere, ma solo per il momento, dalla gravità di un atto discriminatorio di tal fatta, mortificante la dignità fisica e morale di una intera categoria di persone meritevoli, al pari di chiunque altro, di rispetto e considerazione sociale, è davvero difficile comprendere, anche per una mente sopraffina, e pure volutamente ignorando una fin troppo chiara deriva autoritaria del sistema pienamente e dolorosamente sussistente, quale nesso causale possa essere mai stato individuato tra le circostanze in considerazione (pandemia e diritti dei trans gender), che fosse anche solo potenzialmente ed astrattamente idoneo a giustificare, e di conseguenza legittimare, una tanto inaccettabile violazione dei diritti umani. Tanto più quando, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea votata dallo stesso Orban, si era premurata di raccomandare, a tutti i Paesi membri, di attenersi alla sola adozione di “misure di emergenza limitate a quanto…necessario e strettamente proporzionato”. Sarò pure ingenua, e la riflessione ha evidentemente solo carattere argomentativo, ma davvero, il disegno di legge in discorso, diversamente da quanto sembra mostrare di ritenere il primo ministro ungherese, non appare, quanto meno al mio intelletto, né necessario al contrasto del virus, per non esservi alcuna evidenza scientifica al riguardo (e difficilmente credo potrebbe esservi), nè strettamente proporzionato, essendo completamente disarticolato rispetto al contesto di riferimento. Ma allora, se così è, come io credo che sia, può ritenersi politicamente corretto e motivato, in quanto cittadino europeo, l’atteggiamento di Orban, che nel momento meno opportuno, se mai poi possa esisterne uno, ha ritenuto di dover privare le persone trans della propria identità di genere? Ed in quanto parte dell’Unione, può ritenersi giustificato l’atteggiamento del governo ungherese che ha voluto falcidiare in radice quel fondamentale processo di c.d. ricongiungimento tra “soma e psiche”, privando una intera categoria di soggetti della possibilità di esprimere pienamente se stessi, quasi fossero un “minus” rispetto al resto della popolazione? L’Unione Europea per quanto tempo ancora potrà, e vorrà, continuare a tollerare l’atteggiamento ricalcitrante dell’Ungheria troppo spesso incline ad interpretazioni distorsive delle regole comuni? Ed ancora, la stessa Ungheria, considerate le operazioni politiche dei giorni scorsi, esitate appunto nell’attribuzione ad un uomo solo di non meglio specificati “pieni poteri”, può dirsi, allo stato attuale, ancora interessata a far parte della compagine geopolitica europea? La risposta è chiaramente negativa. Si tratta di interrogativi che certamente riconosco essere insoliti, e probabilmente anche fuori luogo in un momento storico dominato da una emergenza sanitaria mondiale. Pur tuttavia essi si ripresentano come tristemente attuali e contingenti a cagione dell’azione solitaria di chi sembra voler addomesticare la pandemia ai propri desiderata politici del tutto incurante delle conseguenze sul piano sociale e istituzionale interno ed esterno. Intanto, perchè la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in applicazione della CEDU, ha espressamente stabilito, con buona pace di Orban, che gli Stati debbano non solo riconoscere ai trans gender la possibilità di sottoporsi ad interventi chirurgici che abbiano la finalità di riassegnarne il genere, ma anche provvedere a riconoscere, altresì, quel cambio di sesso nei documenti di identità. Quindi, perché, col suo atteggiamento, lo stesso Orban, ha dunque posto in essere una palese ed inaccettabile violazione dell’art. 2 del Trattato Europeo, il quale impone, da parte dei Paesi Membri, il rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali. Inoltre, perché, oramai, stante il persistente atteggiamento anti europeo del leader sovranista, appare a tutti evidente che il popolo magiaro intende seriamente porsi come vera e propria opzione ultronea (dentro o fuori Unione poco importa) ad una costruzione politica, quella europea per intenderci, il cui insuccesso è a tutt’oggi considerato alla stregua di un procedimento tristemente liquidato, e pertanto secondario rispetto agli interessi primari della nazione magiara, impegnata a controllare per via assolutistica tutto ciò che la circonda e che possa rappresentare un potenziale pericolo per la sua affermazione e sopravvivenza. Infine, e di conseguenza, perché, se è vero, come è vero, che l’Unione Europea, in questo momento, è impegnata su più fronti nel contrasto al Covid -19, e pertanto non ha troppo tempo da dedicare alle bizzarre, seppur insidiose, iniziative del primo ministro ungherese, tuttavia, è altrettanto vero, che se vorrà conservare un minimo di attendibilità come istituzione sopranazionale, o prima o dopo, dovrà affrontare seriamente il caso ungaro onde evitare di restarne definitivamente travolta per non essere riuscita a garantire, al suo interno, la tenuta dello spirito democratico.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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