Le elezioni anticipate in Italia sono accolte sempre con incipriato stupore, ma in realtà ci troviamo di fronte a un normalissimo fatto della politica: le "snap elections" sono chiamate dai leader quando sentono di essere forti, quando vogliono allontanare la minaccia di un partito concorrente, quando pensano di poter lanciare una scalata su una formazione avversaria e così via in una serie di casi di scuola che hanno un solo obiettivo: vincere il voto.

Salvini ha colto tutti in anticipo, rotto i canoni della tradizione politica e osato fare quello che nessuno immaginava fosse possibile: aprire una crisi di governo in pieno agosto. Sorpresa? No se si guarda a Salvini come quello che è: un fenomeno contemporaneo, fatto di immediatezza, calcolo e intuito per "cogliere l'attimo" in una società accelerata e compressa. Il leader della Lega ha scelto la via diretta per risolvere un conflitto nella maggioranza che non aveva più una credibile soluzione nella normale dialettica politica.

Le elezioni anticipate servono a fare chiarezza, nel nostro orizzonte non sono mai state un "se" ma un "quando" per il semplice motivo che la mappa politica italiana è in transizione dal voto del 2013, è una terra di mezzo i cui confini non sono ben disegnati. Andare alle urne serve a fissare un dato di sistema, restituire lo scettro al suo legittimo possessore, l'elettore.

L'unico format possibile - il governo tra Cinque Stelle e Lega - è ancora maggioritario nel Paese, ma si è rivelato un assemblaggio che produce il rigetto degli organi.

Un dato inesorabile dell'esperimento che alla fine ha dovuto accettare anche Salvini, il quale non voleva affatto chiudere la legislatura così in anticipo. Alla decisione non ha concorso soltanto il pessimo rapporto tra alleati, sia chiaro, Salvini ha valutato il contesto, pesato il consenso, cercato di vedere le potenzialità e i giochi sono apparsi chiari, meglio rompere adesso e provare a incassare il consenso che è alto e ancora in ascesa. La forza dei numeri.

Contro i barbari - Quelli che nei giorni pari grondavano disperazione per i "barbari" a Palazzo Chigi, quelli che nei giorni dispari s'inalberavano contro il governo gialloverde, oggi dicono che le elezioni non vanno bene. Ma come? Protestano proprio ora che c'è la possibilità di cambiare cavallo in corsa? Curioso ragionamento, in realtà si teme il voto per la semplice ragione che non avendo niente da proporre come pars construens, interpretavano il facile copione della pars destruens. Il mondo abbonda di critici, scarseggiano quelli che parlano poco e fanno molto. Le elezioni - quando arriveranno - convengono a Salvini, a Giorgia Meloni, ma non agli altri.

Ciclo conservatore - Siamo in un ciclo politico conservatore, tutto a destra, non solo in Italia. E siamo anche immersi in un quadro dove emergono leadership europee che vanno al voto per "liberarsi" della presenza di partiti anti-sistema al proprio fianco. Boris Johnson punta al voto anticipato per ridimensionare il Brexit Party di Nigel Farage, Pedro Sanchez in Spagna va alle urne per domare i descamisados di Podemos, Salvini ha un problema con i Cinque Stelle e lo regola nell'urna. È lo scontro tra i partiti tradizionali, presenti sul territorio e dentro le istituzioni e le formazioni movimentiste e anti-sistema che sono nate in questi anni di crisi del funzionamento della democrazia in Europa e non solo. A proposito di mainstream e luoghi comuni da sfatare, Salvini dovrà dire chiaramente ai mercati - e a un pezzo che conta dell'informazione globale che non lo conosce e poco sa della politica italiana - che la Lega è fermamente per l'euro e per il negoziato europeo. È una questione di maturazione e affermazione della sua leadership nel momento in cui si propone come candidato premier (con alte probabilità di vittoria) di un membro del G7, seconda manifattura d'Europa, terza economia e paese fondatore dell'Unione. La prova della bontà delle sue parole è nella storia della Lega, partito che governa - nell'euro e con l'euro - Lombardia e Veneto, due tra le regioni più ricche d'Europa.

La via era segnata - Salvini ha scelto la via delle elezioni anticipate perché quella era la via già tracciata: prima il sorpasso storico su Forza Italia nel marzo del 2018, poi il sottosopra del voto europeo con il boom del 35 per cento e il rovesciamento dei rapporti di forza al governo con i Cinque Stelle, ancora la catena di vittorie in tutte le elezioni regionali, infine i sondaggi che lo danno verso quota 40 per cento. Nessun leader politico sulla faccia della terra di fronte a questi fatti sta fermo contando i seggi parlamentari di una forza che vale il doppio e fa il junior partner in un governo che non funziona. Il format tra Lega e Cinque Stelle era l'unico possibile in una situazione che via via s'è fatta impossibile. La distopia grillina si è rivelata inconciliabile con il partito dei ceti produttivi. Il problema non è la Tav, ma la visione del mondo.

Le radici lontane - La genesi di questo scenario in realtà è frutto di un ciclo lungo trent'anni che comincia nel 1992 con la grande crisi della Lira che condusse il governo di Giuliano Amato a varare una manovra da 100 mila miliardi di lire - la più grande della storia italiana - e un prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani. La leggenda dice che la causa fu la speculazione di George Soros, la realtà è che fu il primo caso (basta leggere i documenti di Bankitalia con attenzione) di asimmetria europea causata dai tassi d'interesse della Germania appena riunificata. Era il preludio dello squilibrio europeo che è giunto fino a noi. Da quel momento la storia politica italiana accelera e passa attraverso una serie di shock - la decimazione del sistema politico da parte della magistratura, l'arrivo sulla scena di Silvio Berlusconi, l'emersione della questione settentrionale e della Lega di Umberto Bossi, la nascita di un partito post-comunista a sinistra.

Guelfi e ghibellini - Dal 1992 a oggi l'Italia ha vissuto nella bolla del berlusconismo e dell'antiberlusconismo, una riedizione dei guelfi e dei ghibellini. La chiusura dell'avventura del Cavaliere è diventata un altro passaggio del nostro romanzo e, ancora una volta, come fu nel 1994 per la figura del Cavaliere, è uscito dalle pagine l'imprevisto: Beppe Grillo. Un passaggio in fondo dal registro coerente: dall'uomo delle televisioni a quello di spettacolo, un comico. Lo straordinario laboratorio politico italiano - lo è sempre stato fin dai tempi di Dante Alighieri in esilio e poi Niccolò Machiavelli che scrive "Il Principe" - ha anticipato quello che è poi accaduto in tutto il mondo. L'arrivo in Parlamento del Movimento Cinque Stelle ha cambiato lo scenario, il sistema è diventato tripolare (centrodestra, centrosinistra e pentastellati) e da quel momento instabile e dunque ingovernabile.

Il ruolo di Renzi - Il requiem della Seconda Repubblica è arrivato con quelle elezioni, ma la Terza Repubblica non è ancora iniziata perché quello scenario nel 2018 è cambiato ancora: il Partito democratico dopo la fulminante (in tutti i sensi) parentesi di Matteo Renzi è finito com'era logico nel mare in tempesta della grande crisi dei partiti socialdemocratici in Europa, Forza Italia ha "esaurito la sua spinta propulsiva" (copyright di Enrico Berlinguer), i grillini hanno raccolto voti anti-sistema senza porsi il problema di essere un domani nel sistema. Queste tre crisi di identità politica - che non a caso si sono manifestate in sequenza, una dietro l'altra - alla fine hanno aperto la strada alla Lega tutta a destra di Salvini, il partito che oggi ha l'identità più netta di tutti. Questo è il dato di sistema che ha innescato il voto anticipato. La conseguenza è che la Lega è un partito che nelle simulazioni di voto e distribuzione dei seggi tra Camera e Senato vince in tutte le combinazioni e conquista quasi tutti i collegi uninominali.

Una scelta complicata - Salvini correrà da solo? Come ha detto ieri pomeriggio, «non è ancora deciso», ma potrebbe farlo e puntare dopo alla costruzione di una maggioranza con una premiership forte. Intanto, è già in campagna elettorale con il suo "Estate italiana tour" che qualcuno sbeffeggiava e ora s'è capito che faceva parte della sceneggiatura del Capitano. Domanda sul taccuino del cronista: quando si vota? La data non è certa, si pensa a uno scioglimento delle Camere intorno al 20 agosto e alle elezioni a metà ottobre, ma naturalmente sono partite una serie di grandi manovre per ritardare i piani del leader della Lega, farlo scivolare su una saponetta e vedere che succede. Sibillina la frase di Silvio Berlusconi: «Non saranno adesso le manovre di palazzo, i disperati tentativi propri del peggior teatrino della politica a risolvere i problemi degli italiani».

Ci sono alternative? - Maggioranze alternative in Parlamento? Fino a ieri non esistevano, ma da questo momento siamo in una nuova fase politica, quella della partita per cercare di scollinare il voto a primavera 2020, un po' più tardi, il tempo di organizzarsi e non si sa bene poi per cosa, visto che dare alla Lega altri mesi di campagna elettorale in cui Salvini può denunciare "l'inciucio" contro gli elettori e il suo partito, la manovra di palazzo, il complottone contro il popolo sovrano. Insomma, un suicidio collettivo. Per fortuna dell'Italia al Quirinale c'è un una figura politica esperta e equilibrata come Sergio Mattarella. È iniziato un nuovo romanzo della storia italiana: la crisi di governo sotto l'ombrellone. Un inedito, saremo qui con voi tutta l'estate e l'autunno a raccontarlo. Buona lettura a tutti.

Mario Sechi

(Direttore Agi e fondatore di "List" )
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