Era noto che il presidente Usa, Donald Trump, non nutrisse molte simpatie per l'Unione europea, ma mai si era spinto così a fondo in un attacco frontale contro le nostre istituzioni comuni, individuando come punti deboli i due Paesi più dubbiosi verso la loro collocazione europea, la Gran Bretagna e l'Italia.

Al primo ministro britannico, Boris Johnson, il presidente americano ha rimproverato la mancanza di coraggio nel perseguire un'uscita del Regno Unito dall'Unione europea (la cosiddetta Brexit) senza accordo. Se il Regno Unito "facesse un accordo commerciale con noi - ha detto Trump - questo sarebbe quattro-cinque volte più soddisfacente di adesso e l'economia britannica se ne avvantaggerebbe moltissimo. Ma oggi voi britannici siete bloccati dall'Unione europea, come altri paesi nell'Ue". Intendeva alludere proprio all'Italia e altri Paesi "che starebbero molto meglio senza l'Ue", aggiungendo come consolazione che tuttavia se questi Paesi proprio "vogliono avere un'Unione, va bene", come a dire peggio per loro.

Certamente fa impressione sentire il presidente del Paese leader della Nato, l'alleanza atlantica di cui noi e gli altri Paesi europei occidentali facciamo parte, che interferisce così pesantemente, in maniera rude e spregiudicata, contro le istituzioni europee che insieme alla Nato hanno garantito 70 anni di pace e prosperità a un'Europa uscita distrutta e dilaniata dalla due guerre mondiali della prima metà del '900. Prima di Trump, una posizione così radicale e ostile all'Ue sarebbe stata impensabile da parte di un presidente americano, pensando al sacrificio, anche di sangue, tributato dagli Americani per liberare l'Europa dal regime nazi-fascista. Ma tant'è, con Trump è cambiata la politica americana verso i tradizionali alleati europei, che vengono abbandonati al loro destino, mentre ora vale "America first" (prima vengono gli interessi americani). Ciò potrebbe forse spingere i Paesi europei ad abbozzare finalmente una politica di difesa comune che, come ha posto in evidenza Franco Venturini sul Corriere della Sera, non potrà non spingere gli stessi Paesi europei a guardarsi intorno e constatare che il nostro "intorno" geopolitico si chiama Russia". Secondo Venturini, quando l'ostilità di Trump verso l'Europa "non punta il dito sui suoi molteplici difetti, ma assume una valenza strategica a dispetto della legittima volontà delle nazioni prese di mira, non basta prendere atto ancora una volta dell'ideologia di Trump avversa a ogni forma di multilateralismo e desiderosa invece di affidarsi esclusivamente a rapporti bilaterali, a pressioni commerciali (come la minaccia di nuovi dazi) e a imposizioni tecnologiche", alludendo alla nuova tecnologia 5G americana da contrapporre a quella cinese inseguita dall'Italia con l'accordo noto come nuova via della seta firmato con la Cina dal precedente governo giallo-verde di Conte. Occorre riconoscere, invece, "che l'Europa non può più affidarsi unicamente alla protezione americana. Che servirà del tempo per dare alla Ue (forse) una sovranità credibile nel campo della sicurezza, e che la miglior cosa da fare subito sia di cercare un dialogo più intenso con la Russia, a condizione che il Cremlino faccia davvero la sua parte nel pacificare l'Ucraina. Allora e soltanto allora diventerebbe possibile coinvolgere la Russia in una nuova definizione della sicurezza europea".

In conclusione, occorre individuare una strategia equilibrata ma non arrendevole verso una democrazia come quella russa, che ancora resta illiberale, assecondando una politica di apertura della nuova Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen. La mossa di Trump si spiega col suo desiderio di non voler discutere con l'Ue come blocco unico, ma preferirebbe trattare con i singoli Stati, che ovviamente avrebbero un potere contrattuale inferiore. Perciò occorre rafforzare vieppiù le politiche comuni, le sole che possono consentire ai Paesi europei di negoziare da pari a pari non solo con gli Stati Uniti, ma anche con la Russia e la Cina.

Beniamino Moro

(Università di Cagliari)
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