Dimenticare è impossibile: «Ho ancora paura», ammette. Ma se non avesse chiesto aiuto e denunciato il suo persecutore, oggi a 53 anni sarebbe vittima di un uomo violento e prepotente. «Racconto la mia terribile esperienza perché serva da monito ad altre donne perseguitate. Chiedete aiuto per ottenere la vostra libertà».

Un lavoro nel campo dell'insegnamento, tanti amici e molte soddisfazioni, ha vissuto gli ultimi tre anni in una "bolla", succube delle angherie, prepotenze, minacce del vicino di casa 70enne, ora finito in carcere. L'uomo, nonostante l'ammonimento del Questore, l'obbligo di firma, il divieto di avvicinamento alla donna e poi di dimora nel comune di Cagliari, non ha mai smesso di perseguitare la sua vicina di casa. Così il pm Nicoletta Mari, che ha coordinato le indagini della Squadra mobile, ha chiesto la custodia in carcere poi emessa dal gip. Assistita dall'avvocato Giovanni Casti, racconta tutto per un motivo.

Quale?

«Spesso noi donne siamo sole a lottare anche contro la diffidenza. Rischiamo di non venir credute. E se siamo vittime veniamo additate, quasi incolpate di aver causato violenze e persecuzioni: perché tu hai fatto questo? Perché tu hai detto così? Perché tu, perché tu? Così molte donne non denunciano per paura. Io voglio dire: chiedete aiuto, denunciate. È l'unico modo per difendersi e riconquistare la propria libertà da quegli uomini prepotenti che pensano di ottenere tutto quello che vogliono con la violenza».

Quando è iniziato il suo incubo?

«Ho acquistato una casa nel centro di Cagliari nel 2015 e mi sono trasferita un anno dopo. Il vicino, solo e molto più vecchio di me, si è presentato come educato e perbene. Piano piano è diventato invadente e prepotente. Quando ho temuto per me, ho deciso di sospendere ogni rapporto di vicinato. Era la metà del 2017. Così sono iniziate minacce, insulti e atti persecutori».

Cosa le faceva?

«Mi spiava e mi seguiva. Mi mandava messaggi al telefono cellulare. I contenuti, facilmente intuibili, sono negli atti processuali. Saliva sul tetto e faceva rumori durante la notte. Mi controllava era diventato ossessivo. Io avevo sempre più paura».

Lo ha denunciato subito?

«Non volevo aver a che fare con questioni penali. Così mi sono rivolta alla Polizia ma senza denunciarlo. Gli agenti gli hanno fatto un richiamo. E la situazione è peggiorata».

Non ha smesso?

«Le minacce e gli insulti sono aumentati. Il mio campanello di casa suonava anche in piena notte. Mi osservava dal tetto. Mi sono trovata la spazzatura sul pianerottolo. Ho subito danneggiamenti all'auto e al portoncino dell'ingresso. I miei genitori hanno ricevuto una lettera anonima. Spuntavano cartelli appiccicati nelle scale della palazzina con insulti».

Cose le faceva più paura?

«Il sentirmi controllata. Sapeva gli orari di lavoro, con chi mi vedevo per un pranzo, chi veniva a casa mia. Quando aprivo la porta lui era lì, al buio. Mi sono dovuta rivolgere a uno psichiatra».

Dopo le denunce, lui ha cambiato atteggiamento?

«Non sono servite. dall'ammonimento del questore si è passati all'obbligo di firma, al divieto di avvicinarsi a me e poi al divieto di dimora a Cagliari, nell'ottobre del 2019. Prima di lasciare la casa è trascorso un mese. Ha distrutto anche la telecamera che avevo fatto installare per tutelarmi. Nonostante il provvedimento era sempre a Cagliari. Una volta mi è corso incontro nel largo Carlo Felice. Ho temuto il peggio».

Ora è in carcere.

«I carabinieri lo hanno sorpreso in città e il pm ha chiesto la custodia cautelare in carcere. In questi tre anni mi sono sentita meno sola grazie, oltre al mio legale, ai poliziotti e alla Procura. Ero davanti a un bivio: scappare e arrendermi così a quell'uomo, oppure difendermi con la giustizia. Tutti mi dicevano di fuggire. Ho scelto di lottare, anche se la paura c'è sempre».

Matteo Vercelli

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