Un intrigo internazionale vero e proprio, tra complotti e omissioni, troppi silenzi e molti complici. La terra dove si consuma la drammatica spy story è quella dell'isola di Taiwan, lo "Stato mancato" che ha sconfitto il coronavirus.

L'amore per la verità

In questo scoglio in mezzo al Pacifico, grande poco più della Sardegna, conteso dalla Cina e accarezzato dagli Stati Uniti, nelle scuole si insegna la lezione di Confucio, nei templi, sparsi come nuraghi nella giungla di grattacieli, si prega il dio Buddha. In questa terra intrisa di tradizioni e modernità è scolpita nella pietra dura, come il granito di Gallura, la profezia del messia. Tre cose - raccontano gli scritti attribuiti alla divinità - non possono essere nascoste a lungo: il sole, la luna e la verità. E a Taiwan, la verità hanno deciso di raccontarla sino in fondo. Con tanto di documenti e dettagli che, forse, in Europa, in Italia e in Sardegna pochi racconteranno. Atti forti come sentenze, prove che inchiodano senza appello.

L'allarme a Capodanno

È profonda la notte del 31 dicembre del 2019. A Taiwan non esiste whatsapp. E l'insonnia regna anche nelle terre di Confucio. Alle due del mattino un'allerta misteriosa irrompe come una fucilata sul Ptt, uno dei più grandi sistemi di bacheche internet di Taiwan. Non dorme Lo Yi-chun. È il vice capo del Comando per le emergenze sanitarie dell'isola gemella della Sardegna. Il suo telefono scorre velocemente lo schermo digitale quando tutto d'un tratto l'occhio si imbatte nella chat di un gruppo di medici. L'avviso è scioccante. La fonte è incerta. Criptata. La provenienza è, però, documentata: si tratta dell'altra sponda dell'isola, la Repubblica Popolare Cinese. Nel messaggio si parla senza mezzi termini di un misterioso virus. Un medico di Wuhan, rischiando di tutto e di più, aveva fatto filtrare l'allarme che in patria, forse, volevano tenere sotto traccia o nascondere del tutto. È telegrafico nella denuncia: un virus sconosciuto e mortale si sta diffondendo nella città di Wuhan. Allegata, l'immagine inconfondibile di una Tac toracica e il suo devastante esito diagnostico. Lo Yi-chun non prenderà più sonno. Il tarlo lo martella quanto lo scalpello affilato di Pinuccio Sciola sulle pietre sonore di San Sperate. Non ha bisogno di un traduttore per capire quello che sta accadendo. Non ci pensa due volte a svegliare il capo, il ministro della Salute di Taiwan Chen Shih-chung. Per raggiungere l'ufficio, il numero uno della sanità dell'isola non ha bisogno nemmeno di pettinarsi, per piegare la criniera da cinghiale indispettito di Urzulei non basterebbe nemmeno un ferro da stiro.

Azioni fulminee

Alle sei del mattino hanno già deciso tutto. Bloccare aeroporti e aerei. Non hanno ancora la certezza della fonte ma, conoscendo i cinesi, non si fidano.

Nelle stesse ore l'intelligence di Taiwan ricostruisce la storia di quel messaggio notturno misterioso. Il medico che la notte del nostro Capodanno lo aveva inviato dall'altra sponda dell'isola non dormiva dalla disperazione. Li Wenliang aveva 34 anni. E faceva l'oculista all'Ospedale Centrale di Wuhan. Faceva, appunto. Perché, tre giorni dopo quel messaggio salvamondo, la polizia cinese fa irruzione nella sua camera, lo preleva e lo dichiara in arresto. L'accusa è circoscritta: «Diffondeva voci false». Un mese dopo, il primo febbraio, risulterà positivo al coronavirus. Sei giorni dopo i suoi polmoni si fermeranno. Ucciso dal Covid-19. Nei suoi messaggi aveva avvertito di sette casi simili alla Sars riscontrati a Wuhan. Un'informazione sufficiente per capire che si trattava di trasmissione da uomo a uomo del virus letale.

La mail all'Oms

Il capo del Comando e ministro della salute di Taiwan prende tastiera e computer e scrive direttamente all'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità. Mail chiara e trasparente: vi segnaliamo che nella città di Wuhan si sta diffondendo un virus che genera una polmonite atipica, con sette pazienti già sottoposti a isolamento. Non riceverà nessuna risposta. L'Organizzazione ignorerà Taiwan, per non offendere la sensibilità cinese. Tre giorni fa il portavoce dell'Oms ha smentito di aver ricevuto la comunicazione di Taiwan. Gli occhietti socchiusi del ministro indipendentista si fanno ispidi, il sangue ribolle come le acque calde delle terme Beitou, il più montuoso e alto dei quartieri di Taipei, sede del governo centrale.

Si presenta nel quartier generale del Comando con la furia di un cinghiale scampato all'agguato. In mano una mail che agita come prova regina: ecco come abbiamo responsabilmente avvertito il mondo di quanto stava rischiando.

La portavoce del dipartimento di Stato americano Morgan Ortagus si schiera da subito con Taiwan e dichiara: la Cina si è rifiutata sino al 20 gennaio di ammettere la trasmissione da uomo a uomo del virus. Il risultato sarà drammatico. Covid-19 inizierà la sua corsa esponenziale sull'altra sponda del Pacifico. Infetterà sino ad oggi oltre due milioni di persone, uccidendone oltre 140.000, colpendo 148 paesi, dalla Cina all'Italia, dagli Stati Uniti alla Spagna.

In uno dei tanti epitaffi racchiusi nel ricamato e pregiato Tempio di Bao'an, dedicato al Dio della Medicina, nel distretto di Datonglussu a Taipei, a due passi da quello più noto e visitato di Confucio, si legge la serafica massima del pensatore orientale: Colui che non prevede le cose lontane si espone ad infelicità ravvicinate . Mai visione fu più profetica. Taiwan, appena 36mila chilometri quadrati rispetto ai 24mila della Sardegna, intrisa di grattacieli stilizzati da guglie templari, circondata da scimmie ovunque e giungle non facilmente penetrabili, ha visto lontano e ha sconfitto con i fatti e con i numeri il mostro. Scacco matto in dieci mosse, rapide, fulminee e lungimiranti.

La guerra al Male

È un'isola Taiwan, con tutti i limiti e tutti i vantaggi. La prima mossa è cruciale per evitare il disastro. Bloccare gli arrivi. In un attimo, la notte stessa del messaggio del povero oculista di Wuhan, vengono stoppati gli aerei. Scatta la macchina da guerra. Una sorta di dogana sanitaria nei porti e negli aeroporti. Anagrafe digitale, da compilarsi prima di avvicinarsi al suolo di Taiwan. Non due dati, ma la storia clinica e migratoria dell'ultimo mese. Da dove vieni e cosa facevi. Subito la misurazione della temperatura a bordo dell'aereo, poi, la spruzzata di disinfettante sulle scalette e subito dopo il test. Prima quello rapido e poi tampone. La mossa due è la quarantena, non una passeggiata. In base alla provenienza ti aspetta un albergo, 30 euro al giorno, un pasto e soprattutto un cellulare sempre a portata di mano. La terza mossa di Taiwan è tutta digitale. Guai muoversi. La cella telefonica non deve mai perderti di vista. E devi rispondere al telefono in qualsiasi momento. La quarta pedina è tutta sanitaria. Ospedali dedicati, attrezzati non per l'ordinario ma per le emergenze straordinarie. E a Taiwan dal 2003, in occasione della Sars, si erano prefigurati scenari catastrofici. Avevano pianificato nel dettaglio la chiusura di tutti i presìdi, blindandoli. Studiando percorsi in sicurezza per evitare ogni possibile contatto con l'interno.

La rete del contenimento

La mossa seguente è quella dei test a tappeto. Centinaia di laboratori attrezzati per il tampone o il pungidito. Una vera e propria squadra speciale per inseguire e rintracciare ogni asintomatico possibile. Nessuno deve sfuggire alla rete del contenimento del contagio. Un taxista, morto di coronavirus, uno dei sei decessi nell'isola, era risultato positivo. Hanno setacciato le telecamere di ogni quartiere per seguire i movimenti e ricostruire la mappa dei contatti. Scoprirono che tutti coloro che presero quel taxi indossavano la mascherina. Tutti salvi. La mossa vincente per non chiudere tutto e continuare a vivere sono, infatti, le mascherine chirurgiche. La nuova protesi della vita. Ne sequestrano una valanga sin da primi giorni. Ne mettono in cassaforte 44 milioni. Impongono un prezzo anti-speculazione. E poi precettano esercito e tutta la grande macchina manifatturiera della tigre d'Asia, capace di arrivare a produrre - lo hanno detto qualche giorno fa - 10 milioni, dicasi dieci milioni, di mascherine al giorno.

Le faranno in due formati, per adulti e per bambini. La presidente che odia la Cina, l'avvocata Tsai Ing-wen, sfida il gigante d'oriente con l'annuncio che metterà al sicuro la vita quotidiana di 24 milioni di taiwanesi. La sfida è, poi, sull'informazione. Trasparenza ed efficienza. Comunicazione martellante capace di scolpire nelle menti piccoli e grandi gesti quotidiani, dalle mani alla testa. Il ministero della Salute mette nero su bianco protocolli per sanificare gli ambienti ovunque, dall'areazione al ricircolo. E poi ci sono le linee guida per tenere aperti locali pubblici, dai cinema ai centri commerciali. Pensando alla sfida della vita che cambia e continua. La lezione di Taiwan, la terra che cerca la verità insieme al sole e alla luna.

Mauro Pili

(giornalista)
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