Amore, infinito. Come il dolore. Ma anche un messaggio di speranza  e coraggio per chi resta. Non c’è molto da aggiungere sulla “lettera” che il fotografo cagliaritano Fabrizio Varioli ha scritto in memoria della compagna Sara Piano, morta due giorni fa a soli 39 anni: non ha superato un intervento al cuore, a quel cuore che aveva sempre fatto le bizze. Ecco cosa scrive Varioli. 

«La mia Sara era pura gioia, vitalità, era il primo sorriso la mattina e l'ultimo bacio la sera prima di dormire.

Una forza della natura, capace di una sensibilità disarmante e di risate contagiose, era impossibile non divertirsi con lei, era impossibile non amarla, sarà impossibile dimenticarla.

Sara era il mio mondo, la mia aria, la mia felicità, la mia complice in tutto, “il mio amore più bello”, come le ricordavo ogni giorno.

Ammetto, probabilmente eravamo troppo appiccicosi davanti agli altri, ma era inevitabile, avevamo un modo molto fisico di trasmetterci l’affetto e non riuscivamo mai a staccarci, vivevamo mano nella mano, abbracciandoci senza motivo anche mentre eravamo in casa, anche dieci volte in una sera, ogni volta che ci incontravamo in un corridoio o in bagno o in salotto, e stavamo incollati così per minuti interi, in piedi come due scemi.

Eravamo fatti così, e ci piaceva, incuranti degli sguardi altrui.

Questi ultimi giorni dalla sua scomparsa le persone vicine non hanno fatto che dirmi che l'ho resa davvero felice, che con me si sentiva al sicuro, ma nessuno ha pensato a quanto lei rendesse felice me.

Forse era la combinazione perfetta di ogni aspetto nel legame tra due persone a renderci così, ma io credo che la meraviglia che si era creata tra noi fosse una cosa rara e bellissima, come lei, e grazie a lei.

Era lei a farmi sospirare, dopo anni, come si fa con gli amori dei primi mesi.

Mi diceva “di più”, quando le dicevo di amarla, era il suo modo per dire che il nostro amore fosse più forte dell'amore, fosse quel gradino in più di intensità, compenetrazione emotiva e simbiosi che ci rendeva così entusiasti e ci mozzava il respiro.

Mi lasciava i bigliettini in giro per casa per ricordarmi che mi amava, e io li lasciavo a lei, comunicavamo anche così.

Ci scrivevamo ogni mezz’ora, anche fosse solo un cuore, solo un bacio o un pensiero di corsa mentre lavoravamo.

Amavo la sua curiosità, il suo desiderio appassionato di conoscere il mondo e assaporare il più possibile da ogni nuova esperienza.

Aveva inizialmente un po’ di timore della moto, ma è diventata una “zavorrina” perfetta e ha imparato ad amare le scorribande tra i paesini della Sardegna, cantando nell'interfono, ad avere pazienza quando vedevo uno scorcio da fotografare tra le montagne per poi raggiungere il nostro premio, i pranzetti lontani da casa, la nostra passione per le cose buone e autentiche.

Amavo la sua delicata dolcezza, era una persona di una bontà sconfinata pur avendo un carattere fortissimo e a volte irremovibile, una testardaggine incontrastabile. Amavo anche quella, ovviamente.

Ed era buffa, sapeva animare una serata tra amici ed entrava facilmente nel cuore delle persone, come un'amica di lunga data.

Sono affranto, ma grato per l'enorme privilegio di poterle stare accanto.

Io e Sara siamo stati una coppia tanti anni fa, una coppia giovane e forse non pronta. Abbiamo sempre avuto grande rispetto e portato avanti le nostre vite separati e poi, esattamente 4 anni fa, ci siamo incontrati di nuovo e amati istantaneamente. Ci ha lasciati il giorno dopo il nostro quarto anniversario, per me 21 e 22 Maggio saranno due date in conflitto ma mi ricorderanno sempre i 4 anni più belli della mia vita.

Tutto quello che ho raccontato di lei vale 10, 100, 1000 volte di più, perché Sara è nata con un cuoricino “problematico”, è stata salvata a pochi giorni di vita dopo un volo d’emergenza per Roma con un delicato intervento al Bambino Gesù, quando la medicina non aveva ancora le possibilità di oggi e il suo corpicino di neonata era fragile.

Il suo cuore è stato operato di nuovo a 3 anni, e poi ancora a 10, per correggere degli ulteriori problemi.

La sua vita è sempre stata legata a questa condizione, ma non le ha mai tolto il sorriso, la forza, l’entusiasmo e la capacità di divertirsi e far divertire gli altri, eppure quello che si portava dietro era un’enormità.

Ha avuto la fortuna di nascere in una famiglia meravigliosa, di avere due genitori, Aldo e Loredana, che hanno fatto dei sacrifici che vanno oltre l’amore per assicurarle le migliori cure per tanti anni, due persone splendide con una determinazione incredibile, che l’hanno cresciuta con i valori che tutti le riconoscevano e che la rendevano una persona splendida.

Due fratelli speciali, Davide e Valentino, con cui ha condiviso tutto e che amava profondamente, ricambiata dalle loro attenzioni.

Io sono stato accolto in questa casa piena di amore, una di quelle di una volta in cui zii, cugini, amici si riuniscono senza preavviso, con un’atmosfera di umanità e disponibilità uniche.

Come lei è stata in grado di farsi amare dai miei genitori, da mio fratello e dai miei amici, che l’hanno immersa nel nostro mondo come se fosse stata sempre con noi, con una naturalezza ineguagliabile.

Anche sul lavoro, in poco più di un anno ha conquistato tutti, ha contribuito a costruire un gruppo affiatato e ricco di affetto reciproco.

Nonostante la sua condizione, Sara è diventata madre di Tommaso, il suo amore, la sua felicità, un ragazzino splendido, curioso come lei, uno sportivo nato, a cui mi sono affezionato profondamente e che crescerà con gli stessi valori di rispetto e gentilezza, a cui auguro la felicità con cui la madre gli ha sempre detto di vivere.

Lui lo sa, lo ripete, ed è lui a ricordarlo a tutti noi: “mamma voleva che fossimo tutti felici”, ci ha scritto anche oggi.

Saremo felici nel suo ricordo e per lei, Tommi, glielo abbiamo promesso.

Purtroppo l’anno scorso la condizione di Sara si è aggravata. Era previsto, si sperava che quel momento non arrivasse mai ma l’intervento è diventato inevitabile. Sapeva di dover affrontare l’ennesima montagna, e pur con la paura è arrivata col sorriso perfino alla mattina dell’intervento, quando ha voluto salutarci tutti, prendersi le ultime coccole della famiglia e di Tommaso, regalarmi l’ultimo, splendido, fortissimo abbraccio, uno dei nostri interminabili con tutti i muscoli del corpo tesi perché il contatto fosse più forte, perché ogni millimetro di pelle si toccasse.

L’ho salutata così, dopo questa ultima mia foto con lei, e non la rivedrò più.

Forse lo sapeva, perché ha pubblicato la sua ultima storia, una pagina nera, un cuore e la scritta “La vita è bella”. È stato devastante vederla solo dopo.

Nonostante le tantissime ore di sala operatoria a Milano, il grande impegno dei chirurghi, quando ormai era notte e l’ospedale era vuoto e silenzioso, ci è stata data la triste notizia che il suo cuore, che ha lottato nelle difficoltà per 39 anni, non aveva più le forze per continuare.

Io non so come si possa superare un dolore simile, come si possa concepire di vivere senza la metà della propria vita, senza l’aria che riempiva i miei polmoni, con tanti progetti insieme da accantonare, con la metà del letto vuota e senza la sua testa sulla mia spalla sul divano, senza i suoi bigliettini, i suoi messaggi, il suo amore manifestato in ogni cosa che faceva, la sua allegria e il suo entusiasmo.

Mi manca in modo insostenibile.

Ora vedo solo una montagna infinita davanti a me, sento la mia anima sgretolata, la forza che defluisce.

Ma le ho promesso che sarei stato felice per lei

Volevo raccontarvi Sara nel modo più limpido e delicato, ma mi piacerebbe anche darvi un consiglio, senza ergermi a maestro di vita, però purtroppo consapevole dopo questa terribile esperienza: la vita è una, un soffio ce la porta via, a volte possiamo prevederlo, a volte no, e quindi va vissuta in modo intenso, senza perdere tempo, senza lasciare che le giornate passino nell’inerzia ma riempiendole ogni giorno di qualcosa di bello ed emozionante, senza farsi trascinare dalla routine.

Io non ho rimpianti con Sara, è proprio così che abbiamo vissuto, senza perdere tempo. Avevamo una regola: quando si parte per un viaggio bisogna averne sempre già un altro prenotato, e così abbiamo fatto per 4 anni. Ogni settimana facevamo qualcosa, anche se eravamo stanchi, anche usando i ritagli di tempo, ma dovevamo sempre fare nuove esperienze e vedere nuove cose, dicevamo sempre “dobbiamo fare le cose”, che intervallavano “i nostri viaggetti” che vi siete abituati a vedere sulle nostre bacheche. Ogni tanto ridevamo di questa nostra voglia di vivere la vita con tanta forza, e forse questo è l’aspetto che ci ha uniti di più, l’affrontare mano nella mano ogni giorno sapendo quanto fosse prezioso.

Fate lo stesso se potete, non rinviate, non accantonate soldi inutilmente, non aspettate che le cose accadono, perché nessuno verrà a portarvi a casa un’esperienza, un biglietto aereo, una gita fuoriporta, “le cose” vanno decise e fatte, a volte anche con un colpo di testa incosciente, senza pensarci troppo, abbattendo le proprie paure e buttandosi in quel vortice spaventoso e bellissimo che è la vita.

Sara, il mio amore più bello, ha lasciato un bigliettino tra le mie cose, sapeva che lo avrei trovato solo dopo l’intervento:

“Se ci saranno altre vite dopo questa, spero di avere la fortuna di incontrarti in ognuna di esse. Ti amo, tua.”

Mi si è spezzato il cuore, pensare che abbia avuto la forza di lasciarmi un saluto del genere.

Non so quante lacrime possa produrre un corpo umano ma le mie sembra non si esauriscano.

Io non so se ci siano altre vite dopo, sono sincero, credo molto a quella terrena e sono contento di aver vissuto la mia con lei come se fossero state 1000, ma se fosse così davvero allora spero che sia come dice lei, e che il mio dopo sia ancora con Sara.

Non so come farò, ora sembra impossibile, se qualcuno sa come si faccia a superare un dolore di questa portata me lo dica, ma fate tesoro di quello che ho scritto, vivete, perché la vita è bella, lo ha detto l’amore mio per salutarci tutti.

Se vi va, potete salutarla Lunedi 27 Maggio, alle ore 16.00, presso la Chiesa di Sant’Elia a Cagliari, da dove si vede il mare».

(Unioneonline)

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