Alcuni ricordano San Valentino per un mazzo di rose, altri per una cena romantica. Don Enrico Murgia, invece, il 14 febbraio 2021 lo ricorda per la voce inconfondibile di Papa Francesco che gli parla dal vivavoce, mentre è fermo a un semaforo sulla statale 554.

«Pronto, Don Enrico? Sono Papa Francesco». Una telefonata durata appena cinque minuti, ma capace di lasciare un segno eterno nel cuore di un giovane prete di periferia.

Don Enrico Murgia, allora parroco della chiesa di San Pietro Pascasio a Quartucciu, stava rientrando in parrocchia. Era il giorno degli innamorati e un ragazzo gli aveva appena offerto delle rose al finestrino. Il cellulare squilla: numero anonimo. «Di solito non rispondo», precisa   Don Enrico, «ma quel giorno ho fatto un’eccezione, un po’ per compagnia«. Mai avrebbe immaginato che dall’altra parte ci fosse il Papa in persona.

«Ho riconosciuto subito la voce, quell’accento argentino che ti arriva al cuore», racconta ancora emozionato. La chiamata, arrivata alle 17 in punto, era legata al cinquantesimo anniversario della fondazione della parrocchia. Qualche giorno prima, infatti, un telegramma ufficiale della Segreteria di Stato aveva annunciato gli auguri di Papa Francesco. Ma sentirlo parlare davvero, al telefono, con affetto e attenzione, è stata un’altra cosa.

Il Pontefice, con il suo stile inconfondibile fatto di gesti e parole semplici, non si era limitato a un saluto di circostanza. «Mi disse di non essere un chierico di Stato, ma un prete tra la gente», ricorda Don Enrico, «mi parlava come se mi conoscesse da sempre, come se sapesse esattamente quale fosse il mio cammino, le mie fatiche e i miei sogni».

Oggi, trasferito nella parrocchia di Siliqua, Don Enrico ripensa a quel momento come a un punto di svolta. «Perché proprio me?», si chiede ancora. Forse per ricordargli che anche i preti “di periferia” sono nel cuore del Papa, e che il Vangelo si vive nella carne viva delle comunità, nei quartieri difficili, tra chi ha bisogno di ascolto, vicinanza e fede.

«Quella telefonata – dice – è stata per me la Resurrezione in un momento di stanchezza. Il Papa della mia formazione, dei miei studi, del mio sacerdozio, all’improvviso è entrato nella mia macchina e nella mia vita. Un segno fortissimo che mi ha fatto sentire parte della Chiesa vera, quella che cammina, che ama, che sorprende».

E mentre ricorda anche l’incontro con Francesco a Roma, durante il Giubileo della Misericordia o la visita del Papa nella difficile Tor Bella Monaca, Don Enrico sorride. «Colgo tutto come un segno per essere, nonostante le fatiche, gioiosamente "pastore con l'odore delle pecore" proprio come lui disse ai suoi preti nel suo primo giovedì Santo. Lui mi ha chiamato proprio nel giorno degli innamorati e mentre fuori mi offrivano rose, dentro l’auto ricevevo un dono molto più grande: una chiamata d’amore, per la mia parrocchia e per la mia missione».

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