Le trincee della nostalgia custodiscono un tesoretto bianco e soffice. Modesti mucchietti sparsi qua e là ma anche piccole dune quasi candide che sembrano sbarrare la strada alla sabbia grigia del ripascimento, anno di disgrazia 2002, che ha cambiato volto al Poetto.

Ma allora qualcosa è rimasto di quel gioiello, vanto (e orgoglio) dei cagliaritani: i granelli immacolati, impalpabili come borotalco, non sono scomparsi del tutto.

Sono finiti ai margini, relegati ai confini della grande spiaggia, quasi sul bordo del nuovo lungomare di tre chilometri e mezzo dove si passeggia, si corre, si pedala.

Qualcuno passa e li tocca, altri affondano i piedi per ritrovare una sensazione quasi dimenticata: la leggerezza, la morbidezza di quella polverina finissima che formava spettacolari dune e che in gran parte scomparve in pochi mesi nella primavera del 1986, quando furono abbattuti i 1200 casotti superstiti (poi il ripascimento completò l'opera): i sedimenti formatisi in milioni di anni finirono in mare, sulla litoranea, a Molentargius o lungo il litorale quartese, in particolare al Margine rosso.
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