I vestiti indossati da Manuela Murgia il 4 febbraio 1995 ci sono, conservati perfettamente. A trent'anni dalla morte della sedicenne, arriva forse la svolta più importante nel giallo del canyon di Tuvixeddu, che apre a una pista investigativa mai così concreta nelle indagini per omicidio.

Aver riportato alla luce gli indumenti, infatti, consentirà di svolgere nuove analisi sui reperti, avvalendosi però di tecnologie non disponibili nel 1995: la nuova pista si lega direttamente alla consulenza di parte del medico legale Roberto Demontis, che studiando le evidenze fotografiche aveva fatto emergere un'avvenuta violenza sessuale prima del decesso di Manuela. L'attenzione, inevitabilmente, ora si concentrerà sugli indumenti intimi: se infatti, come appare, la violenza c'è stata, il possibile assassino della ragazza avrebbe lasciato le sue tracce biologiche.

A quel punto, come evidenzia il legale della famiglia Murgia, Bachisio Mele, si spalancherebbe uno scenario simile a quello aperto nel caso dell'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne uccisa a Brembate di Sopra nel 2010. Anche nel caso di Manuela, infatti, verrebbe alla luce un profilo biologico individuabile come "Ignoto 1", verosimilmente l'assassino: da qui ci si muoverebbe per confrontare altri Dna.

Ma come sottolinea l'avvocato, con una differenza sostanziale. Nel caso di Yara, infatti, le indagini partirono praticamente dal nulla, con test a tappeto che coinvolsero migliaia di cittadini che spontaneamente si sottoposero all'esame. Per Manuela Murgia, invece, si potrebbe partire da una cerchia di legami e conoscenti ristretta e individuata, e arrivare alla corrispondenza tra Dna sarebbe decisamente più semplice.

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