All'aeroporto di Elmas c'è sempre tanta gente. Chi parte e chi arriva. Tranne Antonio e Rita: loro stanno sempre lì. Pranzo al bar, la notte in una panchina vicino ai bagni e all'infermeria.

Non è il sequel del famoso film di Spielberg. Questa è vita vera. Lui ipovedente («ho mezzo grado per occhio»), lei praticamente cieca («vedo solo la luce»), dispongono di entrate fisse (e basse) ogni mese: Antonio riceve lo stipendio da centralinista dall'Università, Rita l'assegno di accompagnamento. In teoria hanno la possibilità di pagare un affitto. In pratica non riescono a trovare un alloggio. «Ci basterebbe una stanza matrimoniale con bagno: quelle che ci hanno offerto costano troppo».

Nessun aiuto

In questa situazione non possono ricevere alcun aiuto da Caritas o Servizi sociali: rientrano tra le persone che hanno la possibilità materiale di mantenersi. E non è facile trovare lo spiraglio per poter venire incontro a chi soffre di un disagio di altra natura, psicologica. Così Antonio e Rita si aggrappano al loro rifugio, il terminal, rifiutano ogni contatto con le famiglie di appartenenza (lei è di Cremona, lui di un paese del Medio Campidano), hanno la dignità di chi cerca di farcela con i propri mezzi e accolgono con un sorriso i tanti lavoratori dell'aeroporto che offrono loro un panino, porgono una parola di conforto, fanno finta di non sapere che dormono lì con intervalli più o meno regolari da tanti anni: quasi dieci.

«Affitti troppo cari»

«Abbiamo cambiato diversi appartamenti da quando ci siamo sposati. L'ultimo si trovava in via Bembo a Cagliari - racconta Antonio, jeans, maglietta che reclamizza la Sardegna, piedi liberi dalle scarpe - ma il padrone di casa voleva aumentare l'affitto, ce ne siamo andati. Sino al 17 maggio siamo stati ospiti in un ostello della Marina, prezzo fisso mensile concordato. Poi sono arrivate le prenotazioni dei turisti e siamo dovuti andar via: da allora siamo qui. Non ci lamentiamo: ci sono aria condizionata, ristorante, bar, servizi igienici. E tanti amici gentili».

Rita e Antonio si fanno forza a vicenda: ieri, alle 15, ascoltavano la radio e schiacciavano un pisolino sulla solita panchina: «Per tenere in allenamento la memoria, teniamo la classifica delle canzoni più trasmesse: Ed Sheeran è in testa». Anche se la vera passione di Antonio sono i Pooh: «Conosco tutta la loro discografia, vorrei tanto incontrarli all'aeroporto, sono tutti e quattro delle persone molto umane».

Hanno voglia di parlare Antonio e Rita. «Ci siamo conosciuti a Tirrenia, in un centro vacanze per ciechi», dice Rita, «io arrivavo da Cremona, Antonio dalla Sardegna». «Probabilmente ero innamorato di lei ancora prima di conoscerla, non ci siamo più voluti separare».

Alla giornata

E invece oggi è proprio il loro amore che li fa andare avanti e sperare in un futuro migliore di una panchina: «Ogni mattina ci laviamo nei bagni e prendiamo il treno per Cagliari delle 6,37. Colazione nel Largo, poi il lavoro all'Università: mia moglie sta con me, non la lascio mai sola. Di pomeriggio qualche commissione, poi alle 19 di nuovo all'aeroporto. Ci piace passeggiare, tutti ci vogliono bene. Per non disturbare ci spostiamo spesso nello stabile degli autonoleggiatori: quello non chiude mai».

Antonio dal 5 agosto andrà in ferie: «Le userò per cercare una sistemazione. Non una casa, non vogliamo stare appresso a bollette e tutto il resto. Ci basta poco, stanza con bagno, possiamo arrivare a pagare 600 euro, non vogliamo un tetto gratis. C'è una pensione in centro, andremo a parlare con i titolari: se ci faranno un prezzo fisso equo, magari potremmo lasciare l'aeroporto. Perché dormendo così sulla panchina certe volte si crolla per la stanchezza».

Paolo Carta

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