"Dagor è uno di famiglia e non si tocca. Se per avere un letto devo lasciarlo in un canile, preferisco restare a dormire qui, su una panchina. Non ci separiamo, senza di noi morirebbe". Al suono del suo nome Dagor, un incrocio di labrador di 12 anni, solleva il muso stanco dall'asfalto bollente. Sembra apprezzare il gesto.

PER STRADA - In largo Gennari all'ora di pranzo fa caldo e lui, insieme ai proprietari Cinzia Medda e Gian Franco Lasio - 44 e 47 anni - qui vive da sei giorni, e sei notti. Da quando gli ufficiali giudiziari hanno eseguito lo sfratto definitivo dall'appartamento in via Cimarosa e lo hanno messo alla porta. Lui, che all'ora di quella visita inattesa, era tutto solo in casa. "Quando sono rientrato l'ho trovato fuori. Poverino, era molto spaventato e l'accalappiacani stava cercando di prenderlo per portarlo via. Appena l'ho visto mi sono messo a urlare. Dagor è in regola, microchippato e vaccinato, non lo potevano toccare. Dopo aver sfondato la porta, lo hanno messo per strada e hanno cambiato la serratura". Gian Franco Lasio non è un uomo paziente. Nel ricordare l'accaduto si agita parecchio e, alla fine, preferisce lasciare spiegare tutto alla sua compagna.

UNA FAMIGLIA - Cinzia Medda e Gian Franco Lasio sono due disoccupati. L'affitto dell'appartamento in cui vivevano da quattro anni era a carico del Comune. "Ci avevano rinnovato il contratto per altri sei mesi nel febbraio scorso, ma poi sono rimaste due mensilità arretrate e ci hanno messo fuori. Non abbiamo potuto prendere nulla, neppure i documenti. Siamo venuti qui e l'assistente sociale ci ha detto che se non avevamo un posto in cui dormire saremmo potuti andare al centro di accoglienza di San Vincenzo, ma lì i cani non li vogliono".

INSIEME - Quando Cinzia e Gian Franco hanno fatto notare di essere in tre, la risposta è stata automatica. "Ci hanno detto che Dagor poteva andare in un canile. Ma non ci penso neppure. Noi non siamo mai stati lontani e lui da solo morirebbe. Si è già spaventato parecchio al momento dello sfratto. Da quel giorno, abbaia tutte le volte che vede qualcuno con i calzoni corti". Difficile immaginare che Dagor abbia la forza di abbaiare. Una zampa dopo l'altra, al rallentatore, e il testone che si inclina dolcemente per favorire una carezza.

LA SOLIDARIETÀ - "Qui tutti ci danno una mano, una signora del palazzo davanti ogni giorno ci porta il pranzo e la cena. Un'altra mi ha comprato questa maglietta, perché non avevo nulla neppure per cambiarmi, ma di certo così non possiamo andare avanti". Il tentativo di trovare una soluzione inizia con la ricerca di un appartamento. "L'assistente sociale ha detto che a trovarlo ci dobbiamo pensare noi e che loro poi penseranno all'affitto. Ma appena sentono che non ho uno stipendio e che a pagare sarà il Comune, i proprietari delle case buttano giù il telefono".

NOTTI INSONNI - E poi c'è il problema di Dagor. "A me andrebbe bene anche una stanza, un magazzino. Non mi importa. L'unica cosa che conta è stare insieme. E ora ho paura, non riesco a dormire. Sto qui, seduta e aspetto. Mi sembra di essere tornata indietro a molti anni fa". Cinzia ha alle spalle una vita tormentata. La mattina dello sfratto non era a casa, come ogni giorno chiedeva l'elemosina davanti alla basilica di Bonaria. "Di solito sono lì ogni mattina alle 6.30 per l'entrata della prima messa. Poi torno a casa, c'è Dagor che mi aspetta e restiamo tutto il giorno insieme".

Mariella Careddu

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