«La percezione dell'opinione pubblica» è che l'etica professionale del magistrato sia «profondamente degradata», un «decadimento generale dovuto alla compromissione col potere politico che dalla fine del secolo scorso rivendica una supremazia rispetto all'ordine giudiziario, una sostanziale impunità, un ruolo di orientamento». Il «modello costituzionale» di «un giudice e un pm assolutamente indipendenti da potere politico e capo dell'ufficio», che prevede imparzialità e uguaglianza di tutti «davanti alla legge», è stato «messo in crisi». Il vincolo gerarchico del periodo fascista tra pm e procuratore è stato «rimosso radicalmente dalla Costituzione» ma «reintrodotto nel 2005 dalla riforma Castelli», e così «si è tornati a un procuratore capo col monopolio dell'azione penale. Un magistrato ben più importante degli altri». Da qui «un carrierismo imperante». Il risultato «è sotto gli occhi di tutti: accordi sotterranei, nessuna trasparenza, correnti che diventano centri di potere».

Il parere di Mauro Mura sullo scandalo nazionale che nell'ultimo anno ha coinvolto il pm romano Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati finito sotto inchiesta a Perugia per aver messo - in ipotesi - le sue funzioni a disposizione del braccio destro dell'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone in cambio di viaggi e regali, è deciso. La pubblicazione delle intercettazioni ha svelato l'esistenza di un mercato riguardante le funzioni e le promozioni da assegnare a giudici e pm. Per 8 anni procuratore di Cagliari, Mura critica il sistema di nomina «a pacchetto», cioè più incarichi strategici decisi assieme («Un meccanismo che ha aggravato quella lottizzazione dei posti direttivi sempre criticata dalla magistratura migliore ma presente da tempo») e sostiene che per risolvere il problema è necessario «intervenire in profondità in tutti i livelli».

Lei per diventare procuratore non ha chiesto aiuti?

«Ho presentato la domanda. Punto. Neanche so cosa significhi quel che mi chiede. All'epoca al Csm c'era un magistrato del nostro territorio: mai parlato con lui».

Dice: è necessario intervenire. Come e dove?

«Il punto fondamentale è la distinzione dei magistrati non per funzione ma per importanza dell'incarico. Il carrierismo è frutto principalmente delle modifiche apportate all'ordinamento giudiziario, quindi è necessario tornare a un assetto delle Procure che assegni al capo dell'ufficio le fondamentali funzioni organizzative. Ma la titolarità dell'azione penale deve essere restituita ai singoli sostituti. La magistratura è stata configurata come potere diffuso, orizzontale, ma questo modello di distribuzione delle funzioni è stato tradito dalle forze politiche, dal Legislatore e dalla stessa magistratura associata. Le correnti che compongono Anm e Csm un tempo erano centri di riflessione, analisi, applicazione della Costituzione. Poi questo grande patrimonio è stato sovrastato dalla compromissione col potere politico, dalla voglia di ottenere un posto di prestigio».

Anm e Csm sono diventati uno strumento politico. Servono ancora?

«Mi preoccupa l'avversione che cresce contro le correnti della magistratura, che hanno avuto meriti fondamentali. Sono stati laboratori di ricerca con l'obiettivo di adeguare la giustizia ai principi costituzionali. Il pluralismo culturale ha contribuito non poco alla crescita della magistratura italiana. Pensare che possano tornare quel che erano, è utopia. La società è cambiata, è cambiata la magistratura, sta cambiando il metodo di lavoro».

Allora meglio cancellarle.

«Qualcosa si può fare. Il centro del problema sono gli incarichi direttivi. La riforma del 2005 li ha resi temporanei consentendone l'accesso anche a magistrati di modesta anzianità. Ne sono derivate vere e proprie carriere dai piccoli uffici a quelli più importanti, una scalata al potere che riguarda certo una piccola minoranza dei magistrati ma che ha cercato e trovato nelle correnti della magistratura e nel Consiglio superiore sponde importanti. Nelle ultime consiliature ha nettamente prevalso l'assoluta discrezionalità del Csm, in alcune situazioni fortemente criticato per scelte chiaramente politiche. Dunque, per quanto possibile servono decisioni guidate da criteri obiettivi».

Si parla di sorteggi.

«Sono incostituzionali. La scelta dovrebbe avvenire per fasce di anzianità di servizio come è stato in un non lontano passato. Inoltre deve essere vietato ai magistrati, alle correnti, ai rappresentanti locali e soprattutto ai membri del Csm di intrattenere rapporti utili anche solo a trasmettere semplici dati di conoscenza del candidato. La decisione va presa su dati trasparenti, cioè il fascicolo personale del magistrato. E siccome questo è spesso insufficiente a far capire il reale valore del candidato, come regola si dovrebbero ascoltare prima del voto le proposte di tutti i candidati».

Andrea Manunza

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