"Io, positiva e asintomatica, vivo a casa in quarantena"
La testimonianza di una donna contagiata dal Covid-19Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
In trenta secondi è scivolata dall'altra parte della barricata: da operatrice socio-sanitaria a paziente positiva al test sul coronavirus. Lavora in un ospedale cagliaritano e da sabato scorso è in quarantena tra le mura di casa. Accetta di parlare a una condizione: «Niente nome né dettagli che mi rendano riconoscibile».
La conversazione telefonica inizia con un estratto della cartella clinica inframmezzato da flash dell'infanzia: «La temperatura non ha mai superato i 36.8 gradi. Sono cresciuta con mia madre che mi diceva "non vai a scuola solo se hai più di trentasette". Quindi sto bene, solo un po' di mal di gola, ma devo restare isolata. Ho la fortuna di vivere sola, affronto problemi limitati».
Dove è stata contagiata?
«Lavoro in un ambiente ospedaliero».
Quindi ha contratto il virus in ospedale?
«Può essere».
Come ha reagito?
«Mi è stato comunicato con professionalità, perfino dolcezza. Ho accolto la notizia in silenzio. Ho pensato che ci fosse un errore».
Ha perso gusto e olfatto?
«No».
Ha paura?
«Sì, è normale. L'importante è non farsi prendere dal panico. Ho la consapevolezza che la vita andrà compressa, anche negli spazi».
In quarantena anche dagli affetti e dalle amicizie?
«Parenti, amici e colleghi mi stanno vicini. Le videochiamate mi fanno apprezzare un aspetto tecnologico che non mi aveva mai appassionato. Vivo giorno per giorno: è l'unica via possibile. Cerco di trasmettere tranquillità perché in realtà sono serena».
Qualcuno l'ha delusa?
«Nessuno. Oggi il mio vicino di casa mi ha lasciato all'ingresso qualcosa da mangiare, persone che sentivo di rado si preoccupano e mi telefonano di continuo. Devo addirittura preparare una lista delle persone da richiamare».
Così allenta la preoccupazione?
«Evito di scaricare sugli altri il peso del momento».
Come trascorre la giornata?
«Tengo salde le abitudini. Sveglia alle cinque e mezza, come il resto dell'anno. La differenza rispetto alla norma è che poltrisco a letto fino alle nove. Elaboro i pensieri, poi mi alzo, faccio colazione, scarico e ascolto un po' di musica».
E poi?
«Guardo documentari e foto dei miei viaggi, leggo itinerari di vacanze future, parlo al telefono, mi dedico a buone letture».
Ginnastica?
«Faccio chilometri andando su e giù per la casa».
Il pomeriggio?
«Mi rilasso sul divano e studio».
Dorme?
«Al massimo mi assopisco qualche minuto».
Cosa non deve mai mancare?
«Una barretta di cioccolato. Adoro quello extrafondente, me l'hanno portato bianco e va benissimo».
Quant'è forte la tentazione di uscire?
«So che non devo farlo. È il quinto giorno e mi sto organizzando. Mi terrò impegnata. Farò le pulizie di Pasqua in anticipo e se necessario anche quelle di Natale».
La tivù è una medicina anti noia?
«Non lo è mai stata. La copia dell'Unione Sarda invece mi manca, la leggevo tutte le mattine. Chiederò che me la portino».
Compulsa notizie web sulla pandemia?
«Non ho questa passione, ora proprio no».
Cena alle?
«Ventuno. Non male per una che fino a una settimana fa non metteva qualcosa sotto i denti prima delle ventidue e trenta».
Il momento peggiore?
«Quello più commovente è stato sicuramente vedere mio fratello in videochiamata».
Quanto pesa restare sigillata in casa?
«Non posso mollare, sono sola e ce la devo fare con le mie forze. Non mi spaventa: sono allenata a resistere».
Teme il giudizio degli altri?
«È un problema che non mi pongo: le belle persone non giudicano».
Alla fine di questa avventura cambierà il modo di vivere?
«Sicuramente sì. D'altronde era già cambiato un mese e mezzo fa».
Le limitazioni negli spostamenti sono sufficienti?
«I cittadini dovrebbero fare di più per il bene di tutti».
Ritardi nel dare l'allarme?
«Forse il Governo avrebbe potuto fare qualche cosa di più».
Progetti per l'estate?
«Le ferie. Come riempire le giornate lo deciderò all'ultimo momento».
Paolo Paolini