Un bocconiano dal cuore rossoblù. "Nato a San Michele, elementari in via Podgora". Il cognome non tradisce origini così rigidamente locali, la passione invece trasuda. Ha il Rolex rossoblù, uno o forse due braccialetti in tinta, pensa Cagliari ventiquattr'ore al giorno, anche quando sorseggia un caffè (tazzina con logo) e controlla lo scorrere dei messaggi su uno smartphone dalla cover rigorosamente societaria. Si porta le sconfitte a casa, le rivede, le studia, ci soffre perché ha un motto - migliorarsi, sempre - che è diventata una regola di vita. Anche nei successi, da gestire con un profilo basso nonostante la cassa di risonanza sia fortissima, quando il Cagliari si prende tre punti.

Vita da manager del pallone, un'esistenza non semplice anche se rappresenta il sogno di un italiano medio. Mario Passetti, 40 anni, sposato, due figli, nel 2008 si porta a casa un master alla School of management dell'università Bocconi di Milano, poi passa per le direzioni commerciali di Tiscali e poi di Vodafone prima di salire sul treno di Tommaso Giulini, il Cagliari, nella locomotiva appena partita. Passetti conosce quasi per caso il proprietario del Cagliari, amicizie comuni e, poco dopo, obiettivi da condividere. Prende in mano la direzione commerciale della società, tre anni dopo - e siamo a oggi - si accomoda sulla poltrona di direttore generale del club. "Un onore, ma anche un'enorme responsabilità ricoprire questo ruolo nella squadra del mio cuore". È la primavera del 1981 quando il piccolo Mario, scolaro di prima elementare, entra per la prima volta al Sant'Elia: si giocava Cagliari-Catanzaro, campionato di Serie A, finì 2-1 per i rossoblù di Mario Tiddia. "Ho un ricordo, nitido, il nome di Palanca sul tabellone".

Oggi quel bambino dirige un club nella top ten del tifo nazionale, con un impressionante seguito in giro per il mondo, tra tifosi, simpatizzanti e appassionati. "Un valore incalcolabile".

Passetti, guidava settori delicati come la comunicazione e il marketing, a un certo punto Tommaso Giulini ha deciso di investire su un manager fatto in casa. Ora deve seguire tutto. Come cambia il suo lavoro?

"Lo ripeto, è un onore. Il mio compito è cambiato e ora la visione è più completa. Responsabilità in aumento, obiettivi da condividere con tutta l'organizzazione. Ma si cresce soprattutto quando ci sono capi che ti apprezzano e colleghi bravi intorno a te. Tutto il Cagliari sta crescendo e questo può avvenire per la grande competenza di chi ci lavora. Ci tengo a fare un nome, quello di Carlo Catte, il nostro amministratore delegato, che da quindici anni tiene i conti della società".

La prima stagione da "dg" e i temi forti non mancano. La squadra scivola tre volte di fila ma la vostra reazione è tutt'altro che scomposta. Un tempo non era così.

"Il nostro valore si misura in base ai risultati, sia chiaro. Ma a Cagliari si creano situazioni surreali quando la squadra perde, perché tutti mettono in discussione l'allenatore. Noi pensiamo che se è vero che quando si vince, si vince tutti assieme, la regola debba valere anche in caso di insuccesso. Per un anno, il primo, abbiamo pensato solo a cambiare la guida tecnica e avete visto i risultati. È ora che si cambi atteggiamento".

Però dopo la sconfitta di Napoli qualcosa è successo.

"Sì, ci siamo riuniti la mattina dopo e abbiamo concluso che tutti, e sottolineo tutti, dobbiamo dare di più, lo meritano i nostri tifosi. Ci sono cinque o sei giocatori in grado di dare un contributo decisivo e diciamo che nelle ultime tre uscite, questo contributo è mancato. Ma fidatevi, il Cagliari ha un potenziale ancora inespresso, il lavoro paga sempre".

A proposito, a gennaio correggerete qualcosa o è presto per dirlo?

"Tutto si può migliorare".

Avete in casa un giocatore che sta diventando uno dei volti del calcio italiano. Si chiama Barella. Che programmi avete per lui?

"Per noi è stata una soddisfazione indescrivibile la sua convocazione nella Nazionale maggiore. Fra il giocatore e il presidente c'è un rapporto speciale, penso che sarà difficile che il Cagliari se ne privi. Noi vogliamo costruire ogni anno una squadra sempre più competitiva, per questo è importante che i migliori rimangano. Ecco perché stiamo lavorando ai rinnovi di Cragno, Ionita e anche Barella".

Direttore, che obiettivi ha il Cagliari? I tifosi gradirebbero sapere.

"La nostra è una società ambiziosa. L'obiettivo è mantenerla solida e sana sotto il profilo finanziario. Siamo sicuri che un lavoro serio, sia incrementando il numero dei tifosi lontano dalla Sardegna che investendo sul settore giovanile, ci porterà a risultati importanti".

L'immagine è cambiata, siete riconoscibili sia dentro che fuori dal web.

"I nostri followers sono quasi un milione, questa squadra ha un patrimonio affettivo che deve essere ulteriormente valorizzato. Tre anni fa, portavo in giro i miei figli e si vedevano solo magliette di Tevez e Messi, oggi ce n'è sempre una del Cagliari. Non è poco".

Avete smesso di migrare. Uno stadio è in piedi, dell'altro però ne sappiamo poco.

"Da un mese a questa parte nessuno, tra colleghi, amici e semplici conoscenti, mi chiede più dove giocheremo o stiamo giocando. La Sardegna Arena è un concetto ben chiaro a tutti, e ringrazio chi ha contribuito a questo traguardo. Il nuovo stadio? I lavori non si fermano, stiamo per cominciare la selezione dei progettisti per arrivare alla scelta. Quindi l'analisi del progetto, il bando di gara e il via alla costruzione. Serviranno tre o quattro campionati, non bisogna avere fretta. Di certo, nel nuovo stadio troveranno posto le statue di Riva e dei suoi compagni dello scudetto".

Intanto domani sarà inaugurato il museo all'Arena.

"Il giusto tributo alla nostra storia, uno sguardo al passato per andare avanti con orgoglio".

Come si lavora accanto a Tommaso Giulini?

"Bene. È un presidente sul pezzo, attentissimo alla gestione del club. Tutti, ma lui in primis, siamo stati scossi dalle vicende che hanno coinvolto la Fluorsid e i nostri quattro colleghi in particolare. Ci auguriamo che quanto emerso quest'estate porti a una conclusione positiva della vicenda. Nel Cagliari, quella di Giulini è una guida ferma, non si spiegherebbe la realizzazione di uno stadio dal nulla in 127 giorni".

Il cuore rossoblù, uno scenario positivo, buoni sentimenti e prospettive allettanti. Ma ci sarà qualcosa che non quadra? Qualcosa che non le va giù?

Pausa.

"Sì. Domenica arriva il Genoa e per noi non sarà una partita come tutte le altre. Il pubblico può fare la differenza e credo sia ora che la Sardegna Arena registri il tutto esaurito. Ce lo meritiamo. Cari tifosi, venite allo stadio, abbiamo bisogno di voi".
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