«Il trasferimento dal carcere di Uta al Pagliarelli, in Sicilia, lascia basiti. A fronte di un alleggerimento delle condizioni processuali, essendo venuto meno il reato di associazione mafiosa, c'è stata una "compensazione" con l'aggravamento delle condizioni detentive».

Scoppia il caso sul trasloco da una cella sarda a una di alta sicurezza in Sicilia deciso per il  primario di terapia del dolore del Binaghi (poi al Marino) Tomaso Cocco, arrestato tre mesi e mezzo fa nell’ambito dell’inchiesta Monte Nuovo della Dda di Cagliari, che ha ricostruito una presunta rete d’affari tra criminalità del Nuorese e colletti bianchi.

A sollevare numerose perplessità, dopo la notizia pubblicata da L’Unione Sarda, è la garante dei detenuti Irene Testa, che si dichiara preoccupata per le «pessime condizioni di salute sia fisiche sia psichiche nelle quali l’avvocato Rosaria Manconi ha trovato il suo assistito».

Le questioni sulle quali fare luce, spiega Testa, sono due: «Un detenuto non può essere trasferito a oltre 200 chilometri dalla propria residenza per il rispetto del principio di territorialità della pena. Non si comprende poi perché Tomaso Cocco sia stato trasferito in un carcere affollato quando nell'isola non mancano i posti. Siamo purtroppo l'isola che ospita più di mille detenuti che arrivano da fuori regione», sottolinea Testa, «proprio per scontare da noi reati in regime di alta sorveglianza. Per questo risulta incomprensibile il trasferimento del detenuto. Chiederò di visitare Cocco al più presto per accertarmi rispetto al trattamento e alle condizioni di salute nelle quali si trova». 

(Unioneonline/E.Fr.)

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