Sono passati alcuni anni ormai dal meraviglioso discorso di Pepe Mujica, presidente uruguaiano, alle Nazioni Unite. E ancora riecheggia quella sua insistente domanda: perché oggi una lampadina dura in media un anno quando a Livermore, in California, la celebre lampadina da 4 watt dei vigili del fuoco è accesa dal 1901?

Settant'anni sono invece passati dalla scomparsa dei fratelli Collyer, agiati newyorkesi ritrovati cadaveri, nella loro casa, sotto 180 tonnellate di oggetti compulsivamente accumulati nel tempo. Ai Collyer sono stati dedicati alcuni romanzi, oltre al nome della malattia: la disposofobia, nota anche come sindrome di Collyer.

Cos'hanno in comune le due cose? Apparentemente nulla. La prima evoca la cosiddetta obsolescenza programmata: quella del cartello "Phoebus" che, già nel 1924, portò una standardizzazione nella produzione delle lampadine ad incandescenza al fine di limitarne la vita a circa 1.000 ore di esercizio. Qualcosa di simile è avvenuto per le calze da donna: quando la DuPont capì che il nylon era troppo resistente, i suoi ricercatori studiarono come fare maggiori profitti indebolendo la fibra. Doveva smagliarsi più rapidamente. Arcinoto, da ultimo, il caso Apple: la batteria dell'iPhone doveva scaricarsi rapidamente per essere sostituita.

La seconda vicenda: quella dei fratelli Collyer riflette invece come la dimensione degli oggetti di consumo può condizionare i comportamenti umani. Infatti nello stesso anno della loro morte (1947) Erich Fromm denunciava una società ossessionata dagli averi, nella quale gli slogan pubblicitari ribadiscono che la nostra identità è legata ai beni che possediamo, invitandoci a comperarne sempre di nuovi, pur consapevoli che non li consumeremo mai.

In effetti un noto designer statunitense, Clifford Brooks Stevens, ha spiegato come l'obsolescenza programmata sia anche "instillare nell'acquirente il desiderio di comprare qualcosa di appena un po' più nuovo un po' prima di quando sia necessario". Il che significa che si può lavorare sul prodotto o sul suo consumatore allo stesso tempo: riducendo la vita del primo e manipolando il cervello del secondo. Esito: prodotti meno durevoli, maggiori costi, più consumo di materie prime, più impatto ambientale e più forme di dipendenza comportamentale: strike!

Al fondo c'è - ormai evidente - una totale alterazione delle relazioni tra uomo e oggetti che produce sempre maggiori forme di dipendenza. Così la maniacale frequentazione del cellulare libera il neurotrasmettitore "dopamina" innescando una sensazione di gratificazione nel rimanere sempre in suo possesso, possibilmente connessi. Dalla crasi inglese "no-mobile-phone-phobia" è dunque derivato il neologismo "nomofobia", oggi considerata una vera e propria patologia comportamentale.

Idem per lo shopping online compulsivo: comporta la perdita del controllo, l'alterazione della percezione e significative ricadute sul comportamento e sull'indebitamento personale (lo dice una ricerca francese, Duroy et al, 2014) .

Il tutto condito con nuovi, conseguenti costumi di massa: socializzazione nei centri commerciali, alterazione dei bisogni percepiti e conseguente disagio nel non poterli soddisfare, diversità e forme di esclusione sociale indotte da mancanza di beni visti come essenziali, logiche proprietarie come fratture familiari e comunitarie. Della serie: un giocattolo a un figlio e uno, di diverso colore, all'altro: non sia mai che si possa regalare una cosa ad entrambi educandoli così alla condivisione.

Questa breve, un po' caotica carrellata si chiude con le immagini, di qualche giorno fa, dell'aereo della compagnia russa Aeroflot in fiamme sulla pista di Sheremetyevo: alcuni passeggeri, nel tentativo di portarsi via i bagagli, ostruivano la via di uscita dall'aereo. Bilancio: 41 morti; anche qui i beni di consumo hanno la meglio sulle vite umane.

Morale: stiamo assistendo ad una progressiva manipolazione delle coscienze ad opera di vere e proprie armi di distruzione culturale di massa che producono infelicità, disturbi comportamentali e ci stanno facendo devastare il pianeta: anch'esso ormai ad obsolescenza pianificata. Tra poco arriverà pure l'intelligenza artificiale a sgombrare definitivamente il campo dal poco pensiero critico rimasto.

Aldo Berlinguer

(Università di Cagliari)
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