«Se perdi i genitori ti chiamano orfano, se muore tua moglie sei un vedovo. E quando perdi un figlio?», si chiede Giampietro Ibba.

Fotogrammi: è il 24 ottobre del 2008, mancano pochi minuti alle 22, Chiara Ibba sta tornando a casa, su una Twingo, insieme a due amici. Nell'Asse mediano di Cagliari l'auto finisce contro il guard rail, all'altezza di via dei Carroz. L'impatto è violentissimo, il suo corpo viene sbalzato fuori. Finisce nella strada di sotto. «È morta sul colpo», commentano i primi soccorritori. Aveva compiuto da poco diciotto anni, studiava al Siotto, aveva voglia di vivere e tanti sogni da realizzare.

Otto anni dopo la tragedia che ha spento il sorriso di Chiara, Giampietro, medico del Brotzu, non ha ancora superato il dolore.

«Per un figlio perdere un genitore è quasi scontato, prevedibile. Quando capita il contrario penso sia più complicato, forse perché uno non se lo aspetta», osserva. «Chi pensa che il tempo curi le ferite sbaglia. Mia moglie dice che da quando Chiara è morta è come se si sia fermato, ed è così anche per me».
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