Pubblichiamo oggi le riflessioni di Ciriaco Offeddu sul tema Sanità, alla luce dell'articolo 32 della Costituzione secondo il quale "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti".

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Se vi dicessero che trenta anni in più di aspettativa di vita costano 600mila euro; che, con un'ulteriore aggiunta di 300mila euro, potreste arrestare la caduta dei capelli, il calo della virilità e la debolezza delle ossa, cosa fareste? Non sto parlando di fantascienza, scusate, ma di affari, perché per inquadrare i problemi che stiamo affrontando nella Sanità, si deve innanzitutto sapere che la salute è il più grande business del futuro, e su di essa è in atto una guerra che spiega molte mosse e posizioni.

Intanto, ricordiamoci che l'articolo 32 della Costituzione stabilisce che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti". Altrettanto chiaro e importante è quanto sintetizzato dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 275 del 2016: "È la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione".

La salute è il primo dei diritti incomprimibili del cittadino italiano, il fondamentale valore base dell'esistenza. Eppure, mentre dal 2000 al 2008 la spesa pubblica per la sanità è aumentata del 14%, dal 2008 a oggi essa è rimasta pressoché invariata, il che, a fronte dell'invecchiamento della popolazione e delle nuove esigenze emerse, tra tutte l'immigrazione, vuol significare un pesante de-finanziamento del sistema. A riprova, nello Non fatevi ingannare dalle sistematiche narrazioni che invocano una "razionalizzazione”: ancora oggi le siringhe costano dieci qui e venti là, ma questo perché la mala gestione e la corruzione sono state nutrite e non sconfitte.

Il problema è diverso. La spesa annuale per la sanità tocca in Italia i 150 miliardi di euro. Di questi, 113 sono a carico dello stato e 37 ormai a carico dei cittadini. Già oggi - non ve l'avevano detto - i cittadini contribuiscono al 25% circa della spesa totale, percentuale come visto in crescita. Nonostante la salute sia un diritto incomprimibile, lo ripeto, le esigenze di bilancio dettateci dall'Unione Europea hanno portato a richiedere alla Sanità i sacrifici più cospicui, con consequenziale riduzione dei presidi, contrazione della formazione e dei LEA, livelli essenziali di assistenza, allungamento dei tempi e deterioramento dei servizi erogati. Mentre le classi intermedie sono toccate nelle tasche (ormai i consumi che crescono sono solo quelli per la salute), i più colpiti sono i più poveri, i pensionati e le fasce deboli della popolazione, quanti non possono permettersi le integrazioni di sanità privata.

Si sta dunque generando, contro i dettami della nostra stessa Costituzione, una pesante e crescente iniquità. Consesso di volpi, moria di galline, al solito. Non solo. Se ci riferiamo al "Territorio Arretrato" che è ormai la nostra Sardegna, l'intervento doveroso sulla Sanità avrebbe potuto seguire due macro direttrici: quella di un pesante investimento fatto non solo per garantire la Costituzione, ma anche per arricchire le strutture aggiungendo centri di ricerca e motori di sviluppo del territorio (si pensi solo alla valenza del patrimonio genetico sardo e alle sue implicazioni), considerando dunque la Sanità non un costo ma una leva di rilancio e attrazione; quella invece in atto, contraddistinta da de-finanziamento, centralizzazione e, appunto, "razionalizzazione", che non fa altro che adeguarsi all'accelerazione del declino e alle pretese della lontana Europa. Non voglio ora addentrarmi nel piano (che mi auguro venga cancellato) che affossa il territorio interno e le zone rurali, quanto marcare che esso rispecchia una visione neoliberista che vede nei 113 miliardi di spesa pubblica una torta d'irresistibile attrattività. Società di assicurazioni, strutture private e investitori esteri (vi ricorda qualcosa?) sono pronti a precipitarsi su un piatto che l'Italia apparecchia con i soliti metodi da colonizzati-colonizzatori, dimenticando per strada la Costituzione.

Se lo permettiamo, ci sarà da una parte il solito dieci per cento di volpi che potrà campare sino a 130 anni con il pelo liscio, e dall'altra il novanta per cento di galline, semi-schiavi ciechi e senza denti, con aspettativa di vita in caduta. Volevamo questo spaccato sociale?

Ciriaco Offeddu

Manager e scrittore
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