Ha compiuto vent'anni la Zona franca in Sardegna, da quel 10 marzo 1998 in cui i Governi nazionale e regionale, con un accordo storico, decisero di dare attuazione all`art.12 dello Statuto sardo che prevede la istituzione, in Sardegna, di punti franchi. Col D.lgs n.75 del 1998 si vollero così istituire zone franche doganali nei porti dell'isola e nelle aree ad essi funzionalmente collegate e collegabili, partendo con una prima localizzazione a Cagliari.

Mancava solo la proposta della Regione per consentire al Presidente del Consiglio, con DPCM, di istituire la zona franca, nel rispetto dell'autonomia speciale della Sardegna e del Codice doganale europeo.

Ma quella proposta non è mai arrivata, e con essa il correlato piano di sviluppo economico della Sardegna. I vari governi regionali si sono cimentati in ogni adempimento immaginabile, meno quello previsto dal D.lgs 75/98: hanno tentato di attuare la zona franca con legge regionale, estendendola a tutti i consorzi industriali dell'isola; chiesto alla UE di modificare il codice doganale; avviato le procedure per emendare lo Statuto; fino a rimettere ogni decisione al Prefetto della Repubblica, salvo poi pentirsene tentando nuovamente di istituire zone franche locali (Olbia, Portovesme, Sant`Antioco eccetera).

La politica ha così certificato la propria inidoneità ad esercitare il mandato attribuitole dallo Statuto sardo e dalla legge statale, rimettendo il futuro della Sardegna nelle mani dello stesso, incredulo, Stato italiano.

Si è quindi implicitamente ammesso ciò che, da anni, molti sospettano. Ricordiamocelo quando sentiamo i consueti lamenti per la sovranità tradita, l'arroganza capitolina, l'egemonia coloniale. Essi non esprimono un autentico sentimento autonomista. Esprimono -molto spesso- il vuoto pneumatico. E un malcelato inganno per i sardi che credendo nell'ennesimo esproprio romano finiscono nell`immobilismo retorico della politica isolana: dalla padella nella brace.

Oggi, col d.l.91/2017, arrivano le zone economiche speciali (ZES). La Sardegna può individuare 27 chilometri quadrati di aree portuali e retroportuali ove verrà creato un regime favorevole alle imprese. Anche per la ZES occorre un DPCM. Lo stesso col quale sarebbe possibile istituire la Zona franca doganale. Alcuni hanno dunque eccepito che la Sardegna (grazie al D.lgs 75/98) risulta così favorita: unica Regione in Italia a poter istituire all'unisono Zona franca doganale (ZFD) e ZES, magari con lo stesso piano strategico. Ma la Regione sarda ne è consapevole?

Anche sulla ZES sorgono dubbi. Pare che si limiti alle sole zone portuali con ben poca ricaduta sulle aree interne; un "effetto ciambella" antitetico alla filosofia delle ZES: promuovere l'integrazione tra porti e aree industriali retrostanti, favorendo le lavorazioni delle merci (non il solo transhipment), l'export e l'economia interna, debilitata -com`è- dalla flebile domanda e dagli ingenti costi, inclusi quelli di trasporto.

Così, territori come Ottana o Orosei rischiano di restare fuori dalla ZES, mentre in altre Regioni vengono incluse aree distanti anche 100 km dal porto di riferimento, come avviene in Campania (con 29 siti ZES), Puglia, Basilicata..ecc.

Insomma: non ZES e zona franca doganale ma una sola ZES con estensione portuale, o poco più; peccato perché gli indicatori economici della Sardegna non lasciano ben sperare. E il dato demografico è deprimente: 68 abitanti a chilometro quadrato. Terz'ultimi in Italia, sotto il Molise e sopra Basilicata e Val d'Aosta, quest'ultima però con 35.000 euro di pil/procapite annuo, a fronte dei 20.000 della Sardegna.

Peccato anche perché si destinano risorse economiche alle aree interne dimenticando di far convergere tra loro i vari strumenti di sviluppo e coesione, come appunto le ZES che, da sole, possono ben poco. Così le risorse non si sommano, si perdono in mille rivoli.

Trascurato anche il vero banco di prova per la Sardegna: un regime di fiscalità differenziata per tutta l'isola che possa competere con le Canarie e con tutti quegli "statuti fiscali speciali" che, dentro e fuori l'Unione Europea, dimostrano di attrarre investimenti e imprese. Lo chiede, da troppi anni, un vasto movimento di cittadini, al quale non può certo rimproverarsi di non aver -loro- individuato le misure normative adeguate.

In ogni caso, non c'è da illudersi: i partiti, vecchi e nuovi, hanno già ripreso a sciorinare, urlanti, la tiritera della zona franca, la quale, il giorno dopo le elezioni regionali, verrà invariabilmente messa in soffitta. Anzi, siamo quasi alla pensione. Sono passati settant'anni dall'art.12 dello Statuto sardo, presto arriveremo a "quota 100".

Aldo Berlinguer

(Ordinario all'Università di Cagliari)
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