«Per anni nessuno si è occupato di noi, dicevano che eravamo destinati a scomparire. Adesso che tutto chiude si accorgono che svolgiamo un servizio pubblico essenziale. Noi siamo qui, tutte le mattina al nostro posto, prendendoci rischi enormi perché la gente ha bisogno d'informazione di qualità e si è resa conto dell'importanza dei giornali. Ma quando sarà finita l'emergenza spero ci si ricordi del sacrificio che abbiamo fatto e si intervenga per aiutarci a non scomparire, ad iniziare dagli editori».

Antonio Durzu si tira giù la sciarpa avvolta sul viso e sorride. La sua edicola, all'angolo fra via Roma e viale Regina Margherita, è una delle più antiche di Cagliari. La strada, di solito trafficatissima, è deserta. Ma lui non fa una piega: «Siamo qui perché ce lo chiedono, non ci tiriamo certo indietro».

La solitudine

Solitudine e orgoglio. La vita da edicolante nei giorni surreali dell'epidemia da Covid-19 è difficile, come sospesa. «Siamo soli ma andiamo avanti - conferma Massimo Ibba, che lavora in un'altra rivendita storica, quella di piazza Garibaldi -. Se temiamo per la nostra salute? Certamente, non abbiamo mascherine di ricambio e siamo costretti a lavare più volte le stesse, anche i guanti non si trovano più e fra un po' resteremo senza. Nessuno poi ci ha dato disposizioni, ad esempio non abbiamo barriere divisorie. Io so solo che come sempre mi devo alzare alle 4.15, per essere qui alle 5.30 e aprire alle 6. La poca gente in giro è spaventata, triste e irrequieta. Però i giornali sono tornati un punto di riferimento, li vendiamo di più. Tutto il resto invece resta sullo scaffale».

Affari a picco

Roberto Tronci, titolare dell'edicola di piazza Bellu, allarga le braccia. «La polizia circola con gli altoparlanti per dire di stare a casa ma c'è anche tanta voglia di informazione, di sapere cosa sta succedendo. Così però è difficile: questa settimana ho incassato la metà rispetto alla scorsa, la città è semi deserta e hanno chiuso tutto: tribunali, scuole, negozi. La gente è terrorizzata ma anche noi non ci sentiamo al sicuro, io mi sono fatto fare le mascherine ma molti entrano senza. E qua sono venuti anche clienti lombardi: non so che ci facessero ma girano già da fine febbraio».

Servizio a domicilio

La paura c'è, insomma. Tanto che in queste ore si sta anche lavorando per attivare un servizio di consegna dei quotidiani a domicilio. Tronci però mette le mani avanti: «La proposta prevede che sia a carico nostro e se devo pagare una persona non mi rimane niente. Le cose si fanno bene, si riuniscano edicolanti ed editori e si faccia un progetto dividendo le spese. Lo ripeto: la voglia d'informazione c'è ed è anche grande». Roberta Loddo, che da tre mesi ha riaperto l'edicola di piazza Repubblica, la pensa allo stesso modo: «Mi è arrivata la proposta di adesione ma penso di non darla perché sarebbe tutto a spese nostre. Se qualche cliente fedele me lo chiede il quotidiano a casa glielo porto volentieri ma non come servizio, non possiamo permettercelo. La paura fra noi c'è, anche perché ci sono tanti anziani in giro, escono ogni giorno e non solo per comprare il giornale. Cosa leggo nei loro occhi? Il desiderio che finisca subito questo incubo. Che è la stessa cosa che ci auguriamo tutti».

Massimo Ledda

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