Ventinove luglio nell’anno del tracollo di Cin-Tirrenia. E’ notte inoltrata. Il porto è quello di Livorno, il più maledetto della storia della navigazione verso la Sardegna. Agli ormeggi c’è la Nuraghes, la nave prima con una livrea bianca e azzurra e ora con una facciata fumettistica da Batman. Il comunicato non è ufficiale, scorre per messaggistica. La nave, destinazione Olbia stanotte non partirà. Le cause sono affidate al sottobosco: avaria del motore principale. La differenza sostanziale tra una nave e un qualsiasi mezzo di trasporto è elementare: viaggia in mezzo al mare carica di migliaia di persone. E si sa, in mezzo al mare, non ci sono piazzole di sosta per attendere soccorsi. Nemmeno un mese dopo, venerdì scorso, la stessa nave di Batman si ferma: fortunatamente non in mezzo al mare.

Nave bucata

C’è un buco nello scafo. Imbarca acqua. Il porto questa volta è quello di Olbia. Arrivano i subacquei. Si cerca il foro. Ovviamente le ricerche sono sotto la linea di galleggiamento. Gli accertamenti sono puntigliosi, almeno si spera. Non si tratta di una ruota bucata. Sotto osservazione c’è la tenuta di una nave che deve trasbordare, secondo le comunicazioni di radio porto, 1.700 passeggeri. Una cittadina media di Sardegna. Si parlotta sotto bordo: si tampona con resine ma il Rina potrebbe chiedere cemento a presa rapida. Rattoppi per trasportare una marea di gente in mare aperto. Prima il motore e ora le falle. Radio sentina parla di corrosione dovuta a corrente galvanica. Fuori uso potrebbero essere le protezioni catodiche. Nelle chat dei veterani di quella nave il giudizio è senza appello: sono fori causati da corrosione galvanica. Manca la verifica degli zinchi, ma se viene a mancare anche la protezione catodica è finita. Il tema sconfina nei tecnicismi dell’ennesimo fermo nave. Una sequenza devastante segnata da guasti e blocchi di ogni genere, senza distinzione di navi. E’ una questione ben più ampia che riguarda una compagnia di navigazione lasciata alla deriva che sta scaricando il disastro finanziario direttamente sulla questione più delicata della navigazione: la sicurezza. Il Moby Dada, affittata, dalla compagnia di famiglia a quella ex pubblica, ha aperto le danze d’agosto. Già a giugno, però, è andata in tilt, prima di partire da Cagliari per Civitavecchia. E’ rimasta cinque giorni ormeggiata al molo Ichnusa ad aspettare la grazia di qualche pezzo di ricambio. Nella capitale dell’Isola arrivano le carrette per eccellenza, la Moby Otta e la Moby Zazà. Nomi impropri con tanto di anagrafica del secolo e millennio scorso. Roba da far accapponare la pelle. Alla vigilia d’agosto, il 19 luglio, era stata ancora una volta la Moby Dada a lasciare a terra i passeggeri nel molo di Ponente nel porto di Cagliari, libero dai silos esplosi a ritmo messicano. Questa volta non ci sono guasti al sud, semplicemente il fermo è al nord, ad Olbia: la Moby Tommy va in tilt con l’impianto elettrico. Se ne accorgono presto ma non riusciranno a farla ripartire. Riescono, però, a far partire anzitempo la Moby Dada da Cagliari, lasciando a piedi tutti i 300 passeggeri che attendevano di essere imbarcati per Civitavecchia.

(Foto L'Unione Sarda)
(Foto L'Unione Sarda)
(Foto L'Unione Sarda)

Procura in campo

Il disastro non lascia indifferente la Procura di Genova, alle prese con il crollo del ponte Morandi. Il blitz che accende i riflettori sulla sicurezza della compagnia di Onorato scatta quando la nave è quasi piena. La Janas è ormeggiata nella calata della Chiappella, nel cuore del porto di Genova. Effige originaria della compagnia di Stato, l’unica che ha resistito all’avvento di Superman o Gatto Silvestro sulle fiancate. La destinazione, ancora una volta, è la Sardegna. La rotta tracciata è Genova-Porto Torres, partenza prevista 21.30. Partirà solo all’alba del giorno dopo. A fermarla, non con le buone, sono Capitaneria e Guardia di Finanza, insieme ai tecnici del Registro navale italiano. La Procura di Genova vuole accendere i riflettori su certificazioni e sicurezza, su manutenzioni e responsabilità. Tanti e infiniti guasti e incidenti a bordo di quelle navi non possono continuare ad essere ignorati. E l’ecatombe d’agosto, con overbooking di turisti verso la Sardegna, rischia di trasformarsi in una palese complicità con negligenza e totale stato di abbandono della flotta.

Autorità a bordo

Gli annunci, da quando l’estate è cominciata, sono tutti affidati all’altoparlante tra le poltrone: autorità a bordo della nave, partenza in ritardo. Si passa da un’ora a dodici ore di ritardo. La settimana prima a subire l’onta di un controllo inusuale, nel senso che prima in molti si tappavano gli occhi, era stata l’Athara, bloccata in porto, sempre a Genova, sino alle sei meno un quarto del mattino. Nonostante questo, e l’incalzare di incidenti e guasti, nessuno assume provvedimenti che probabilmente dinanzi all’incedere di tanti limiti alla sicurezza meriterebbero meno tentennamenti.

Fiamme sulla cargo

Ieri a tarda sera, intanto, la cronaca della disfatta registra un incendio a bordo di una nave cargo della Moby, la “Pietro Manunta”, ormeggiata, manco farlo apposta, nel porto di Livorno. Non c'è stato, fortunatamente, nessun ferito. A far scattare l’allarme un fumo intenso proprio nella sala macchine. La scena drammatica per quell’allarme incendio nel porto della tragedia della Moby Prince ha fatto scattare le immediate operazioni di Capitaneria e vigili del fuoco. Un'imbarcazione attrezzata per lo spegnimento dei pompieri portuali e un rimorchiatore dotato di idranti è riuscita a evitare il peggio. Più che un’estate di vacanze, un calvario di guasti. E non si tratta di un’imprevista fatalità di guasti.

Mauro Pili

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