È una storia di appalti e spy story internazionali, di ribassi d’asta senza precedenti nella pubblica amministrazione italiana e di intrighi giocati senza pudore nelle alte sfere della finanza mondiale. Nessuno potrà mai accusare Vincenzo Onorato, il patron maximum di Mascalzone Latino, di aver giocato al ribasso. Nemmeno quando, partecipando con la sua Cin – Tirrenia alla gara d’appalto per la continuità territoriale da Porto Torres – Genova, ha osato sfidare, senza timore alcuno, la magnanimità dello Stato spendaccione. Del resto negli uffici di Porta Pia, sede del Ministero dei Trasporti, erano abituati a dilapidare soldi a manetta pur di foraggiare il carrozzone della Tirrenia, prima di Stato e poi di Onorato. Un fiume di denari che ha portato nelle tasche del patron di Moby la stratosferica cifra di 560 milioni di euro in otto anni, salvo le proroghe e i soldi non pagati per l’acquisto della compagnia, tutto per gestire la partita della dis-continuità territoriale marittima con la Sardegna.

La faccia del Ministro

Chissà la faccia che avrà fatto ieri il Ministro dei Trasporti Enrico Giovannini quando gli è stato comunicato che Onorato, quello descritto come un prosciugatore indefesso di soldi pubblici, ha proposto un ribasso del 98% per aggiudicarsi la rotta tra il nord Sardegna e il primo porto italiano. Un colpo ad effetto che ha la forza d’urto di un terremoto, capace di scuotere non solo i palazzi del Potere di Roma, ma anche di far sussultare le prestigiose vestigia della Corte dei Conti.

Gara Invitalia

La gara è targata Invitalia, la longa manus di Stato, agenzia factotum guidata da quel Domenico Arcuri, già passato alla storia come il più grande acquirente di mascherine al mondo al tempo di Covid. L’evidenza pubblica del procedimento non è tracciata con la velocità di un fulmine. Prima di risalire all’appalto bisogna attraversare i meandri nascosti delle mille attività della “Compagnia delle Opere di Stato”.

Offresi 25 milioni

Quando ti imbatti sulla gara il titolo è esemplificativo: «Procedura aperta per l’affidamento in concessione del servizio pubblico di trasporto marittimo di passeggeri, veicoli e merci tra Genova e Porto Torres e viceversa con obblighi di servizio pubblico per la continuità territoriale marittima». Il cuore della gara è sintetizzato: lo Stato darà complessivamente 25,81 milioni di euro per 5 anni alla compagnia di navigazione che farà la miglior offerta al ribasso per lo svolgimento del servizio. E’ ovvio che lo Stato, indicando quella cifra, avrà fatto un’analisi puntuale del mercato, dei costi, del tipo di servizio da offrire. Quei 25 milioni e ottocento mila euro sarebbero dovuti essere, secondo gli auspici della normativa europea, la cifra più oggettiva possibile per definire il costo reale del servizio: carburante, personale, assicurazioni, noleggio navi o ammortamenti.

Costi inventati?

Costi teoricamente parametrati con i potenziali flussi di cassa derivanti dalla vendita dei biglietti, considerando stagioni ricche e povere. Insomma, lo Stato non poteva sbagliare. Doveva fare gli interessi, in teoria, dei cittadini e, nel contempo, delle casse pubbliche. Invece, Onorato, colui che ha incassato dagli stessi uffici una montagna di denaro pubblico per una continuità territoriale inesistente, sbaraglia a modo suo, con un’offerta boomerang, sia per gli uffici di Porta Pia che per la stessa Invitalia.

Il ribasso choc

Il ribasso del Patron di Mascalzone Latino semina il terrore nei palazzi, gli stessi che lo hanno riempito di soldi, probabilmente quando non ce n’era alcun bisogno. A sconfessare se stesso, e il Ministero, è proprio lui, quel giocatore d’azzardo senza regole, che offre, seppur in regime di fatto commissariale, un ribasso che non ha precedenti nella storia della pubblica amministrazione.

La grande rinuncia

Con quell’offerta che stravolge ogni previsione Onorato ha rinunciato alla bellezza di 25 milioni e 200 mila euro, tanto avrebbe guadagnato per 5 anni di collegamenti da e per la Sardegna. Si “accontenta”, invece, di poco meno di 500 mila euro. Lo Stato, dunque, ha clamorosamente “sbagliato” il calcolo dei costi del servizio di “appena” 25 milioni. La Corte dei Conti non starà a guardare, qualora la gara non venisse annullata per offerta anomala. Di certo il contropiede di Onorato lascia un segno tangibile nel futuro e, soprattutto, nel passato.

I regali di Stato

Il quesito che scatena è dirompente: per quale motivo lo Stato ha elargito 72 milioni di euro all’anno per otto anni se adesso Onorato, un anno dopo la scadenza di quella convenzione, può rinunciare al 98% degli incentivi sulla rotta da Porto Torres per Genova? Una domanda da mille e un pensiero per coloro che hanno liquidato quelle cifre spropositate dichiarandole come compensazioni indispensabili per coprire i costi di servizio. L’offerta a perdere di Onorato si traduce in un sol modo: quella rotta la faccio senza prendere soldi pubblici, mentre i denari che ho intascato negli anni passati erano un vero e proprio regalo di Stato.

Poker sul mare

C’è di più, il giocatore di poker sul mare aveva presentato nelle scorse settimane anche un ricorso al Tar Lazio per impugnare il bando di Invitalia, salvo, poi, partecipare alla gara con quel ribasso stratosferico presentato alle 16.46, 14 minuti prima dello scadere del termine fissato per le diciassette del 23 agosto scorso. Roba da manuale. L’appalto, per adesso, è suo, salvo colpi di scena: per 5 anni dovrà posizionare su quella rotta due navi merci - passeggeri di età non superiore a 20 anni, per non meno di 750 passeggeri, di cui 450 in cabina, mille metri lineari di corsie per i mezzi pesanti e 500 auto.

Da Porta Pia a Manhattan

I colpi di scena sui mari sardi, però, si giocano a tutto campo, da Porta Pia alla Corte di Giustizia del distretto sud di New York, nel cuore di Manhattan. La contesa non ha confini e Onorato decide di giocare sino in fondo la partita più delicata, quella del 13 dicembre, quando i suoi creditori dovranno decidere con un voto se portare le sue compagnie dritte dritte al fallimento oppure tentare di salvarle.

Artiglieria pesante

Di certo l’artiglieria pesante è pronta a scendere in campo. Il passaggio compiuto martedì a New York dal patron di Mascalzone Latino ha un obiettivo esplicito: immobilizzare, con una decisione della Corte di Giustizia americana, i suoi principali nemici, i fondi statunitensi, che hanno in “pancia” una parte importante di quel bond da 300 milioni di euro, lo stesso che i mercati gli hanno finanziato per scalare la Cin-Tirrenia.

New York docet

Onorato sa bene che le sorti delle sue compagnie saranno segnate se da New York arriverà il pollice verso dei fondi che detengono una parte rilevante di quel credito. In molti sono convinti che solo il “fallimento” possa portare al recupero certo del reale valore delle navi e ripagare così una parte importante del debito di Onorato. La mossa americana è, dunque, l’ultima trovata per tenere aperta la partita e tentare di scardinare il nemico.

Avvocati mondiali

Per giocarla Moby ha messo in campo uno degli studi legali più scafati al mondo: Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan. Uno studio da 875 avvocati, 27 uffici, 4 continenti e 10 Paesi, 70 miliardi di dollari vinti per conto dei loro clienti e l’86% di vittorie in arbitrati e giudizi. Uno stuolo legale imponente che lascia comprendere il peso della partita in gioco. Del resto il “nemico” che Onorato ha scelto di contrastare non è un commerciante di rose e fiori nella quinta avenue.

Banca stellare

La Moby ha citato in giudizio nientemeno che Morgan Stanley, una delle più grandi banche d’investimenti al mondo, uffici in più di 42 paesi, 60.000 dipendenti. Tra i suoi clienti governi, istituzioni e i grandi della finanza. Mascalzone Latino vorrebbe impedire che il quartier generale della banca, nel cuore di Broadway, nel Morgan Stanley Building, possa in qualche modo gestire la partita finale, quella del salvataggio o del fallimento. A dare notizia dello scontro titanico è Bloomerg, il più grande media finanziario al mondo, che sintetizza il contendere: «Morgan Stanley e due dei suoi principali operatori di crediti in difficoltà sono stati citati in giudizio da Moby SpA. La compagnia afferma di avere registrazioni che mostrerebbero come la banca e un investitore stavano segretamente cercando di prendere il controllo della Moby». La causa, depositata martedì scorso a New York, descrive registrazioni effettuate da un pool di 007 dalle quali emergerebbe un'alleanza segreta per controllare la società di Onorato.

Intrighi & fallimenti

La denuncia è pesante. Il fascicolo punta a sostenere che Morgan Stanley avrebbe nascosto la proprietà del 10% delle obbligazioni della Moby mentre lavorava con Antonello Di Meo, un ex dipendente di Sound Point Capital Management, il tutto per far saltare il piano di ristrutturazione predisposto dalla Moby. L’obiettivo di Onorato è messo nero su bianco: Moby chiede un'ingiunzione del Tribunale che impedisca agli imputati di acquistare o vendere debiti o beni Moby o di interferire con la loro ristrutturazione. Il 5 ottobre prossimo a New York si decide. I giudici togati americani saranno chiamati a dirimere l’intrigo internazionale. Il futuro del trasporto via mare, da e per la Sardegna, ora passa, persino, da Broadway e Manhattan.

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