Hanno deciso di patteggiare tutti, tranne il notaio cagliaritano Carlo Mario De Magistris e Antonio Milia: il primo ha scelto il rito abbreviato, mentre per il secondo è stata disposta una perizia psichiatrica.

Potrebbe chiudersi quindi con una raffica di patteggiamenti il processo sul presunto riciclaggio di soldi sporchi incassati grazie allo spaccio di droga. Un procedimento nato da uno stralcio dell'indagine della Dda sfociata nell'inchiesta sul traffico di stupefacenti contro Graziano Mesina e il boss Gigino Milia.

I difensori hanno già concordato le pene con il procuratore aggiunto Gilberto Ganassi, titolare dell'inchiesta, e nella prossima udienza, il 22 luglio, la parola passerà al gup Giovanni Massidda per la decisione. Nel dettaglio, hanno chiesto di poter uscire dalla vicenda giudiziaria con pene sino a due anni (per poter beneficiare della sospensione condizionale) Maria Rosaria e Giovanni Milia ( sorella e fratello di Gigino Milia), Ignazio e Dalmazio Lampis, tutti e quattro difesi dall'avvocata Simona Spada. Ancora: hanno chiesto il patteggiamento Antonio Samuele Seda (due anni), Isabella Lecca (un anno e dieci mesi) e Giampiero Caddeo (un anno, nove mesi e dieci giorni più oltre duemila euro di multa), assistiti dai legali Roberto Delogu, Riccardo Floris e Giuseppe Pes.

I tre fratelli di Milia, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sono stati autori della demolizione e ricostruzione di una casa, con soldi che il pm ritiene intascati dallo spaccio, e di presunte fittizie intestazioni di proprietà di terreni ad Annarella Lampis (la moglie di Gigino Milia). Tutti gli altri, ovvero Caddeo, i due Lampis, Lecca e Seda avrebbero versato per conto di Milia nelle filiali della Banca d'Italia di Cagliari e Oristano milioni di lire in banconote stampate negli anni Ottanta e Novanta ricevendo in cambio centinaia di migliaia di euro consegnate poi a Gigino Milia.

Su consiglio dei difensori (Rodolfo Meloni e Luigi Concas) ha invece scelto il rito abbreviato il notaio De Magistris, al quale vengono contestati alcuni atti di compravendita e di non aver verificato la possibile natura sospetta di quegli affari, mentre avrebbe dovuto identificare gli autori di grosse movimentazioni finanziare e segnalarli alle autorità competenti.

Veronica Nedrini

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