C’è chi lo considera troppo morbido con Israele, perché richiama un «plausibile rischio di genocidio» e non va oltre. Ma le critiche arrivano anche da un fronte diverso: Hamas è definito «gruppo armato radicale» e non organizzazione terroristica, come stabilito da 27 Paesi dell’Unione europea e da Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, e, dal 2019, anche dal Paraguay. 

Così continua a far discutere il documento approvato  lo scorso 30 settembre dal Senato accademico dell’Università di Cagliari, che interrompeva i rapporti con soggetti israeliani – ricercatori, agenzie e istituzioni – schierati in modo esplicito o direttamente connessi con le politiche militari del governo di Tel Aviv.

Tra le varie previsioni (come riconoscimento dello Stato di Palestina e favore verso la presenza e il rafforzamento di corridoi umanitari riservati agli studenti palestinesi e alla comunità accademica) c’era anche la richiesta «ai Dipartimenti, Facoltà e Centri di portare in approvazione nei rispettivi Consigli questo documento e farsi promotori della sua implementazione per quanto compete a ciascun organismo».

Domani, 2 dicembre, il tema è all’ordine del giorno del Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali. Un nutrito gruppo di docenti ha presentato un emendamento che richiama i mandati d’arresto emanati della corte penale internazionale  nei confronti di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant (senza citare quello contro il comandante delle brigate al-Qassam) e chiede di «modificare la clausola finale» della dichiarazione del 30 settembre «nella quale l’ateneo si impegna a “non attivare accordi di collaborazione con istituzioni accademiche israeliane compromesse con le azioni governative” inserendo un esplicito rifermento temporale che renda la stessa applicabile agli accordi in essere al momento e ne consenta l’estensione fino al pieno e accertato rispetto del diritto internazionale».

Una proposta di modifica che deriva dal «perdurare, nonostante la proclamazione del cessate il fuoco a ottobre 2025, delle operazioni militari condotte da Israele a Gaza, che continuano a colpire indiscriminatamente i civili palestinesi e che hanno causato oltre sessantamila vittime, di cui oltre diciottomila bambini, oltre centoventimila feriti e due milioni di sfollati». 

(Unioneonline/E.Fr.) 

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