Pur di agevolare le agenzie funebri "giuste" erano pronti a fare di tutto, anche cessare i panni dei necrofori e sostituirsi agli addetti ai lavori per vestire i morti prima ancora che giungesse l'ora indicata dalla legge per la chiusura delle bare, cioè 15 ore dopo il decesso.

Un trucco che agevolava la pratica e snelliva i tempi. Fin troppo come è stato accertati dai carabinieri grazie all'utilizzo di microspie e telecamere nascoste che hanno provato le ipotesi accusatorie e fatto scattare 20 arresti.

I carabinieri ipotizzano un patto tra le agenzie funebri e un gruppo di necrofori che lavorano in 5 ospedali di Cagliari.

Ai domiciliari sono finiti: Andrea Vacca, Piero Spiga, Paolo Atzeni, Ivano Tullio Arangino, Bruno Carta, Pietro Murgia, Agostino Di Francesco, Mario Onnis, Romano Congiu, Giorgio Locci, Umberto Fanni, Gesuino Cocco, Antonello Melis, Piero Usai, Marco Putzu, Ignazio Puddu, Mario Pinna, Ignazio Pilloni, Mario Palmas, Salvatore Furcas.

L'operazione "Caronte" è scattata a Cagliari, Quartu, Dolianova, Sanluri, Iglesias, Narcao e Isili e ha coinvolto 150 militari del Comando provinciale dei carabinieri di Cagliari con l'ausilio dell'elicottero di Elmas.

Oltre ai 20 destinatari delle ordinanze di custodia cautelare, altre 148 persone sono state iscritte nel registro degli indagati.

I reati contestati dal pubblico ministero Giangiacomo Pilia sono induzione indebita continuata in concorso, peculato continuato, truffa aggravata continuata, falso in atto pubblico continuato.

Si tratta dell'ultimo atto di una lunga e complessa attività d’indagine, denominata “Caronte” condotta dalla Stazione Carabinieri di Cagliari-Villanova dal 2013 al 2015.

Grazie alle intercettazioni ambientali e alle telecamere i militari hanno controllato gli indagati mettendo in luce un sistema che ha visto coinvolte e indagate 168 persone (tra cui le 20 arrestate) tra necrofori dipendenti di 5 ospedali cagliaritani e 11 agenzie funebri.

In particolare, le indagini hanno consentito di accertare come i necrofori avessero favorito sistematicamente alcune agenzie funebri compiacenti piuttosto che altre, aiutandole nella vestizione delle salme, permettendo loro di “incassare” i soldi per il defunto prima del tempo previsto dal regolamento di polizia mortuaria (non prima di 15 ore dal decesso), accelerando la relativa prassi burocratica, mettendo a disposizione la camera mortuaria più grande ed arrivando, in alcuni casi, a segnalare ai parenti dei defunti le agenzie “amiche” cui rivolgersi; il tutto in cambio di un compenso in denaro variabile tra 20 e 200 euro per servizio funebre (stimato su alcune migliaia all’anno).

Tale sistema consentiva ai necrofori di intascare un vero e proprio “secondo stipendio” (dai 1000 a 1500 euro al mese), per un giro d’affari stimato in mezzo milione di euro fino al settembre del 2015, ovvero al periodo in cui sono state chiuse le indagini. Ma tutte le persone coinvolte nell'incheista avrebbero portato avanti i loro affari fino a ieri mattina, continuando a incassare cifre a molti zeri.

L'attività non si sarebbe fermata nemmeno quando qualcuno ha sospettato l'esistenza delle telecamere nascoste. C'è un'intercettazione in cui il necroforo Piero Usai il primo settembre 2014 al Santissima Trinità diceva al collega Gesuino Cocco: «Come fai adesso? Se qualcuno deve darti ( i soldi, spiega il gip ) gli dici no. Dammeli fuori che qui non mi fido. Altrimenti si sparge la voce e...».
© Riproduzione riservata