«La piazza è nostra, togliete tutto». Detto fatto. Meglio obbedire ai “padroni” della zona, per evitare ritorsioni e molestie ai clienti. Così uno dei locali di piazza del Carmine, a Cagliari, ha dovuto rinunciare a posizionare i tavolini all’aperto: una doppia beffa, visto che l’accaduto risale al periodo Covid, quando il suolo pubblico era occupabile gratuitamente e i posti al chiuso erano contingentati. 

Solo uno, per quanto emblematico, dei tanti casi a testimonianza della frustrazione e del senso di impotenza che i commercianti della piazza, ormai terra della delinquenza, vivono ogni giorno. Tra loro c’è chi preferisce non parlare, «siamo esasperati», e chi lo fa rimanendo anonimo: «Tra i colleghi», dice il titolare di una delle attività, «qualcuno sostiene, forse a ragione, che più polemizziamo sulla situazione, meno gente arriva». Così si preferisce ingoiare e andare avanti, con l’emergenza che si alimenta di giorno in giorno, tra spaccio di droga alla luce del sole e continue risse: «Le due cose spesso son collegate: la maggior parte delle volte si tratta di litigi per motivi territoriali, per la paura che qualcuno possa sottrarre all’altro la piazza di spaccio». 

La sensazione che si respira è che qualcuno senta di essere ormai il capo del quartiere: «Col tempo son diventati più arroganti», racconta ancora uno dei commercianti, «lo vedo proprio dal modo di porsi nei nostri confronti. E non si tratta solo di extracomunitari». La situazione, dicono, è peggiorata negli ultimi due anni: «Da giugno 2021 è stato tolto il presidio fisso delle forze dell’ordine. Era un deterrente, perlomeno non ci sentivamo abbandonati: è una forma di considerazione, sia per gli esercenti, sia per i residenti. Da questo punto di vista, il prefetto e il questore, e non tanto il sindaco, hanno responsabilità su cittadini privati che non vengono onorate».

In assenza di un controllo fisso, sembra regnare l’anarchia: «In passato», spiegano da una delle attività, «avevamo un frigorifero vicino alla porta d’ingresso, con all’interno qualche prodotto alimentare. Capitava spesso che qualcuno di loro, senza nemmeno entrare, allungasse un braccio per rubare una salsiccia o qualcosa del genere». E alla fine il frigo è stato spostato. Basta camminare per poche decine di metri, cambiando locale, per avere il racconto di un altro episodio: «Un giorno c’è stato un litigio tra due dei ragazzi che occupano la piazza: hanno afferrato le sedie che avevo messo all’esterno e se le sono lanciate contro, distruggendole. Ovviamente non mi sono mai state ripagate da nessuno». Anche perché dialogare con queste persone non è semplice: «In piena estate siamo costretti a chiudere alle 19.30-20 e scappare, per evitare di averci a che fare: spesso son ubriachi e diventano molesti».

E proprio l’arrivo della stagione estiva, anziché rappresentare un’occasione per i commercianti, diventa un incubo: «Col bel tempo hanno una maggiore possibilità di bivaccare. Inoltre la giornata è più lunga e la trascorrono interamente qui». Le ricadute, anche dal punto di vista economico, sono pesanti, come riferisce un altro dei titolari di un’attività: «Ci sono clienti che mi dicono che in Piazza del Carmine non ci passano proprio. Ogni giorno c’è una rissa, ci sono urla, qualcuno fa i bisogni. Una volta, dopo una lite violenta, ho visto un ragazzo extracomunitario a terra. Credevo fosse morto».

Un problema di prevenzione ma non solo: «È vero che bisogna riqualificare le piazze, ma non basta. L’Italia è la terra dell’impunità: li prendono e li rilasciano subito, per via delle carceri piene. Non possiamo tollerarlo. I delinquenti abituali», sostiene, «devono avere un foglio di via: pago io il viaggio. Uno di loro, ormai lo conosco, è stato arrestato e poi rilasciato quindici volte. Ci sentiamo presi in giro. Io personalmente non ho paura, mi so difendere, ma può capitare che abbiano un coltello. E se poi dovessi reagire, finirei io in galera». Il tono di voce cambia, segnale tangibile dell’esasperazione per una situazione che, anno dopo anno, non conosce miglioramenti.

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