Il suo debito con la giustizia l'aveva pagato, scontando parte della sua condanna a Buoncammino, in celle affollate oltre la capienza consentita: tra topi, blatte e scarafaggi. Ora, per quei cinque anni, nove mesi e undici giorni passati in carcere (era stato condannato a 10 anni), il Tribunale ha riconosciuto a Stefano Marini un risarcimento di 15.348 euro per «trattamento inumano e degradante». Per il giudice si è trattato di una violazione della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, peccato che l'ex detenuto sia morto ormai da oltre un anno e mezzo: il suo corpo senza vita è stato trovato il 26 ottobre 2021 nel giardino di un'abitazione in via Riva di Ponente. Uscito dal carcere era diventato un senza fissa dimora, domiciliato alla Caritas. Aveva 57 anni.

Una storia triste

A trovare il cadavere era stato il proprietario dell'immobile che concedeva l'accesso a quella casa al senza tetto per ripararsi dal freddo. Il medico legale aveva infine archiviato la vicenda con una morte seguita ad un improvviso malore. Accasciatosi in giardino, era forse deceduto per le temperature basse di quelle notti d'autunno. Una volta scontata la sua pena, Stefano Marini – assistito dall'avvocato Pier Andrea Setzu – aveva fatto causa al Ministero della Giustizia per quel periodo di reclusione, trascorso in condizioni non umane dal 6 giugno 2009 al 17 marzo 2015.

Il processo

La decisione del Tribunale civile di Cagliari è arrivata nei giorni scorsi, a firma del giudice Riccardo Ariu. «All'esito dell'istruttoria», si legge nelle motivazioni, «si deve ritenere che su 2110 giorni di reclusione, Stefano Marini aveva trascorso la maggior parte del tempo in celle nelle quali, per la presenza di arredi fissi da scomputare dalla superficie complessiva, non gli era stato garantito lo spazio minimo di tre metri quadrati». Nel corso delle udienze l'ex detenuto aveva segnalato al giudice «la presenza di topi, blatte e scarafaggi nei locali della Casa Circondariale, ma anche l'insufficienza di acqua calda nelle docce comuni». Alla fine il giudice ha chiarito che all'ex detenuto solo per 139 giorni era stato assicurato lo spazio minimo pro capite, oltre ai 65 giorni di permesso ricevuto e tolti dal conteggio.

La sentenza

Il giudice ha chiarito che spetta all'amministrazione penitenziaria il compito di rispondere della «violazione di obblighi di protezione e di norme di comportamento, provare l'adempimento conforme ai principi della Convenzione». La relazione depositata agli atti dal dipartimento penitenziario risulta incompleta, mentre quella della direzione del carcere «risulta essere del tutto generica sul punto, limitandosi ad indicare la capienza astratta delle celle occupate dal detenuto durante la permanenza in carcere». Da qui la condanna del Ministero a rifondere a Stefano Marini la somma di 15.248 euro, oltre gli interessi legali maturati negli anni, così come spetterà allo Stato pagare le spese del processo, fissate in 1.900 euro.

Il risarcimento

La sentenza, però, è arrivata ad oltre un anno e mezzo dalla scomparsa del 57enne, morto nella povertà assoluta. Ora spetterà all'avvocato Pier Andrea Setzu il compito di cercare i familiari per comunicare l’esito. «Se questo risarcimento fosse arrivato prima», chiarisce il legale, «il mio assistito non sarebbe morto abbandonato e in una condizione di indigenza assoluta. Una piaga comune a molte persone che escono dal carcere dopo lunghi periodi di detenzione».

Francesco Pinna

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