Le impronte digitali sono impresse a suon di protocollo interno dell’ufficio di gabinetto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. Il simbolo di Stato nel frontespizio del decreto recita: Repubblica italiana. Lo sfogli e ti accorgi che la “secessione” al contrario è compiuta: viaggiare da e per la Sardegna significa andare oltre i confini, in una terra di nessuno, dove i cittadini residenti nelle altre regioni italiane e gli emigrati sardi sono considerati stranieri indesiderati. Per venire nell’Isola dei padri o dei figli gli emigrati sardi dovranno pagare la “tassa per la Sardegna”, ovvero un biglietto aereo che sarà un libero arbitrio, con tariffe occasionali e che potrebbero sfociare in un costo triplo o quadruplo rispetto a quello che pagherà un cittadino residente in Sardegna. Un colpo al cuore e uno al portafoglio. Cifre proibitive che renderanno l’Isola una meta impossibile per 365 giorni all’anno.

Secessione al contrario

Da oggi, secondo il decreto a firma di Enrico Giovannini, Ministro della “secessione” sarda, tutti i cittadini non residenti in Sardegna dovrebbero pagare un biglietto aereo senza limiti, nemmeno un massimale. Come dire, via libera alla speculazione insulare. Chi vorrà usufruire delle tariffe residenti, esclusa l’estate, dovrà dichiarare che viene nell’Isola per motivi strettamente di lavoro. Ogni dichiarazione falsa verrà perseguita. Una follia, visto che tanti figli di Sardegna, magari emigrati per lavoro, non potranno mai dichiarare il falso. Per ritornare dalle loro famiglie dovranno dissanguarsi oppure rinunciare ai propri cari. Non sarà diverso per coloro che scelgono di venire in Sardegna per un turismo cosiddetto di spalla, quello enogastronomico o culturale, naturalistico o sportivo, archeologico o scientifico. Turisti, non nemici della Sardegna. Cittadini italiani o europei che, venendo in Sardegna a tariffe “eque”, non triple o quadruple, avrebbero certamente contribuito a creare sviluppo e occupazione.

Scelta suicida

Una scelta suicida per l’economia, un danno incalcolabile per comparti strategici dell’Isola che dovranno fare i conti con tariffe proibitive che non solo aggraveranno la già pesante condizione insulare, ma creeranno una discriminazione “territoriale” senza precedenti. Non esiste in nessuna parte d’Italia, e d’Europa, un muro tariffario tale da rendere inaccessibile un territorio rispetto ad un altro. Un cittadino di Milano che va a Roma in auto pagherà lo stesso “pedaggio autostradale” di un cittadino di Roma che va a Milano. Non ci saranno differenze e discriminazioni. Il pedaggio aereo per venire in Sardegna, invece, per i non residenti sarà il triplo o il quadruplo. Una vera e propria “tassa per la Sardegna”. Anziché favorire l’abbattimento dei limiti, considerato il gap insulare, lo Stato, pur di ascoltare le pretese della “fu” Alitalia e della neonata Ita, ha deciso di mettere nero su bianco la più illegale delle discriminazioni.

Discriminazione vera

Un termine, quello della “discriminazione”, che non usiamo impropriamente, ma che si evince plasticamente dal decreto ministeriale emanato il 14 settembre scorso. Lo riproduciamo fotograficamente per gli increduli. E’ il ministro delle infrastrutture che “confessa” lo spirito con il quale punisce la Sardegna, rendendola inaccessibile. Il paragrafo della “confessione” è il 3.3, quello delle tariffe per i collegamenti onerati. Dopo aver elencato le rotte e aver attribuito le tariffe agevolate massime per tratta, riservate ai residenti, da Milano per gli aeroporti sardi 47 euro e 39 da Roma, il ministro propone il capitolo delle equiparazioni. Vengono equiparati ai residenti i disabili all’80%, i giovani dai 2 ai 21 anni, gli anziani sopra i 70 anni, gli studenti universitari fino al compimento del 27 esimo anno d’età.

L’asterisco

E’ nell’asterisco successivo che il ministero compie il misfatto. Alla tariffa residenti, applicata alle diverse categorie, aggiunge un’ammissione scandalo: la tariffa residenti è estesa «senza alcuna discriminazione legata alla nazionalità e/o alla residenza». Il significato è chiaro, esplicito: il ministero con questa postilla sta affermando che tutti gli altri, cittadini italiani ed europei non residenti in Sardegna, in transito da aeroporti italiani verso l’Isola, sono discriminati. Un’affermazione inaudita che qualche solerte funzionario, sobillato da qualche manina volante, ha messo nero su bianco e fatto firmare al Ministro. Un atto di Stato che viola senza mezzi termini uno dei principi fondanti della Costituzione: la coesione nazionale. Altro che unità d’Italia, chi vuole venire in Sardegna, secondo il decreto del Ministro, deve essere “discriminato", pagando il triplo o il quadruplo del biglietto aereo rispetto a un residente.

Clausola violata

Una disposizione in totale contrasto con la clausola di “non discriminazione”, richiamata da un voto unanime del parlamento quando, con la Commissione Trasporti della Camera dei deputati, il 21 aprile 2010, ha approvato all'unanimità la risoluzione conclusiva sulla continuità territoriale aerea da e per la Sardegna. In quell’occasione fu richiamata la decisione della Commissione Europea, la n. 2007/332/CE, del 23 aprile 2007, contro le discriminazioni nella mobilità, prevedendo che «a tutti i cittadini residenti nel territorio nazionale ed europeo che intendano effettuare voli da e per la Sardegna sia applicata la tariffa sottoposta ad onere di servizio pubblico, in modo da garantire il rispetto del principio di riequilibrio insulare della Regione». Ora, Giovannini, il Ministro, per sette mesi, salvo ulteriori proroghe, ha deciso di introdurre la discriminazione: chi non è residente in Sardegna dovrà pagare il biglietto aereo un botto di soldi.

Diritti, non regali

Sempre il solerte funzionario, redattore del decreto ministeriale, sottoscritto da un Ministro evidentemente poco attento alle istanze della Sardegna, ha più volte definito le tariffe come “agevolate”. Quasi fosse un regalo o una gentile concessione. In realtà l’imposizione degli oneri di servizio pubblico è tutt’altro che un’agevolazione. L’obiettivo dell’Unione Europea era ed è chiarissimo: per collegare un’Isola con il resto del Continente è vietato speculare. In pratica, dice l’Europa, le tariffe si stabiliscono con un metodo elementare: si calcola precisamente, senza trucchi, il costo effettivo di un’ora di volo e poi si aggiunge un utile di impresa tra il 4 e il 6%. Chi tra le compagnie sceglie di accettare l’onere del servizio pubblico non può fare quello che vuole, deve “accontentarsi” di un guadagno del 4/6% sul costo effettivo del volo. Dunque, nessuna agevolazione, nessuna tariffa scontata, semplicemente una tariffa non speculativa, un costo del biglietto corretto.

Soldi regalati

E l’offerta di Volotea, con oltre il 40% di ribasso, conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che lo Stato e la Regione hanno previsto un costo dell’ora volata privo di fondamento. Se quella previsione, messa nero su bianco nei documenti di gara, fosse stata realistica l’assessorato dei Trasporti avrebbe dovuto sottoporre lo “sconto” di Volotea ad una valutazione dell’offerta anomala. Non lo ha fatto perché tutti sanno che quei contributi previsti in questa gara emergenziale erano del tutto ingiustificati. Soldi che Alitalia prima, e Ita dopo, avrebbero voluto per incrementare il sacco sardo. I giochi sono andati diversamente, fatti saltare per aria dalla partecipazione di Volotea. Infine le riserve che, secondo alcuni, l’Europa avrebbe sollevato sulla tariffa unica. Si tratta di una scusa ormai spuntata. In realtà all’Europa è stato prospettato ben altro, con un dispendio di denari, totalmente indebito, funzionale solo ad ulteriori guadagni per le compagnie aeree di Stato. E mai, Regione o Stato, hanno instaurato una vera e propria trattativa con l’Europa. Per attuare la tariffa unica, infatti, basterebbe riconoscere alle compagnie aeree quello che prevede la norma europea: un utile d’impresa del 4/6% e nulla più. Tutto il resto è un regalo di Stato, o di Regione, alle compagnie.

Roba da Corte dei Conti

E, poi, il capitolo Corte dei Conti: con il bando della Regione per sette mesi era stata prevista una spesa di 36 milioni di euro, senza la tariffa unica. In pratica una previsione di spesa di 62 milioni di euro all’anno. Si tratta di una cifra simile a quella che si spendeva sino allo scorso anno, contemplando, però, la tariffa unica per nove mesi all’anno per residenti e non. Qualcosa nei conti non torna. Dettaglio finale: tra il 1958 e il 2014, ultimo realistico censimento, 600 mila sardi sono emigrati in Continente. Oltre 300 mila sono distribuiti tra Piemonte, Lombardia e Liguria, altri 200 mila tra Lazio, Toscana e Emilia-Romagna. Per la continuità territoriale non sono più “figli di Sardegna”, per la Regione e lo Stato sono diventati “non residenti”. Per tornare dalle loro famiglie in terra sarda, se vorranno, dovranno pagare il triplo o il quadruplo del biglietto. Beata ingratitudine.

Volotea & tariffa unica

Intanto, da oggi, Volotea inizia la “nuova” continuità territoriale, applicando la tariffa unica. Ennesimo schiaffo all’Alitalia e non solo. Senza che nessuno glielo abbia chiesto. Sarà un’intelligente trovata pubblicitaria? Staremo a vedere. Un dato è certo: la Sardegna e i sardi hanno bisogno di diritti riconosciuti e sanciti dallo Stato e dalla Regione. La continuità territoriale è un diritto, non un favore.

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