«Sorry, the beach of Cala Cipolla is closed for explosion danger». Li guardi in faccia e capisci subito che non ci credono. Non ci possono, e non ci vogliono, credere. Il volto è contratto, come se il sogno di entrare in paradiso fosse saltato per aria quando la mèta era ormai raggiunta. Il cartello è bilingue, ma chi accoglie questi poveri turisti giunti dagli Stati Uniti sulla soglia dell’oasi di Cala Cipolla, litorale paradisiaco di Chia, nel territorio di Domus de Maria, glielo spiega a monosillabe: spiaggia chiusa per pericolo esplosione.

Vocabolario inutile

Per il resto, anche se avessero un vocabolario multilingue a disposizione, non sarebbe facile per nessuno spiegare, e tantomeno capire, che con trenta gradi, sole a picco, mare piatto e un paesaggio mozzafiato, la spiaggia è vietata per una bomba a ridosso dei flutti verso terra. Sbarrata con tanto di transenne e nastri da protezione civile, come se in quel pezzo di Sardegna illibato, fosse scoppiato il finimondo. In questa terra da cardiopalma, bellezza esclusiva e incantata, tutto, però, è possibile, persino ritrovarsi un ordigno bellico, una potenziale bomba, a ridosso della battigia più pregiata di questo diamante naturale cesellato dal mare turchese e da una brezza di lentischio che la sfiora sin dall’alba. Chi gestisce il parcheggio ha la faccia in terra. Vaglielo a spiegare che dopo aver percorso cinquanta chilometri e varcato le spiagge di Su Giudeu e de Su Cordolinu non potranno nemmeno posare un piede nella polvere bianca di Cala Cipolla, a ridosso di Capo Spartivento.

Retromarcia d’estate

Deserto, insenatura esclusiva senza un’anima: vietato avvicinarsi. Le macchine impolverate non possono andare oltre quelle transenne che dal fine settimana appena trascorso fanno bella mostra nella via del paradiso. Retromarcia per la maggior parte di loro, giunti sin qui per riempirsi gli occhi e fotografare nella memoria lo skyline del proscenio incantato. Un set cinematografico, circondato da un ipotetico “filo spinato” bianco e rosso che vieta a chiunque di oltrepassare quel limite esplosivo scandito dalla Capitaneria di Porto con un’ordinanza di guerra. È l’ufficiale d’ispezione Mario Cespa a vergare la disposizione di Stato: «interdizione per ritrovamento presunto ordigno bellico». La formula “presunto” è prassi consolidata, come quello recentemente “trovato” all’ingresso del porto di Teulada. Agganciato in “sospensione” dai sommozzatori artificieri della Marina Militare e trascinato a largo per far saltare per aria, contemporaneamente, pesci e bomba. L’ennesimo e ultimo ritrovamento di una bomba fuori dall’area dei poligoni militari dell’Isola apre uno scenario inquietante con mille interrogativi su cosa realmente stia accadendo sui litorali sardi. Ordigni, bombe e missili, compaiono come funghi ovunque, sempre o quasi tutti in aree fuori dai poligoni militari.

Bombardamenti sconfinati

Come se di punto in bianco i bombardamenti di Stato e Nato avessero iniziato a sconfinare oltre i poligoni militari. Il caso di Cala Cipolla è l’ultimo di una lunga serie che in queste ultime settimane sta disseminando l’Isola di ordinanze e divieti, dal litorale cagliaritano a quello ogliastrino, sino a quello totalmente inedito di Punta S’Arena, nel litorale iglesiente. È sera inoltrata quando giovedì scorso, il 21 settembre, la Capitaneria di Porto di Cagliari ordina lo sgombero degli ultimi bagnanti della spiaggia esclusiva di Cala Cipolla. Costretti di punto in bianco a caricare ombrelloni e borse da mare, per fuggire senza troppi convenevoli dall’angoscia di aver soggiornato per una giornata intera in una battigia esplosiva.

Esplosioni con calma

Quel che più è sorprendente, per non dire disarmante, è il fatto che da ormai sei giorni quella spiaggia caraibica e quel tratto di mare sono perennemente vietati senza che nessuno sia intervenuto per eliminare il dubbio del “presunto” ordigno, disinnescarlo o farlo esplodere a largo. Le disposizioni della Capitaneria sono perentorie: «Si è ritenuto necessario interdire lo specchio acqueo interessato al fine di tutelare la sicurezza della navigazione e la vita umana in mare nelle more delle eventuali operazioni di brillamento e bonifica del sito».

Ordini & divieti

Gli ordini della Guardia Costiera sono senza sotterfugi: «Con decorrenza immediata e fino all’intervento di bonifica a cura di personale artificiere specializzato, nello specchio acqueo e nella zona costiera compresa nel raggio di cinquanta metri dal punto individuato, è vietato: ancorare e sostare con qualunque unità, sia da diporto che ad uso professionale; praticare la balneazione e comunque accedervi; effettuare attività di immersioni subacquee; svolgere attività di pesca; ogni attività connessa all’uso del mare non espressamente autorizzata». Come dire: state alla larga.

Danno d’immagine

Per il resto bisognerà aspettare a domani, otto giorni dal ritrovamento, per vedere all’opera gli artificieri della Marina Militare. Tempi biblici, considerato che ogni giorno centinaia di turisti ignari arrivano sul litorale di Chia e sono costretti al dietrofront. Spalle al muro il Comune di Domus de Maria costretto suo malgrado a vietare l’area e sobbarcarsi l’onere di un danno d’immagine gravissimo. «La Capitaneria - scrive il Sindaco Maria Concetta Spada - ha informato il Comune telefonicamente che la bonifica dell’area interessata sarà effettuata presumibilmente in data 26/09/2023 a cura di personale artificiere specializzato».

Abbiate pazienza

Come dire: abbiate pazienza. L’esito è scritto: ordinanza del primo cittadino per «l’interdizione al transito di tutte le categorie di veicoli, nonché vietare l’accesso pedonale nella strada comunale denominata “Baccu Mannu Semaforo” che dal Viale Spartivento conduce al faro di capo Spartivento e l’accesso nel litorale prospiciente lo specchio acqueo antistante la spiaggia denominata “Cala Cipolla”». Stato di guerra, nella terra del turismo per eccellenza. Si potrebbe dire, lo direbbero i guerrafondai di professione, che può “capitare” di rinvenire una “bomba”, di quelle vere, nelle spiagge frequentate da migliaia di persone, ma in Sardegna da qualche tempo “capita” sempre più spesso. Pubblichiamo solo alcune delle ultime ordinanze di questi giorni per comprendere che tutto questo non è più un caso.

Escalation esplosiva

La Capitaneria di Porto di Arbatax alla vigilia di Ferragosto ha messo sotto chiave la pregiata insenatura di Cala Moresca, nel comune di Tortolì. Anche in quel caso tutti fuori. Divieto assoluto di avvicinarsi per un raggio di 150 metri dalla bomba individuata sugli scogli. Dieci giorni fa nuova ordinanza della Guardia Costiera d’Ogliastra questa volta per vietare, per un raggio di 400 metri, il tratto di demanio marittimo e di specchio acqueo davanti a Capo San Lorenzo. A “comparire” questa volta è un ordigno di sessanta centimetri e dieci di diametro. Nelle maglie delle ordinanze non è sfuggita nemmeno la bomba rinvenuta a Punta S’Arena nel litorale tra Gonnesa e Iglesias. E’ “comparsa” su quel tratto di mare il 19 agosto e l’hanno fatta saltare per aria il 27. Domandarsi cosa ci facesse una bomba in quel litorale, secondo, i vertici militari sarebbe irriverente. La domanda, però, in un regime dove la libertà di informazione non è ancora stata eliminata, è non solo lecito, ma doveroso.

L’Isola delle bombe

Così per le operazioni di “brillamento” di “presunti” residuati bellici, bombe e missili, in programma per giovedì mattina, il 28 settembre, nel Golfo di Cagliari. Anche in quel caso ordinanza già emessa: stare alla larga per un raggio di mille metri dal punto prestabilito. Nell’Isola del turismo, del sole e del mare, nel silenzio di tutti, la cronaca delle Capitanerie racconta una Sardegna inedita ed “esplosiva”. Con una domanda senza risposta: come ci sono finite quelle bombe sulle spiagge-paradiso?

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