La domanda è semplice, e nel contempo inquietante: per quale motivo una multinazionale, spagnola, tutta soldi e vento, decide di vendere per ben dieci milioni di euro ad una sconosciuta società a responsabilità limitata un progetto eolico, quello di Gomoretta, nel cuore della Barbagia, già bocciato da tutti? Il quesito bussa alla porta di Sos Enattos, miniera di Lula, nel giorno dopo la grande parata di Stato, quella che dovrebbe sancire, tardivamente, l’avallo ufficiale al progetto dell’Einstein Telescope, l’orecchio spaziale posato sulle viscere della Barbagia. Quando segretamente la Siemens Gamesa vende, e la Spv Parco eolico Maestrale compra, il 27 luglio del 2022, nessuno scommetterebbe un euro bucato su quell’operazione ventosa sui monti di Bitti.

Tutti contrari

Tutti, dicasi tutti, dal Ministero dell’Ambiente a quello della Cultura, dal Tar al Consiglio di Stato, dalla Regione ai comuni di Bitti e Lula, si erano già espressi senza mezzi termini: contrari. Eppure nello studio notarile al numero 22 di via Pietro Tacchini a Roma c’è qualcuno che firma: uno per vendere e uno per comprare, nonostante su quel progetto, dal 2018, soffi un vento contrario che sarebbe degno di una ritirata in grande stile. Loro, invece, sono credenti. Come se niente fosse si danno appuntamento per vergare un contratto che solo a rileggerlo lascia esterrefatti: vendono carte e bocciature, in cambio di ben 10 milioni e 200 mila euro. Quel che più lascia perplessi è che vende una potente multinazionale del vento, la Siemens Gamesa, e compra un’ignota società con velleità eoliche, la SPV Parco Eolico Maestrale srl., costituita appena cinque mesi prima.

Miracolo di Gomoretta

L’operazione, ovviamente, doveva restare segreta. Racchiusa nel vortice di documenti notarili che scorrono come un fiume in piena, carsico, sotterraneo, ma non totalmente mimetizzato. È quel contratto, con tanto di clausola sospensiva, come se si sapesse che a Palazzo Chigi qualcuno aveva promesso il “miracolo” di Gomoretta. Solo un “miracolo”, infatti, poteva portare all’approvazione di un progetto martoriato da sentenze e pareri che apparivano incontrovertibili, sia per la buona regola del buon senso, sia per quella del diritto, a partire da quello amministrativo. Invece, alla vigilia dello scambio della campanella tra Mario Draghi e Giorgia Meloni, il miracolo-misfatto si compie, come se i signori di via Pietro Tacchini avessero una sfera di cristallo capace di intercettare i piani finali di Palazzo Chigi, ancora, per poche ore, nelle mani del banchiere fattosi premier. Un’operazione tanto ardita quanto inspiegabile, considerato che tutti sapevano che quel progetto cozzava “scientificamente”, ancor prima che paesaggisticamente, con l’Einstein Telescope, il più grande orecchio spaziale in grado, grazie al silenzio cosmico delle profondità di Sos Enattos, di intercettare i sommovimenti dell’Universo attraverso le onde gravitazionali. Lo sapevano tutti, perché gli scienziati lo avevano messo nero su bianco: quelle pale eoliche interferiscono pesantemente sull’esclusivo silenzio delle viscere della terra nel triangolo tra Lula, Bitti e Onanì.

Scienziati schierati

Lo hanno scritto “apertis verbis”, tanto che gli Istituti di Fisica che sponsorizzano il telescopio hanno pure presentato formali opposizioni ai ministeri competenti. Draghi, invece, da una parte si lasciava andare a formali sostegni all’iniziativa scientifica e dall’altra, invece, infliggeva una condanna senza appello approvando “manu militari” quel progetto che qualche mese prima era stato venduto, sottotraccia, a caro prezzo. L’operazione eolica che rischia di mettere seriamente in pericolo il grande progetto scientifico di Sos Enattos ora è nelle mani dei Giudici del Tar Sardegna, ma la via giudiziaria sembra lunga e insidiosa, quantomeno per i tempi che si annunciano infiniti, visto che la prima udienza nel Tribunale di Piazza del Carmine a Cagliari è fissata per l’undici ottobre del 2023. Ci sarà, poi, dopo la sentenza, il sicuro ricorso al Consiglio di Stato di chiunque sia il soccombente.

Spada giudiziaria

Una spada giudiziaria che pesa come una mannaia sulla corsa dell’Einstein Telescope chiamato a battere la dura e ormai avanzata concorrenza di Germania, Belgio e Olanda nella contesa per il grande laboratorio cosmico. La strada maestra, se non ci fossero evidenti ambiguità tra i palazzi di Roma, sarebbe quella della revoca del decreto Draghi. Le ragioni che giustificherebbero la dipartita eolica non sarebbero poche, se non vi fosse il timore, anche del Governo in carica, di urtare la suscettibilità del premier passato. Del resto, però, il bivio è nei fatti: o si ferma per sempre il progetto eolico di Gomoretta oppure si rischia di fermare per sempre quello dell’Einstein Telescope. Non ci sono alternative. Le voci che vedrebbero il governo impegnato a verificare la fattibilità contestuale dei due progetti, uno sopra l’altro, sono senza approdo. Una simile ipotesi scomunicherebbe in un colpo solo tutto quello che hanno detto e scritto gli scienziati di mezza Europa sulla gravissima interferenza dei parchi eolici sulle onde gravitazionali. Di certo sarebbe inspiegabile, per i ben pensanti, l’insistenza su un parco eolico piazzato proprio sulla testa di Sos Enattos mettendo a rischio il cuore dell’Einstein Telescope.

Vendita misteriosa

C’è un motivo, però, che più di tutti dovrebbe indurre lo Stato ad una repentina retromarcia rispetto a quel progetto eolico sulle vette di Gomoretta. “Stato”, inteso, come istituzioni pubbliche che non possono in alcun modo favorire con propri atti speculazioni e affari privati. Quell’operazione sancita tra luglio e dicembre dello scorso anno, la compravendita di un progetto bocciato da tutti, fa calare su quel progetto eolico un macigno grande come il Mont’Albo. C’è di più, infatti, su quella transazione da dieci milioni di euro, saldata qualche giorno dopo l’approvazione del progetto da parte di Mario Draghi con un decreto ad hoc. Ci sono nomi e società, affari multinazionali che lasciano comprendere che sulla testa dell’Isola e della Barbagia si sta consumando ogni giorno di più un risico finanziario-eolico degno delle peggiori “soap opera” affaristico-speculative.

Documenti e vortici

In questo caso, quello del progetto Gomoretta, emergono documenti, tutti in nostro possesso, da cui si evince che c’è un primo trait d’union a saldare la vecchia proprietà di Siemens Gamesa e la nuova. Il nome è noto nell’ambito dei cinque anni di sistematiche bocciature del progetto. Si tratta di Gianluca Mercurio. È lui che il 5 dicembre del 2018 vergava come “Dott.Ing.” il progetto eolico da presentare ai comuni di Bitti e Orune con tanto di proposte di regalie (nobilmente definite compensazioni) in cambio del via libera delle amministrazioni a quelle ciclopiche pale eoliche sull’altopiano di Gomoretta. È sempre lui, Gianluca Mercurio, sempre a dicembre di cinque anni fa, in qualità di responsabile tecnico della commessa per conto di Simens Gamesa Renewables Energy Italia, a proporre ai sindaci l’elemosina di 130 mila euro all’anno, per quelle 13 pale, e 75 mila euro per il periodo in cui non sarebbe stato più previsto l’incentivo.

L’operazione segreta

Quando mister Mercurio, classe 1977 di Catanzaro, va dal notaio per costituire la SPV Parco Eolico Maestrale, la società che comprerà per dieci milioni di euro il progetto eolico di Gomoretta, prima bocciato e poi decretato da Mario Draghi, è il 17 febbraio del 2022. In quel momento era scartata anche l’ipotesi del miracolo. Dal notaio ci va in compagnia, con 30 mila euro, non suoi. Con lui ci sono Mccutecheon Finlay e Hernandez del Teso Angel. Il primo è direttore di Onshore Renewables per l’Europa, del gruppo SSE Renewables, una multinazionale inglese che si occupa ovviamente di eolico. Il secondo è il direttore dello sviluppo per l'Europa meridionale della stessa multinazionale anglosassone.

Colpaccio anglo-spagnolo

In pratica con un colpo solo gli inglesi si sono portati a casa due uomini chiave di Siemens Gamesa, Mercurio e Hernandez del Teso Angel, ma hanno acquisito, non si sa con la garanzia di chi, anche il progetto di Gomoretta. C’è, però, un ultimo dettaglio: la nuova società che ha acquistato le ipotetiche pale eoliche di Bitti ha un capitale interamente versato di trentamila euro. Appartengono, secondo i riscontri azionari, ad un’altra società spagnola, la Sistemas Energeticos Carril S.L., nel Parque Tecnologico de Bizkaia. Ironia della sorte, però, anche questa società sarebbe di proprietà della Siemens Gamesa. In pratica gli spagnoli hanno prima progettato l’invasione eolica di Gomoretta, poi l’hanno venduta ai loro ex uomini, diventati nel frattempo referenti di una società inglese, SSE Renewables, il cui capitale, però, sarebbe rimasto nelle stesse mani iberiche. Un vortice societario per ritornare al punto di partenza. I malpensanti arrivano a ipotizzare che quei dieci milioni, sanciti dalla compravendita anglo-spagnola, possano essere la richiesta danni se qualcuno oserà fermarli.

Limburg sorride

Tra spagnoli, inglesi e cercatori di incentivi, la Sardegna è, dunque, circondata. Intanto, però, nel triangolo di Limburg, tra la Germania, l’Olanda e il Belgio, le operazioni procedono a gonfie vele: l’obiettivo è chiaro, soffiare l’Einstein Telescope alla Sardegna. E se nel cuore dell’Europa il cantiere concorrente avanza a ritmo serrato, nell’Isola dei Nuraghi a frenare il traguardo scientifico ci pensano gli affari, quelli dei signori del vento.

(2.continua)

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