di LUCIO SALIS

BAUNEI Il suo nome è Mbaye Casse, per gli amici Baba. È arrivato in Italia cinque anni fa, inseguendo il sogno di una vita migliore, dopo un viaggio d'inferno da Diurbel (Senegal, 150 chilometri da Dakar), a Novara, dove ha fatto l'ambulante per nove mesi. Ma non era questo che cercava quando ha deciso di sfidare il deserto e il mare. Così ha deciso di venire in Sardegna.

A Baunei il sogno di questo falegname di 43 anni stava per avverarsi. Ha trovato un lavoro, che gli permetteva di inviare qualche soldo alla famiglia (moglie e tre figli) e perfino di risparmiare, per realizzare una piccola falegnameria a Diurbel. Andava tutto a gonfie vele, quando il destino ha deciso di voltargli le spalle. Un banale incidente domestico lo ha costretto a peregrinare da un ospedale all'altro, prima di essere ricoverato nella Casa di cura Tommasini, di Jerzu, con una diagnosi di coma vegetativo.

Ma anche ora che giace in un letto, il protagonista di questa straordinaria storia di integrazione non è rimasto solo. Il grande cuore dell'Ogliastra non lo ha abbandonato. Di lui si preoccupano il datore di lavoro, gli amici che aveva conquistato coi suoi modi gentili, religiosi, associazioni di volontariato e politici. Del suo destino si interessa anche il Servizio sanitario pubblico, che gli assicura la stessa assistenza cui hanno diritto i cittadini italiani. Siamo lontani anni luce da quel clima di apartheid non dichiarato, in voga in altre regioni italiane, dove agli immigrati non è permesso neppure di sedersi sulle panchine.

In Ogliastra è diverso. Quando Baba è arrivato a Baunei, possedeva solo il suo mestiere di falegname. Per tre mesi si è adattato a vendere cianfrusaglie, poi si è fatto conoscere, è diventato amico di tutti. Anche di Valter Pusole, titolare di una falegnameria che lo ha messo alla prova con piccoli lavoretti. Ma Baba sapeva fare molto di più, lo ha dimostrato quando Valter si è dovuto assentare a causa di un infortunio alla mano destra.

Nel segno della collaborazione e della gratitudine reciproca, fra l'artigiano sardo e il senegalese è nata così una solida amicizia. Baba, ospite gradito alla tavola della famiglia Pusole, si rendeve utile in mille modi, Valter si è dato molto da fare per il nuovo amico di colore. Fra l'altro, lo ha assicurato e lo ha seguito nel calvario per ottenere il permesso di soggiorno. Battaglia vinta dopo due anni e mezzo di peregrinazioni per uffici pubblici. Perché Baba non ci stava a vivere da clandestino. Ma a dargli una mano non è stato solo il datore di lavoro. Quando non aveva un tetto, è intervenuto il parroco, don Piergiorgio Pisu che gli ha affittato una casa.

La sua vita a Baunei trascorreva serena. Aveva imparato a parlare l'italiano, era apprezzato da tutti. Risparmiava ferocemente sugli oltre mille euro che guadagnava. Unico lusso, le telefonate a casa per parlare con la moglie Fatu e i tre figli, di 13, 9 e 7 anni.

Poi, la sera del 19 febbraio scorso, la svolta. Baba torna a casa e accende un braciere. Forse è molto stanco, forse dimentica di lasciare aperto lo spiraglio di una finestra. Fatto sta che si addormenta e non si risveglia più. A scoprire il dramma, l'indomani mattina, sono gli amici, preoccupati per un ritardo assolutamente anomalo in una persona seria e corretta come lui. Immediata la corsa all'ospedale di Lanusei, dove viene diagnosticata l'azione devastante dell'assassino silenzioso: avvelenamento da monossido di carbonio. Quindi il trasferimento al Marino di Cagliari, per un trattamento nella camera iperbarica. A seguire, il ricovero nella Rianimazione di Lanusei, dove resta per circa tre mesi. Sempre in stato di coma.

Da maggio, Baba occupa un letto nel reparto di lungodegenza riabilitativa della clinica Tommasini, di Jerzu. Ma non è solo. Anche se in Sardegna non ha parenti (soltanto un cugino a Nuoro) di lui si preoccupano gli amici di sempre. Fra gli altri, Valter Pusole, la moglie Carmen e don Pisu. E stato il sacerdote a suscitare, ancora una volta, un'ondata di solidarietà per lo sfortunato artigiano senegalese. Ha promosso una raccolta di fondi che ha consentito a Fatu di stare per qualche mese vicino al marito. Aspettando un risveglio che non c'è stato.

Ora, anche quella parentesi è finita. Per Baba i giorni scorrono tutti uguali nel letto della clinica, dove è sottoposto a terapia riabilitativa. È stato visitato anche da un'équipe di specialisti della Uvt (Unità di valutazione territoriale della Asl) che ha stilato una diagnosi di coma vegetativo causato da gravi lesioni a livello cerebrale. Uno stato di disabilità totale, accertato anche con esami strumentali. L'unica prospettiva, oggi, è il ricovero in una residenza sanitaria assistita, a Tortolì. Prima però, precisano presso l'Unità operativa di riabilitazione della Asl di Lanusei, sarà sottoposto a un'altra visita da parte dell'Uvt.

Giusta precauzione, da parte della Asl, che in mancanza di parenti in grado di prendere decisioni, sta gestendo il delicatissimo caso. La commissione potrà così sottoporre a verifica anche quanto hanno notato alcune persone che periodicamente fanno visita a Baba, gli parlano, a volte gli danno da mangiare. L'emigrato senegalese già da tempo ha aperto gli occhi, respira autonomamente, mangia, beve e deglutisce. Pare che quando gli si avvicina il cucchiaino o la cannuccia, atteggi diversamente la bocca. Qualcuno che gli ha rivolto la parola lo ha udito emettere una sorta di gemito. Mentre se si spostano le foto dei figli che ha sempre davanti agli occhi, tende a seguirle con lo sguardo. Da qui la speranza che possa essere trasferito in un centro di neuro riabilitazione (ce ne sono anche in Sardegna) dove potrebbe forse compiere - sperano gli amici - qualche altro piccolo progresso. Grazie a terapie adeguate, che non possono essere praticate in una residenza assistita.

Illussioni dettate dall'affetto? Speranza in un miracolo? Può essere, le condizioni cliniche di Baba sono abbastanza chiare, ma il grande cuore dell'Ogliastra merita una risposta.
© Riproduzione riservata