Una favola in chiave parodistica della riuscita iniziale, del graduale tradimento e del definitivo fallimento della rivoluzione sovietica. "La fattoria degli animali", dello scrittore inglese George Orwell (il cui vero nome è Eric Arthur Blair), dipinge un quadro a tinte amare di una situazione che nei primi decenni del secolo scorso creò, evidentemente, aspettative. Poi deluse. Il romanzo rappresenta un'acuta satira orwelliana verso un certo totalitarismo che ha avuto in Stalin la sua esemplificazione più clamorosa. Nella parodia orwelliana gli animali di una fattoria languono in una situazione di sfruttamento, di maltrattamenti e umiliazione sotto la sferza di un padrone brutale e avido. E finalmente gli animali, esasperati, si ribellano e combattono cacciando gli uomini che gestiscono l'azienda agricola. Ma dopo un periodo di relativa pace sociale, anche fra gli animali emerge una nuova classe di burocrati, formata dai maiali che con la loro astuzia, cupidigia e egoismo si impongono in modo prepotente e tirannico sugli altri animali più docili.

"Questo libro fu pensato la prima volta, man mano che l'idea prendeva corpo, nel 1937 ma non fu scritto che alla fine del 1943" spiega Orwell nella introduzione. "Era ovvio che ci sarebbero state grandi difficoltà a farlo pubblicare e infatti venne respinto da quattro editori. La reazione della maggior parte degli intellettuali inglesi di fronte a questo libro fu: non doveva essere pubblicato. Naturalmente quei recensori che capiscono l'arte del denigrare non lo attaccheranno dal punto di vista politico, ma da quello letterario. Diranno che si tratta di un libro noioso e stupido. La maggior parte degli intellettuali inglesi solleverà obiezioni perché diffama il loro leader e nuoce alla causa del progresso".

Il romanzo racconta la vita degli animali all'interno della fattoria e si apre con un sogno fatto da un maiale, il Vecchio Maggiore, che desiderava svelare agli altri animali. E perciò una sera era corsa voce di una riunione di tutti, appunto: i cani, i maiali, le galline, le pecore, le mucche, i cavalli, la capra, l'asino. Il Vecchio Maggiore prende così la parola e porta tutti a una riflessione e alla necessità di ribellarsi a una vita fatta solo di sfruttamento. "L'uomo è il solo nemico che abbiamo, è la sola creatura che consuma senza produrre e tuttavia è il signore di tutti gli animali". Il Vecchio Maggiore lancia la sua proposta: Rivoluzione. E rivoluzione avvenne: tutti gli animali cominciano la rivolta contro l'uomo, il proprietario della fattoria. L'obiettivo è quello di creare un nuovo ordine fondato su un concetto utopistico di uguaglianza. Ma ben presto accade che gli elementi che caratterizzano l'organizzazione sociale dell'umanità si trasferiscono esattamente nel sistema ideato dagli animali. E così si crea una lotta per il potere, proprio come avviene nella vita degli uomini. Lotta che finisce col dividere gli animali, tanto che uno dei capi è costretto a fuggire. Gli slogan del regime poco a poco mutano, finché un bel giorno i maiali, cioè i vecchi capipopolo che hanno dato inizio alla rivolta, si mostrano agli altri animali, sconcertati, ritti su due zampe: è il chiaro segnale che tutte le differenze fra loro e gli uomini sono cadute. I maiali hanno ormai assunto comportamenti umani: non solo camminano eretti ma bevono whisky, commerciano con gli uomini. Indossano perfino vestiti e dormono in comodi letti. A quel punto gli ideali della rivoluzione appaiono sconfessati.

Il romanzo si chiude su una scena emblematica: maiali e uomini stringono un'alleanza e poi chiudono la serata ubriacandosi, giocando a carte e litigando per i punti. Gli altri animali della fattoria osservano la scena, senza essere visti, e non riescono più a distinguere gli uni dagli altri. Una nota di curiosità: "La fattoria degli animali" e un'altra grande opera che ha reso famoso Orwell, "1984", furono alcuni dei libri usati per l'insegnamento dell'inglese nella preparazione dei giornalisti africani nei centri di Nairobi e Lagos, organizzati dall'International Press Institute.
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