A Parigi il tempo e lo spazio si misurano sull'acqua, quella della Senna. Le strade sono azzurre, con tanto di Bateaux Mouches, le zattere da crociera che salgono e scendono sulle rive del grande fiume. L'acqua nella città della Torre Eiffel è come l'aria, scorre ovunque, una sorta di icona culturale. Qui, nella capitale dell'oro blu, la contesa è stata al fulmicotone. Una guerra santa tutta giocata ai massimi livelli, tra Presidenti della Repubblica e Sindaci in pectore. La contesa è scritta nei sacri testi della "grandeur" francese, nel primato della città europea dell'acqua. Jacques Chirac, prima sindaco per 18 anni di Parigi e poi Presidente della Repubblica, aveva giusto fatto in tempo a scalare il Palazzo dell'Eliseo prima che scoppiasse il grande tormento dei parigini contro l'acqua privata imposta tra proteste e scandali proprio dall'allora futuro numero uno francese.

Il ribaltone dell'acqua
Gliel'aveva giurata Bertrand Delanoe, il socialista che nel 2001 scala il governo della capitale di Francia. È nel 2010, però, che decide la sfida più delicata e imponente: restituire ai parigini l'acqua che Chirac aveva privatizzato. Nella nuova sfida elettorale il primo punto del programma è netto: stop all'acqua privata. Delanoe vince ancora e in pochi mesi caccia via i privati. L'acqua, nella capitale della Senna, ritorna pubblica. Le due società, Veolia e Suez, a cui il Presidente francese Chirac aveva affidato il governo privato della risorsa idrica dichiarano guerra, ma non avranno la meglio. Il comune di Parigi si riappropria a tutti gli effetti della governance dell'acqua.

Schiaffo alle privatizzazioni

Uno schiaffo all'Europa delle liberalizzazioni sfrenate, delle privatizzazioni selvagge, al dogma imperante secondo il quale "privato è bello". È in quegli anni che affiorano, però, anche gli scandali consumati all'epoca della gestione "privata" dell'acqua. Le cronache raccontano di 90 mila contatori "intelligenti" con tanto di telerilevamento delle perdite. Un costo esorbitante fatto pagare a caro prezzo ai parigini che in realtà ben sapevano che la rete idrica di Parigi era la più avanzata al mondo e che non aveva bisogno di quegli apparecchi.

Gallerie dell'acqua

Eugène Belgrand, illuminato ingegnere parigino, infatti, a metà Ottocento aveva pianificato una rete d'acqua potabile installata all'interno di gallerie sotterranee realizzate per contenere tutti i sottoservizi. Cunicoli percorribili a piedi, le famose "dunettes" di Belgrand. Una rete scavata nelle viscere della Città della Luce che permetteva di individuare e riparare le perdite a basso costo consentendo a Parigi un tasso di rendimento dell'acqua potabile senza equivalenti in Francia e nel mondo. Al numero 30 di Rue Madeleine Vionnet, nel quadrante nord est di Parigi, oggi c'è il quartier generale di Veolia, la potentissima multinazionale francese dell'acqua "cacciata" da Parigi. Ad un tiro di schioppo c'è l'Hôtel de Ville de Paris, il Municipio della capitale. Tutte e due le sedi si affacciano sulla Senna, ma le vie dell'acqua per loro si sono interrotte per sempre.

Vetrina in frantumi

Uno schiaffo senza precedenti per la prima industria idrica francese, "cacciata" da casa propria, infrangendo senza remore la "vetrina" privata dell'acqua di Parigi. Sfrattati dalla Senna e dalla Torre Eiffel, i signori dell'oro blu non si sono persi d'animo. Lo sbarco in Italia è stato in grande stile. Le cronache idriche raccontano di Veolia Acqua, filiale italiana del gruppo, dislocata su tutto lo stivale con società specializzate, dalla Compagnia Generale delle Acque Spa, operativa in Veneto ed Emilia-Romagna alla Sagidep Spa operativa soprattutto sul nord-ovest, dalla Società dell'Acqua Potabile Srl, operativa in Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta alla partnership con Acqualatina Spa, affidataria dell'ambito di Latina, dalla concessionaria nel Comune di Lucca ed in Mediterranea delle Acque, gestore del Comune di Genova. Il Gruppo Veolia Water, però, non si fa mancare Sorical, operativa in Calabria per la gestione di acqua all'ingrosso, così come Siciliacque, operativa nella più grande delle isole per la gestione dell'acqua all'ingrosso. Lo sguardo delle grandi multinazionali, a partire dalla francese "cacciata" da Parigi, è ora tutto rivolto al "malloppo" della Sardegna. Un affare da almeno 8 miliardi di euro, tanto potrebbe costare la privatizzazione del servizio idrico integrato dell'Isola. I bookmakers isolani e non solo sono certi che Veolia, dopo aver perso l'acqua della Senna, punti a gestire quella del Flumendosa e del Tirso, approfittando del fatto che la potenziale concorrente straniera, la spagnola Acciona, già radicata in maniera imponente dentro la gestione di Abbanoa, potrebbe preferire il versante "rinnovabili", puntando sull'eolico a mare e a terra, ritenendolo più remunerativo in termini di incentivi.

Sfida sarda tra colossi

Se la gara internazionale non dovesse essere fermata non saranno molte le contendenti. Le società che potranno concorrere, infatti, dovranno dichiarare un fatturato annuo tra i 400 e i 500 milioni di euro nel settore della gestione idrica. Tra le italiane c'è certamente Acea, la società che governa la risorsa idrica di Roma, con ben 9 milioni di abitanti tra Lazio, Toscana, Umbria, Campania e Molise. In competizione c'è anche Ireti S.p.A, del gruppo Iron, titolare del servizio idrico in 238 comuni tra Emilia Romagna, Liguria, Piemonte per complessivi 2,7 milioni di abitanti.

Lo spettro più vicino

Quella che appariva un'ipotesi surreale e demenziale, la privatizzazione dell'acqua in Sardegna, ora è, invece, molto più che una possibilità. A rendere la strada dei privati sempre più in discesa ci sono almeno tre elementi che costituiscono molto più di una prova. Prima di tutto c'è la bocciatura europea della proroga della concessione di Abbanoa, con l'aut aut che impone un appalto da completarsi entro e non oltre il 31 dicembre del 2025. Con le procedure previste per un appalto di questa portata i tempi non solo sono ristrettissimi, ma si rischia di essere già in ritardo con lo spettro di pesanti sanzioni comunitarie.

Bandi in cantiere

Ad avallare e rendere la privatizzazione un pericolo sempre più concreto è la delibera dell'Arera, l'Autorità di regolazione del sistema idrico che, entro il 30 settembre del 2023, dovrà approvare gli schemi dei bandi per l'affidamento della gestione del servizio idrico. Tutto in base a quanto deciso prima dal governo Draghi, ad agosto del 2022, e poi ratificato da quello Meloni a dicembre scorso con l'art.7 del decreto legislativo 201/2022.

Il silenzio della Regione

Il terzo elemento che non depone a favore del mantenimento dell'acqua sotto gestione pubblica è il maldestro tentativo di "secretare" questa partita. Nessuno in Sardegna, nè prima nè dopo la comunicazione ufficiale dell'Europa, nè la Regione o tantomeno gli organi di governo della risorsa idrica, ha mosso un solo dito per bloccare questa escalation che porta dritti verso la privatizzazione dell'acqua sarda. Eppure, anche per rispetto dell'esito del referendum del 2011 che, con il 98% dei sardi, aveva chiesto la gestione pubblica dell'acqua, occorreva e occorre attivarsi, senza perdere altro tempo, per intraprendere qualsiasi azione utile a bloccare una qualsivoglia sciagurata privatizzazione del bene primario dell'acqua in Sardegna.

Ultima chance

L'ultima chance è circoscritta all'art.14 dello stesso decreto 201/2022: è possibile l'«affidamento a società in house, nei limiti fissati dal diritto dell'Unione europea, secondo le modalità previste dall'articolo 17». Una strada pubblica, dunque, esiste. Basta volerla perseguire. Del resto è l'unica via percorribile per evitare che sul Tirso sventoli una bandiera straniera, compresa quella francese, lo stesso vessillo privato che i parigini hanno "cacciato" dalla Senna. 

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