Non solo ripercussioni sui rapporti diplomatici tra Oriente e Occidente ma anche conseguenze negative sugli affari, con la chiusura di uno dei mercati esteri più promettenti per le nostre aziende.

Si fanno sempre più concreti i timori degli imprenditori italiani, dopo l'annuncio da parte del presidente Donald Trump sull'uscita degli Usa dall'accordo sul nucleare iraniano, siglato dal suo predecessore Barack Obama.

Un'intesa firmata nel 2015 da Teheran e dai cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, in base al quale sono state eliminate le sanzioni Onu contro il Paese mediorientale.

Questa misura, oltre che a distendere le relazioni diplomatiche tra alcune delle potenze più rilevanti sullo scacchiere geopolitico internazionale, è stata un volano per gli operatori economici europei intenzionati a conquistare il mercato iraniano e in particolare per quelli italiani.

Ora che gli Stati Uniti sono pronti ad abbandonare l'intesa, però, il rischio è che salti l'accordo nel suo complesso; un'evenienza che danneggerebbe in modo consistente l'economia dei Paesi dell'Ue, come sottolineato anche dal presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, e in particolare dell'Italia.

Partner commerciale di lungo corso di Teheran, il nostro Paese è infatti il primo nel Vecchio Continente per interscambio commerciale con la Repubblica islamica, che nel 2017 è stato superiore ai 5 miliardi di euro.

Una cifra che ha duplicato il dato 2016 (2,5 miliardi), secondo quanto riportano le statistiche della Camera di Commercio italo-iraniana, con una crescita consistente del volume delle esportazioni, pari a quasi 200 milioni di euro

Prodotti e servizi delle imprese italiane sono sempre più ricercati da Teheran: tecnologie per la meccanica, materiali per l'edilizia (in Iran, a differenza che in Italia, il mercato delle costruzioni sta vivendo un vero e proprio boom) ma anche il food & wine sono protagonisti del nostro export.

Secondo Coldiretti, le esportazioni di alimenti Made in Italy nella Repubblica islamica nel primo bimestre del 2018 sono cresciute del 27%, dopo aver fatto registrare nel 2017 il massimo storico, con un valore di oltre 30 milioni di euro.

Non si possono poi non citare le partnership commerciali siglate negli ultimi anni tra aziende dei due Paesi, che vedono coinvolti in particolare un settore strategico come quello dell'energia e colossi come Eni, Saipem e Ansaldo: joint-venture che rischiano di interrompersi nel caso in cui si rompa l'accordo sul nucleare.

Un'ipotesi su cui è intervenuto anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha parlato di "una situazione difficile e delicata" soprattutto "per un Paese ad alta vocazione di export" e che al momento non sembra vedere l'Italia muoversi sul piano diplomatico, vista l'attuale situazione di stallo politico.

(Unioneonline/F)

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