Bollette alle stelle e costi proibitivi che non risparmiano attività commerciali e anziani. All’ombra della statua di Carlo Felice, a Cagliari, si incrociano le storie di Franco Pili, 76 anni, che come soluzione ipotizza quella di non accendere più la luce e staccare il frigorifero. L’amico Dario Schirru se la prende invece con Putin.

E poi ci sono i titolari dei bar, come Claudio Ara di “Luchia”: «Sono passato da 1.900 euro mensili a 5.700, in pratica la bolletta è triplicata. Mi pare evidente che la situazione sia drammatica». «Lascio il caffè a un euro, come forma di resilienza - aggiunge, ma dal prossimo mese sarò costretto ad aumentare lievemente tutto il resto. Mi dispiace, ma è l'unico modo per non essere costretto ad abbassare la serranda».

Difficile anche il periodo per i ristoratori: «L'elettricità e triplicata, il gas è raddoppiato, la situazione è pesantissima», conferma Alberto Melis, sessantacinque dipendenti divisi nei tre locali fra centro città e Poetto, e altri trenta in arrivo insieme alla stagione estiva. «I costi sono inavvicinabili, dalle materie prime all'elettricità, e ovviamente sarebbe impensabile rinunciare a frigorifero, abbattitori, friggitrici o all'aria condizionata, si dovrebbe cambiare lavoro. Stiamo stringendo i denti, in attesa di un intervento deciso da parte dello Stato. Certo, è impossibile tenere i prezzi invariati, ma cercheremo di gravare il meno possibile sui nostri clienti».

«La situazione è veramente drammatica, tanti anziani sono costretti a scegliere tra mangiare e curarsi», racconta Sisinnio Zonnedda, vicepresidente regionale dell'Ada, Associazione per i diritti degli anziani. «Ogni giorno raccogliamo un grido d'aiuto di chi davanti ai prezzi attuali fa fatica anche a mangiare, e non può permettersi certo le tariffe folli delle visite mediche da privati né di aspettare i tempi di attesa della sanità pubblica», spiega. «Gli anziani andrebbero salvaguardati in tutti i modi, anche perché spesso sono loro a garantire la sussistenza di figli e nipoti, Anzi, erano, perché ora in tanti sono ormai obbligati ad andare alla Caritas. Non si parla di piccoli sacrifici, ma di rinunciare a cure fondamentali e a beni di prima necessità, perché si è arrivati al punto di scegliere tra pagare la luce e la bombola o comprare le medicine».

Sara Marci

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