"Riqualificazione dei centri storici bloccata". La protesta degli architetti italiani si leva contro il Governo da dieci Ordini professionali di altrettante città, tra cui spicca anche Sassari. Nel mirino dei professionisti ci sono alcuni articoli del Decreto Semplificazioni che hanno imposto "una stretta sulla rigenerazione urbana nei centri storici", fissando "vincoli a prescindere dal valore storico-artistico dell'edificio".

Il malcontento ha così riunito in un solo coro i presidenti degli Ordini di Bologna, Catania, Como, Palermo, Reggio Calabria, Salerno, Torino, Roma, Viterbo e appunto Sassari.

"Conoscere per deliberare, questo è l'insegnamento che Luigi Einaudi ha consegnato all'attività parlamentare, evidentemente disatteso dal Decreto Semplificazione", spiegano in una nota congiunta i presidenti. "L'articolo 10 denota infatti la totale mancanza di conoscenza della materia che si vuole riformare e sono rimasti inascoltati gli appelli accorati venuti fuori da tutto il mondo dell'urbanistica".

Il riferimento è all'emendamento che prevede limiti alla rigenerazione urbana nelle zone omogenee A. In queste zone, gli interventi di demolizione e ricostruzione saranno consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale. I limiti alla demolizione e ricostruzione, in sostanza, non saranno circoscritti solo agli edifici di pregio e quindi non sarà semplificata la sostituzione edilizia per tutti quegli edifici che, pur trovandosi in un centro storico, non hanno alcun valore, ma sono talvolta abbandonati all'incuria.

"Avremo dei centri storici congelati nel loro stato attuale - proseguono gli architetti - edifici di pregio ed ecomostri posti sullo stesso piano. Ecomostri improvvisamente, inaspettatamente ed incredibilmente elevati ad un rango di dignità irreale. Le città italiane verranno ibernate e consegnate al passato. Città che non potranno evolvere ed essere al passo con le esigenze dei tempi, con i servizi in continua evoluzione per i cittadini, mai finora si era arrivati a tanto".

Sotto i riflettori però sono finiti però anche altre norme. "Se da un lato una visione miope dona dignità ad edifici che non l'hanno, dall'altra si permette la demolizione o lo spostamento di beni culturali importanti per la costruzione di stadi", si legge nel passaggio riferito all'emendamento che consente di bypassare le sovrintendenze per la costruzione di stadi. "Una legge quindi che è il risultato di un'accozzaglia di interessi specifici e privati e che non mira affatto alla tutela dell'interesse pubblico".

Da qui l'appello finale: "Così come è disegnata la legge, ci ritroveremo a tutelare esclusivamente interessi di parte e non di progresso generale. Pretendiamo che il Parlamento lavori secondo i principi della nostra Carta Costituzionale: mirare al progresso dell'intera società e alla preservazione dei soli edifici che abbia un senso conservare come testimonianza culturale per le generazioni future".
© Riproduzione riservata