Mentre la compagnia di navigazione Hapag-Lloyd lascia Cagliari e spinge la Cict, società che gestisce il il Porto Canale, a ipotizzare un futuro fosco (sono a rischio 700 posti di lavoro), la ditta di trasporti genovese Grendi segue la strada inversa e annuncia: vogliamo costruire un secondo magazzino in quell'area e assumere cento persone. Una svolta.

Che però ha davanti un ostacolo impossibile da superare. Non si può edificare un solo metro cubo attorno alle banchine, perché il Tar prima (1992) e il Consiglio di Stato poi (2001) hanno affermato che lo scalo è abusivo in quanto realizzato senza autorizzazione paesaggistica. Sarebbe da abbattere, non c'è margine per uno sviluppo imprenditoriale.

La conferenza di servizi

Però, dopo un anno di silenzio, tutti i giocatori di una partita complessa hanno deciso di incontrarsi per discutere della vicenda. L'8 maggio si terrà una conferenza di servizi promossa dall'Autorità portuale che vedrà allo stesso tavolo gli enti con voce in capitolo sull'approdo industriale: amministrazioni comunali, Sovrintendenza ai beni paesaggistici, Cacip, Regione, avvocatura dello Stato, Capitaneria.

Il nodo da sciogliere sarà come superare le sentenze e consentire a edifici, gru, banchine, capannoni e strade di restare in piedi e dare lavoro. Altrimenti le decine di ettari che accolgono navi e contanier diventerebbero un deserto.

Le possibilità

Una sanatoria è da escludere, quindi servirebbe ottenere, a distanza di due decenni dalla conclusione dei lavori al Porto (1996), un via libera paesaggistico legittimo su tutta l'area che consenta di edificare le infrastrutture necessarie ad attirare compagnie di navigazione e non solo: per il carico e lo scarico delle merci, spazi attrezzati per la loro lavorazione, una banchina per i pescherecci, due "colmate" destinate alle navi "Roro" (cioè per mezzi gommati e container) e alla nautica da diporto.

E così via. Due le strade: se si trovasse un'intesa, "nulla questio", sintetizza la Sovrintendente ai beni paesaggistici Maura Picciau. Cioè: tutto sarebbe risolto. Se così non fosse, in base alla nuova normativa sulle conferenze di servizi la vicenda finirebbe alla Presidenza del Consiglio dei ministri, deputata in casi simili a mettere l'ultima parola.

Tempi lunghi

È l'ipotesi più quotata perché proprio la Sovrintendenza - il cui parere, pur non vincolante, ha un peso - avrebbe ribadito "l'illegittimità" del Porto. L'Ufficio tutela del paesaggio della Regione potrebbe andare avanti e concedere il via libera, ma il Cacip ritiene sia "improbabile". Se si aggiunge che l'8 maggio potrebbero essere chiesti altri documenti e più tempo per valutare la situazione, è plausibile che tutto slitti di mesi. Magari all'autunno.

Vincoli e milioni di euro

Eppure secondo Anna Maria Congiu, direttrice del Cacip, "i vincoli insistono solo sulla fascia dei 300 metri dalla banchina e dal mare di Giorgino. La parte restante non ne ha". Nel mentre però sono ferme decine di milioni di euro di investimenti.

"Ne abbiamo 36 per spostare le Roro da via Roma al Porto canale e 62 per progetto e lavori nell'avamporto di ponente", sottolinea Massimo Deiana, presidente dell'Autorità portuale che sei mesi fa ha presentato alla Regione una "accuratissima autorizzazione paesaggistica. Vorremmo eliminare il vincolo. Speriamo nel senso di responsabilità comune, siamo davanti a un sistema complesso di gestione di vari interessi dello Stato impermeabili tra loro. Ma il Porto non può chiudere né essere limitato nello sviluppo. Se lo mettano in testa tutti".

La mozione in Regione

Diciotto consiglieri di centro sinistra in Consiglio regionale a loro volta hanno presentato una mozione (primo firmatario Piero Comandini) per chiedere al governatore Christian Solinas "di mettere in campo tutte le strategie possibili per rilanciare e potenziare" il Porto Canale, "compresa l'attuazione" di "Zona Franca e Zona economica speciale" per "scongiurare la perdita di un ingente numero di posti di lavoro".

Andrea Manunza

© Riproduzione riservata