L’introduzione dei nuovi dazi statunitensi su un’ampia gamma di prodotti europei rischia di colpire duramente l’economia sarda. Secondo il report del Centro Studi di Confindustria Sardegna, il solo impatto diretto sulle esportazioni dell’Isola potrebbe aggirarsi intorno ai 25 milioni di euro l’anno. Pur rappresentando circa l’1,6% del fatturato regionale le vendite verso gli Stati Uniti rivestono un ruolo strategico per diversi comparti produttivi. E le conseguenze indirette potrebbero amplificare ulteriormente i danni.

Il comparto lattiero-caseario si conferma il più esposto: con esportazioni negli USA ormai stabilmente superiori ai 100 milioni di euro l’anno, rappresenta uno dei motori dell’export regionale. Il dazio, oggi confermato, del 15% su questi prodotti rischia di compromettere la competitività delle imprese del settore.

Vulnerabili anche altri comparti del sistema agroalimentare, come vini, oli vegetali e prodotti da forno, che nel 2024 hanno esportato negli USA tra i 2 e i 9 milioni di euro e per i quali il Paese rappresenta fino al 30% dell'export totale.

Una «minaccia concreta per diversi comparti produttivi della Sardegna – afferma Andrea Porcu, direttore del Centro Studi di Confindustria Sardegna – È fondamentale adottare misure tempestive per tutelare le imprese e rafforzare la capacità del nostro sistema economico di trovare nuovi mercati di sbocco e affrontare contesti internazionali sempre più incerti. E l’incertezza sui dazi USA rischia di determinare un effetto moltiplicatore maggiore dello stesso strumento».

In quest’ottica, un altro report di Centro Studi Confindustria Sardegna analizza i mercati internazionali che possono aiutare l’economia sarda a ridurre la dipendenza commerciale dagli Stati Uniti.

GLI ALTRI MERCATI – Se infatti gli Stati Uniti rappresentano oggi il primo, irrinunciabile mercato per l’agroalimentare sardo, con quasi 140 milioni di euro di esportazioni nel 2024, nonché lo sbocco extra-europeo più stabile per il comparto manifatturiero, i segnali più promettenti arrivano da Canada e Australia, ma anche da Arabia Saudita, Norvegia e India. In Arabia Saudita le esportazioni manifatturiere sarde sono passate da circa 15 a oltre 88 milioni di euro tra il 2022 e il 2024, trainate in particolare dai prodotti in metallo. L’Australia ha visto un’espansione analoga, con l’export cresciuto da 8 a oltre 73 milioni, anche in questo caso riconducibile al comparto metalmeccanico. In Norvegia, l’export manifatturiero è passato da 2 milioni nel 2022 a 46 milioni nel 2024, grazie in particolare ai tubi e condotti in acciaio che tra il 2024 e il primo trimestre 2025 hanno generato un valore di circa 150 milioni di euro. Il Canada conferma una traiettoria in crescita costante, con un raddoppio dell’export nel recente triennio e un primo trimestre 2025 che supera gli 11 milioni, distribuiti su comparti diversificati che spaziano dalla meccanica strumentale alla chimica. Anche l’India si distingue per stabilità e ampliamento settoriale, con un picco di oltre 7 milioni nel primo trimestre 2025 grazie all’export di macchinari, cisterne in metallo e componentistica industriale.

Nel comparto agroalimentare, lo studio di Confindustria Sardegna evidenzia le performance eccezionali di Canada, Australia e Nuova Zelanda, dove l’export sardo nel 2024 è triplicato, grazie in particolare alla spinta del settore lattiero-caseario, ma anche dei prodotti da forno, specialmente nei Paesi dell’Europa Centrale e in Canada.

«Questo lavoro – spiega Andrea Porcu, direttore del Centro Studi di Confindustria Sardegna – nasce dalla volontà di fornire agli operatori economici e alle istituzioni uno strumento operativo per orientare le strategie di internazionalizzazione e rafforzare la competitività dell’economia regionale in un contesto globale in rapida evoluzione».

(Unioneonline)

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