Vigneti moderni e uve autoctone per creare vini di successo sui mercati internazionali. La filosofia dell'Unione europea, sposata anche da governi nazionale e regionale, è chiara: la ristrutturazione dei filari o la loro riconversione a produzioni più apprezzate dai consumatori deve essere una priorità del comparto vitivinicolo sardo, tanto da meritare quest'anno oltre 4,5 milioni di euro in arrivo tramite l'Ocm, l'Organizzazione comune del mercato, che ha incaricato il ministero delle Politiche agricole di smistare e gestire i fondi.

Le adesioni al bando 2018 saranno accettabili entro il 30 giugno e già si annuncia un successo.

IL BANDO - "Sono risorse preziose che spesso non bastano a soddisfare la grande richiesta degli imprenditori - ammette Efisio Perra, presidente della Coldiretti Sardegna - che dimostrano però l'interesse del settore verso una nuova strategia commerciale incentrata su modernità, alta tecnologia e rivalutazione di vitigni sempre più gradite".

OBIETTIVI - Gli addetti ai lavori lo sanno bene, gli anni Ottanta sono lontani: "Allora la superficie vitata era oltre il triplo dell'attuale - ricorda Pietro Tandeddu, direttore di Copagri Sardegna - e prima ancora dall'Isola partivano le navi cisterna dirette verso la Francia colme di vino sfuso. Ora i metodi sono cambiati e, anche grazie al sostegno di Bruxelles, i produttori nostrani hanno finalmente riscoperto vitigni autoctoni per tanto tempo dimenticati, come il Bovale e il Nieddera, ma anche il Cagnulari".

Una strategia che piace soprattutto in Sardegna, tra le regioni che ogni anno approfitta di quasi tutti i fondi in aiuto del settore vitivinicolo.

STRATEGIE DI MERCATO - C'è poi da considerare il versante macro-economico. L'Isola infatti produce più di quanto consuma ed è perciò obbligata a guardare oltre il mare per trovare estimatori e acquirenti.
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