Utsira, 3.260 chilometri a nord dell’Isola di Carloforte, 1.600 km dalla Groenlandia, è un isolotto quasi disabitato in mezzo al mare gelido della costa occidentale della Norvegia. Gelo d’inverno e d’estate, vento glaciale e furente, in mezzo al mare, 365 giorni all’anno. Le classifiche norvegesi lo segnalano come il più piccolo dei comuni di quello Stato, 206 abitanti, tutto freddo e vento. Non è un caso che il Ministero norvegese del Petrolio e dell’Energia nelle scorse settimane abbia identificato in quel mare due aree per l’assegnazione di concessioni marine destinate allo sviluppo di rinnovabili offshore, ovvero pale eoliche galleggianti in mezzo al mare. In pratica il governo ha scelto degli specchi acquei particolarmente ventosi, in un’area a basso indice di utilizzo, e si accinge a bandire la gara per la realizzazione e gestione dei parchi eolici a mare.

Carloforte non è Norvegia

L’Eni, per esempio, ha già stretto una santa alleanza con una delle più importanti compagnie di energie rinnovabili della Norvegia. L’ente che fu di Stato ha pure divulgato la notizia in un comunicato tanto stringato quanto emblematico: «Il Mare del Nord ha risorse eoliche tra le più rilevanti al mondo. Un parco eolico a Utsira Nord potrebbe rappresentare il prossimo progetto su larga scala a dare impulso all'industrializzazione dell'eolico offshore galleggiante e creare nuove opportunità per l'industria norvegese. Siamo entusiasti di avviare una partnership con Equinor nell'eolico offshore galleggiante contribuendo così alla crescita della Norvegia come nazione leader in campo energetico». La domanda sorge spontanea: cosa c’entra il mare di Utsira con quello di Carloforte? Niente, apparentemente. Eppure lo sbarco norvegese nelle acque calde e azzurre del mare di Sardegna, prima di tutto davanti all’Isola di San Pietro, è imponente, sotterraneo e senza precedenti. Ne sa qualcosa Michael John Hannibal, un vicino di casa dei Lapponi che, di punto in bianco, diventa socio e amministratore di una rete silenziosa di società tutte in prima fila davanti alla chiamata del Ministero italiano della Transizione Ecologica per occupare il mare di Sardegna e non solo.

Hannibal & Borsalino

Se l’operazione messa in piedi da Roberto Cingolani, ministro del fu ambiente, era funzionale a mettere il cappello sulle immense risorse statali destinate all’eolico a mare, Hannibal ha fatto una convenzione con Borsalino. Cappelli ovunque, in terra e in mare, con partecipazioni ovunque, dalle società direttamente connesse con i progetti per occupare il mare sardo, sino a traguardare i progetti siciliani e pugliesi. Una rete capillare di società tutte pronte all’assalto, prima agli incentivi e poi al mare. Tutte puntate d’azzardo sul tavolo dell’eolico offshore. Una partita tanto articolata, quanto sufficiente a far arrossire il miglior biscazziere di casinò. Hannibal, però, non è un signor nessuno.

“Caddozzoni” & offshore

Lui nelle società erroneamente scambiate per gestori di “caddozzoni” lungo mare, con tanto di wurstel e cipolla, e capitale sociale da 2.500 euro, non entra per caso. La sua presenza è coperta, come si conviene ad uno sbarco “clandestino” nel mare di Sardegna. Non gli è sembrato vero quando il Governo italiano ha lanciato la manifestazione da Far West per invitare chiunque ad occupare un pezzo di mare, il più delle volte con progetti inesistenti e fantasiosi. Lui, norvegese doc, sa bene che la procedura, quella adottata dalla stessa Norvegia, per assegnare gli specchi acquei a mare è diametralmente opposta a quella perseguita da Cingolani & company. In Norvegia è lo Stato che individua le aree idonee e, poi, fa un bando pubblico dove i concorrenti si fronteggiano con tanto di offerte per la concessione. Una sottospecie di procedura perseguita in Italia ha, invece, avviato una “manifestazione d’interesse”, una sorta di libera occupazione del tratto di mare, senza regole di partecipazione e di selezione. Mister Hannibal non credeva ai suoi occhi quando è scattata l’italica operazione. Lui che nel contempo siede nel gotha delle società norvegesi e in quelle italiane da 3.000 euro di capitale, non si è messo nessuno scrupolo ad entrare in affari con il campione dei progetti di offshore, Gino Giuseppe Carnevale. Il passo è breve: dalla potentissima numero uno norvegese “A2sea” alla minuscola Ichnusa Wind Power, la società che ha presentato un parco eolico acquatico da 500 megawatt davanti alle coste del Sulcis, di fronte a Carloforte. Gli intrecci societari di Hannibal sono impressionanti e la maggior parte di questi confluiscono tutti nella lista del Ministero della transizione ecologica. Il grafico delle interdipendenze societarie è da cardiopalma.

Scatole cinesi

Il “norvegese” viene segnalato come Presidente del Consiglio di Amministrazione della società che si candida a piazzare 42 pale alte 300 metri davanti a Porto Flavia, nella costa tra Nebida e Carloforte, ma nel contempo svolge la stessa funzione in altre società connesse con l’operazione ministeriale di occupazione del mare sardo e non solo. Hannibal risulta, infatti, Presidente del Consiglio di Amministrazione di “7 Seas Med” con sede a Nuoro, via Veneto 14, da cui si genera un’altra serie di società, tra cui quella “nuragica”, “Nurax Wind Power” presente nell’elenco del ministero insieme alla “7 Seas Wind”. Di certo l’operazione che passa attraverso Giuseppe Gino Carnevale e Luigi Severini, i signori dell’eolico a mare nelle coste sarde e non solo, è tutta marchiata Norvegia. Non è un caso che l’uomo inviato dalla terra del freddo nei mari di Sardegna sieda nel prestigioso board di A2SEA, sede a Fredericia, in Danimarca, una delle società di installazione e servizi di parchi eolici offshore più grandi al mondo. L’obiettivo danese è chiaro: colonizzare il Mediterraneo, Sardegna e Sicilia prima di tutto. Il Ministero della Transizione ecologica, a differenza di quello norvegese, non ha regole. Per l’ammucchiata di pale eoliche ha scelto la strada di chi prima arriva meglio attracca.

Cavallo di Norvegia

Quelle che apparivano società da quattro soldi nascondono, invece, l’invasore eolico straniero, l’unico organizzato per occupare il mare di Sardegna. I norvegesi, soci dell’operazione sarda, infatti, sono pronti a tutto o quasi. A2SEA dispone di una flotta di quattro navi tutte appositamente convertite per l'installazione di turbine eoliche offshore. All'inizio del 2016, però, qualcosa non ha funzionato: la chiatta Sea Worker è stata messa a terra al largo di Nymindegab, in Danimarca, dopo che il suo cavo di rimorchio si è rotto durante il maltempo. Una settimana dopo la nave si è capovolta. Ora a largo delle coste di Carloforte c’è la Kobi Ruegg, una nave da ricognizione multiruolo di 58 metri, che sta battendo a tappeto proprio lo specchio acqueo scelto dai norvegesi per occupare il mare sardo. Le grandi manovre sono iniziate. Lo scontro con Eni, Edison, Ansaldo, Erg e Sorgenia, tutte candidate per occupare le coste dell’Isola, è ancora tutto da scrivere. Con la Sardegna seduta in riva a guardare l’invasione.

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