Vincenzo d'Elia, siciliano di Palermo, in piazza Deffenu a Cagliari non c’è mai passato. Quei quattro gradini d’ingresso della Capitaneria di Porto di Cagliari li ha saltati a colpi di pec e mail. L’istanza è circostanziata: “Ottenimento della concessione demaniale delle aree demaniali marittime e degli specchi acquei interessati dalla realizzazione dell'impianto”. L’allegato informatico è pesante, come l’impatto di quel nuovo assalto eolico al mare del Sulcis scandito da cartografie e progetti, relazioni e promesse di occupazione per tutti. La firma agli atti è accompagnata da tanto di carica: presidente della Seawind Italia srl. Per sbarcare in Sardegna, su una delle coste più esclusive dell’Isola, i nuovi signori del vento non solo non bussano, ma ignorano del tutto la porta delle istituzioni.

Malagrazia eolica

La malagrazia dell’istanza eolica è racchiusa tutta in un gesto eloquente: un corriere postale invierà i progetti cartacei all’ufficio demanio della Capitaneria. Per il resto i convenevoli sono ridotti a niente, figuriamoci il confronto con Comuni e cittadini. La strada per il lasciapassare l’ha indicata senza mezze misure il Ministero che fu dell’Ambiente, ora trasformato in Transizione ecologica e occupazione eolica del mare sardo. Un iter che i soci della sconosciuta società eolica seguono con il rigore di chi si sente le spalle coperte. Sanno che non hanno tempo da perdere con le contrarietà già espresse senza mezze misure da Sindaci e collettività locali sul progetto dei concorrenti del vento, quelli della Ichnusa Wind, che un anno e mezzo fa presentarono il primo assalto al mare del Sulcis con 42 pale ciclopiche da piazzare a nord di Carloforte e a sud di Porto Flavia, nella costa iglesiente di Masua.

Il raddoppio

Non si sono fatti scrupoli i nuovi messia del vento sardo, l’assalto, infatti, raddoppia. Con il nuovo piano di invasione presentato nei giorni scorsi alla Capitaneria di Porto di Cagliari, le due Isole minori del Sulcis, San Pietro e Sant’Antioco, risultano circondate da pale eoliche ciclopiche da piazzare in mare aperto, proprio a ridosso dell’Isola del Toro. Non qualche pala, ma una vera e propria foresta divisa in due maxi aree a mare. La prima direttamente a ridosso dell’Isola del Toro da cui il progetto prende il nome. Un impatto devastante con le prime 24 pale, altezza 245 metri per una potenza di 12,2 megawatt ciascuna, piazzate a forma di sbarramento proprio davanti al canale tra Calasetta e Carloforte e le seconde 24 un po’ più ad ovest a rafforzare la grande muraglia di eolico a mare. Un insediamento pianificato con l’irruenza di una vera e propria occupazione militare del mare sardo, come se i nuovi profeti del vento ignorassero le peculiarità della costa sarda.

La rotta dei tonni

Nessun cenno alle rotte dei tonni, ignorate le grandi valenze ambientali di quelle coste. Un tratto di mare immenso che i signori del vento vorrebbero occupare senza colpo ferire, ignorando i pareri di Comuni e popolazioni, operatori del mare e della pesca. Il nuovo progetto scandito dai passaggi indicati dal Ministero delle Infrastrutture, su indicazione di quello della Transizione ecologica, non ha mezze misure: le dimensioni dell’area di mare occupata, lo si vede dalla cartografia che riproduciamo, è pari alla superficie delle due Isole. Un’occupazione del mare che non ha precedenti e che finisce per equiparare la costa sarda a quella del nord Europa, con una differenza sostanziale, quei tratti di mare, freddi e senza attrazione turistica, non hanno alcuna fruibilità, né per la nautica da diporto tantomeno per lo sviluppo di attività economiche legate al turismo.

Sei concessioni

Quello che sta registrando la Capitaneria di Porto di Cagliari in questi giorni è un vero e proprio assalto alle coste del Sud della Sardegna, con ben sei progetti di parchi eolici offshore già presentati con tanto di richiesta di concessione di quegli specchi acquei. Lo scacchiere è, come per gli altri, mosso da Roma, con l’obiettivo di trasformare l’Isola in una vera e propria colonia energetica dove scaraventare questi impianti eolici da utilizzare per alimentare le reti elettriche del “Continente”. È fin troppo evidente che dell’energia eolica prodotta da quelle pale eoliche, semmai riusciranno a piazzarle in mezzo al mare, niente resterà in Sardegna.

Isola del Toro

Anche questa ennesima calata di pale eoliche galleggianti da piazzare davanti all’Isola del Toro, ad un tiro di schioppo dalle spiagge più rinomate di Sant’Antioco, si inquadra nella perversa logica del cavo-guinzaglio sottomarino, il Tyrrhenian Link, che Terna vuole realizzare per collegare la Sardegna con la Sicilia e la Campania. Un collegamento elettrico da 3,7 miliardi di euro che servirà solo per scippare all’Isola l’energia rinnovabile prodotta dal vento e dal sole, lasciando l’Isola alla mercé di quel cavo per un eventuale soccorso elettrico in caso di black out. La Sardegna, infatti, non avrà più alcuna autonomia energetica, con le centrali chiuse e senza metano, e dovrà sperare nel minimo indispensabile, per evitare il buio, fornito da quel cavo elettrico.

Pale per chiudere

La chiusura, prevista nel 2025, delle due centrali di Portovesme e Porto Torres, rappresenterà, infatti, la totale dipendenza elettrica della Sardegna, ignorando quella regola elementare della sicurezza energetica da garantire “in loco” per una regione insulare. Questo ennesimo progetto va a sommarsi ad un altro piano eolico presentato proprio in quell’area, poco più a nord rispetto a quest’ultimo, a ridosso della costa iglesiente, tra Carloforte e Masua, davanti a Porto Flavia, nella splendida costa del Pan di Zucchero. Il piano della Ichnusa Wind Power, presentato al Ministero dell’Ambiente a giugno del 2020, prevedeva 42 pale per 504 megawatt di potenza elettrica. L’assalto della Seawind, invece, è articolato in due blocchi da 292,8 megawatt ciascuno per complessivi 585,6 megawatt, in pratica la stessa potenza elettrica generata dalla centrale a carbone di Portovesme. Sommando i due parchi eolici offshore, quella della Ichnusa e della Seawind, si arriverebbe a ben 1.089 megawatt, ovvero i due terzi dell’energia prodotta dalle centrali elettriche sarde. Peccato che l’energia prodotta dalle pale eoliche non sia né accumulabile, tantomeno programmabile.

Nessuna garanzia

Si tratta di energia che non può di certo garantire l’efficienza elettrica necessaria per un serio ed autonomo sistema produttivo e industriale e tanto più potrà alimentare servizi essenziali come quelli indispensabili per una regione insulare come la Sardegna. Il piano di “desertificazione” elettrica messo in campo dal Governo va, dunque, avanti senza ostacoli. Con la pubblicazione imminente sulla Gazzetta Ufficiale, sia europea che statale, e nel Bollettino Ufficiale della Regione, di queste nuove richieste di concessione si aprirà ufficialmente la fase finale per la presentazione di osservazioni e opposizioni all’invasione eolica. Sino ad oggi in Capitaneria non si è fatta vedere nessuna delle istituzioni interessate, nonostante i termini per alcuni dei progetti già presentati siano prossimi a scadere.

2.500 euro di capitale

Resta un elemento che stride non poco con l’imponenza del progetto presentato: la società Seawind Italia ha un capitale versato, secondo i documenti in nostro possesso, di appena 2.500 euro. Un pò poco per ambire a realizzare simili impianti eolici miliardari. Con una società a responsabilità limitata e con un gruzzoletto sociale di quella entità dovrebbe essere vietato anche ipotecare un pezzettino di spiaggia, figuriamoci un tratto di mare grande quanto le Isole di Carloforte e Sant’Antioco messe assieme. In qualsiasi Paese serio bisognerebbe presentare garanzie e non bruscolini. Nel dietro le quinte di questa intrapresa eolica nel mare di Sardegna, però, si intravvede la Seawind Ocean Technology Holding, una società posizionata fiscalmente nientemeno che ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Un altro elemento, però, scardina la credibilità delle procedure che lo Stato sta perseguendo: alla Camera di Commercio di Cagliari la società che ha presentato questo piano risulta “inattiva”. Il Governo, però, con l’ultimo decreto energia, con la scusa della guerra, ha deciso di incrementare ulteriormente gli incentivi per le pale eoliche a mare. Una valanga di denaro pubblico, anche per società inattive. Tanto pagano i cittadini.

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